Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Codice penale

Codice penale

 

 

 

 

 
Normativa Penale

Codice Penale

 

Libro primo
DEI REATI IN GENERALE
Titolo I: DELLA LEGGE PENALE

Art. 1 Reati e pene: disposizione espressa di legge
Nessuno puo' essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, ne' con pene che non siano da essa stabilite.

Art. 2 Successione di leggi penali
Nessuno puo' essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.
Nessuno puo' essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce reato; e, se vi e' stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali.
Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono piu' favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano altresi' nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge e nei casi di un decreto legge convertito in legge con emendamenti (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 22 febbraio 1985, n. 51, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma dello stesso art. 2 del cod. pen.

Art. 3 Obbligatorieta' della legge penale
La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale.
La legge penale italiana obbliga altresi' tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all'estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale.

Art. 4 Cittadino italiano. Territorio dello Stato
Agli effetti della legge penale, sono considerati "cittadini italiani" i cittadini delle colonie, i sudditi coloniali, gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranita' dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.
Agli effetti della legge penale, e' "territorio dello Stato" il territorio "della Repubblica", quello delle colonie ed ogni altro luogo soggetto alla sovranita' dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.

Art. 5 Ignoranza della legge penale
Nessuno puo' invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale.
La Corte costituzionale, sentenza 24 marzo 1988, n. 364, ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo nella parte in cui non esclude dall'inescusabilita' dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile.

Art. 6 Reati commessi nel territorio dello Stato
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato e' punito secondo la legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, e' ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si e' verificato l'evento che e' la conseguenza dell'azione od omissione.

Art. 7 Reati commessi all'estero
E' punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:
1) delitti contro la personalita' dello Stato;
2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto;
3) delitti di falsita' in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;
4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;
5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilita' della legge penale italiana.

Art. 8 Delitto politico commesso all'estero
Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell'articolo precedente, e' punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.
Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.
Agli effetti della legge penale, e' delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E' altresi' considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.

Art. 9 Delitto comune del cittadino all'estero
Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e' punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato.
Se si tratta di delitto per il quale e' stabilita una pena restrittiva della liberta' personale di minore durata, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che la estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 10 Delitto comune dello straniero all'estero
Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, e' punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa.
Se il delitto e' commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole e' punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:
1) si trovi nel territorio dello Stato;
2) si tratti di delitto per il quale e' stabilita la pena di morte (1) o dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore a un minimo di tre anni;
3) l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 11 Rinnovamento del giudizio
Nel caso indicato nell'art. 6, il cittadino o lo straniero e' giudicato nello Stato anche se sia stato giudicato all'estero.
Nei casi indicati negli articoli 7, 8, 9 e 10, il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all'estero, e' giudicato nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.

Art. 12 Riconoscimento delle sentenze penali straniere
Alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto puo' essere dato riconoscimento:
1) per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualita' o la professionalita' nel reato o la tendenza a delinquere;
2) quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria;
3) quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali;
4) quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili.
Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'Autorita' giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera puo' essere ugualmente ammessa a riconoscimento nello Stato qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4.

Art. 13 Estradizione
L'estradizione e' regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali.
L'estradizione non e' ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione, non e' preveduto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera.
L'estradizione puo' essere conceduta od offerta, anche per reati non preveduti nelle convenzioni internazionali, purche' queste non ne facciano espresso divieto.
Non e' ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali.

Art. 14 Computo e decorrenza dei termini
Quando la legge penale fa dipendere un effetto giuridico dal decorso del tempo, per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Ogni qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non e' computato nel termine.

Art. 15 Materia regolata da piu' leggi penali o da piu' disposizioni della medesima legge penale
Quando piu' leggi penali o piu' disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.

Art. 16 Leggi penali speciali
Le disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate da altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti.

Titolo II: DELLE PENE
Capo I: DELLE SPECIE DI PENE, IN GENERALE

Art. 17 Pene principali: specie
Le pene principali stabilite per i delitti sono:
1) la morte (1) ;
2) l'ergastolo;
3) la reclusione;
4) la multa.
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1) l'arresto;
2) l'ammenda.
La Corte costituzionale, sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo nella parte in cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.
(1)La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 18 Denominazione e classificazione delle pene principali
Sotto la denominazione di "pene detentive" o "restrittive della liberta' personale" la legge comprende: l'ergastolo, la reclusione e l'arresto.
Sotto la denominazione di "pene pecuniarie" la legge comprende: la multa e l'ammenda.

Art. 19 Pene accessorie: specie
Le pene accessorie per i delitti sono:
1) l'interdizione dai pubblici uffici;
2) l'interdizione da una professione o da un'arte;
3) l'interdizione legale;
4) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
5) l'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione;
6) la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potesta' dei genitori.
Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:
1) la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte;
2) la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni e' la pubblicazione della sentenza penale di condanna.
La legge penale determina gli altri casi in cui le pene accessorie stabilite per i delitti sono comuni alle contravvenzioni.
Articolo cosi' modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 20 Pene principali e accessorie
Le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa.

Capo II: DELLE PENE PRINCIPALI, IN PARTICOLARE

Art. 21 Pena di morte (1)
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 22 Ergastolo
La pena dell'ergastolo e' perpetua, ed e' scontata in uno degli stabilimenti a cio' destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato all'ergastolo puo' essere ammesso al lavoro all'aperto (1).
La Corte costituzionale, sentenza del 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo nella parte in cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.
(1) Comma cosi' modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.

Art. 23 Reclusione
La pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni, ed e' scontata in uno degli stabilimenti a cio' destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato alla reclusione, che ha scontato almeno un anno della pena, puo' essere ammesso al lavoro all'aperto.
Sono applicabili alla pena della reclusione le disposizioni degli ultimi due capoversi dell'articolo precedente.

Art. 24 Multa
La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a lire diecimila, ne' superiore a dieci milioni.
Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice puo' aggiungere la multa da lire diecimila a quattro milioni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 25 Arresto
La pena dell'arresto si estende da cinque giorni a tre anni, ed e' scontata in uno degli stabilimenti a cio' destinati o in sezioni speciali degli stabilimenti di reclusione, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato all'arresto puo' essere addetto a lavori anche diversi da quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini e alle sue precedenti occupazioni.

Art. 26 Ammenda
La pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a lire quattromila ne' superiore a lire due milioni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 27 Pene pecuniarie fisse e proporzionali
La legge determina i casi nei quali le pene pecuniarie sono fisse e quelle in cui sono proporzionali. Le pene pecuniarie proporzionali non hanno limite massimo.

Capo III: DELLE PENE ACCESSORIE, IN PARTICOLARE

Art. 28 Interdizione dai pubblici uffici
L'interdizione dai pubblici uffici e' perpetua o temporanea.
L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:
1) del diritto di elettorato o di eleggibilita' in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualita' ad essi inerente di pubblico ufficiale o d'incaricato di pubblico servizio;
3) dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4) dei gradi e delle dignita' accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico (1) ;
6) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi, gradi, o titoli e delle qualita', dignita' e decorazioni indicate nei numeri precedenti;
7) della capacita' di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualita', grado, titolo, dignita', decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.
L'interdizione temporanea priva il condannato della capacita' di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualita', gradi, titoli e onorificenze (2) .
Essa non puo' avere una durata inferiore a un anno, ne' superiore a cinque.
La legge determina i casi nei quali l'interdizione dai pubblici uffici e' limitata ad alcuni di questi.
(1) La Corte costituzionale, sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, ha dichiarato l'illegittimita', in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., del presente comma, limitatamente alla parte in cui i diritti in essi previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro.
Successivamente la stessa Corte, con sentenza del 19 luglio 1968, n. 113, ha dichiarato l'illegittimita' del comma per quanto attiene alle pensioni di guerra.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, limitatamente alla parte in cui i diritti in essi previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro.

Art. 29 Casi nei quali alla condanna consegue l'interdizione dai pubblici uffici
La condanna all'ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
La dichiarazione di abitualita' o di professionalita' nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Art. 30 Interdizione da una professione o da un'arte
L'interdizione da una professione o da un'arte priva il condannato della capacita' di esercitare, durante l'interdizione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere per cui e' richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorita' e importa la decadenza dal permesso o dall'abilitazione, autorizzazione o licenza anzidetta.
L'interdizione da una professione o da un'arte non puo' avere una durata inferiore a un mese, ne' superiore a cinque anni, salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.

Art. 31 Condanna per delitti commessi con abuso di un pubblico ufficio o di una professione o di un'arte. Interdizione
Ogni condanna per delitti commessi con l'abuso dei poteri, o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, o ad un pubblico servizio, o a taluno degli uffici indicati nel numero 3 dell'art. 28, ovvero con l'abuso di una professione, arte, industria, o di un commercio, o mestiere, o con la violazione dei doveri ad essi inerenti, importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione, arte, industria, o dal commercio o mestiere.

Art. 32 Interdizione legale
Il condannato all'ergastolo e' in stato d'interdizione legale.
La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla potesta' dei genitori (1) .
Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni e', durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce altresi', durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potesta' dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti (1) .
Alla interdizione legale si applicano, per cio' che concerne la disponibilita' e l'amministrazione dei beni, nonche' la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 32 bis Interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese
L'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacita' di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonche' ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 32 ter Incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione
L'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.
Essa non puo' avere durata inferiore ad un anno ne' superiore a tre anni.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 32 quater Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione
Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316 bis, 317, 318, 319, 319 bis, 320, 321, 322, 353, 355, 356, 416, 416 bis, 437, 501, 501 bis, 640, n. 1 del secondo comma, 640 bis, 644, commessi in danno o in vantaggio di un'attivita' imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, successivamente sostituito dall'art. 3, comma 3, D.L. 17 settembre 1993, n. 369 ed infine cosi' modificato dell'art. 7, L. 7 marzo 1996, n. 108.

Art. 33 Condanna per delitto colposo
Le disposizioni dell'articolo 29 e del secondo capoverso dell'articolo 32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo (1) .
Le disposizioni dell'articolo 31 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo, se la pena inflitta e' inferiore a tre anni di reclusione, o se e' inflitta soltanto una pena pecuniaria.
(1) Comma cosi' modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 34 Decadenza della potesta' dei genitori e sospensione dell'esercizio di essa
La legge determina i casi nei quali la condanna importa la decadenza della potesta' dei genitori.
La condanna per delitti commessi con abuso della potesta' dei genitori importa la sospensione dell'esercizio di essa per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta.
La decadenza della potesta' dei genitori importa anche la privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in forza della potesta' di cui al titolo IX del libro I del codice civile.
La sospensione dall'esercizio della potesta' dei genitori importa anche l'incapacita' di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del titolo IX del libro I del codice civile.
Nelle ipotesi previste dai commi precedenti, quando sia concessa la sospensione condizionale della pena, gli atti del procedimento vengono trasmessi al tribunale dei minorenni, che assume i provvedimenti piu' opportuni nell'interesse dei minori (1) .
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
(1) Comma aggiunto dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.


Art. 35 Sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte priva il condannato della capacita' di esercitare, durante la sospensione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per i quali e' richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorita'.
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non puo' avere una durata inferiore a quindici giorni, ne' superiore a due anni .
Essa consegue a ogni condanna per contravvenzione, che sia commessa con abuso della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta non e' inferiore a un anno d'arresto.

Art. 35 bis Sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese
La sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacita' di esercitare, durante la sospensione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonche' ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
Essa non puo' avere una durata inferiore a quindici giorni ne' superiore a due anni e consegue ad ogni condanna all'arresto per contravvenzioni commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 36 Pubblicazione della sentenza penale di condanna
La sentenza di condanna alla pena di morte (1) o all'ergastolo e' pubblicata mediante affissione nel Comune ove e' stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza.
La sentenza di condanna e' inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o piu' giornali designati dal giudice.
La pubblicazione e' fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa e' eseguita d'ufficio e a spese del condannato.
La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 37 Pene accessorie temporanee: durata
Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non e' espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione per insolvibilita' del condannato. Tuttavia, in nessun caso essa puo' oltrepassare il limite minimo e quello massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.

Art. 38 Condizione giuridica del condannato alla pena di morte
Il condannato alla pena di morte e' equiparato al condannato all'ergastolo, per quanto riguarda la sua condizione giuridica.

Titolo III: DEL REATO
Capo I: DEL REATO CONSUMATO E TENTATO

Art. 39 Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni
I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice.

Art. 40 Rapporto di causalita'
Nessuno puo' essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non e' conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Art. 41 Concorso di cause
Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalita' fra l'azione od omissione e l'evento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalita' quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per se' un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Art. 42 Responsabilita' per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilita' obiettiva
Nessuno puo' essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volonta'.
Nessuno puo' essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.
La legge determina i casi nei quali l'evento e' posto altrimenti a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione.
Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Art. 43 Elemento psicologico del reato
Il delitto:
e' doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che e' il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, e' dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
e' preterintenzionale, o oltre la intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso piu' grave di quello voluto dall'agente;
e' colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non e' voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresi' alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

Art. 44 Condizione obiettiva di punibilita'
Quando, per la punibilita' del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non e' da lui voluto.

Art. 45 Caso fortuito o forza maggiore
Non e' punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

Art. 46 Costringimento fisico
Non e' punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi.
In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l'autore della violenza.

Art. 47 Errore di fatto
L'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilita' dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilita' non e' esclusa, quando il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.
L'errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilita' per un reato diverso.
L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilita', quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.

Art. 48 Errore determinato dall'altrui inganno
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se l'errore sul fatto che costituisce il reato e' determinato dall'altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo.

Art. 49 Reato supposto erroneamente e reato impossibile
Non e' punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato.
La punibilita' e' altresi' esclusa quando, per la inidoneita' dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa, e' impossibile l'evento dannoso o pericoloso.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono nel fatto gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso.
Nel caso indicato nel primo capoverso, il giudice puo' ordinare che l'imputato prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza.

Art. 50 Consenso dell'avente diritto
Non e' punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che puo' validamente disporne.

Art. 51 Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorita', esclude la punibilita'.
Se un fatto costituente reato e' commesso per ordine dell'Autorita', del reato risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde del reato altresi' chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non e' punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimita' dell'ordine.

Art. 52 Difesa legittima
Non e' punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessita' di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Art. 53 Uso legittimo delle armi
Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non e' punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi e' costretto dalla necessita' di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorita' e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona (1) .
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali e' autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
(1)Comma cosi' modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152.

Art. 54 Stato di necessita'
Non e' punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessita' di salvare se' od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne' altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessita' e' determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo.

Art. 55 Eccesso colposo
Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorita' ovvero imposti dalla necessita', si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.

Art. 56 Delitto tentato
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.
Il colpevole di delitto tentato e' punito: con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge e' stabilita per il delitto la pena di morte (1); con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita e' l'ergastolo; e negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per se' un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla meta'.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 57 Reati commessi col mezzo della stampa periodica
Salva la responsabilita' dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati, e' punito, a titolo di colpa, se un reato e' commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.
Articolo cosi' modificato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.

Art. 57 bis Reati commessi col mezzo della stampa non periodica
Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione e' ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non e' indicato o non e' imputabile.
Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.

Art. 58 Stampa clandestina
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica.
L'articolo comprendeva un secondo comma abrogato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.

Art. 58 bis Procedibilita' per i reati commessi col mezzo della stampa
Se il reato commesso col mezzo della stampa e' punibile a querela, istanza o richiesta, anche per la punibilita' dei reati preveduti dai tre articoli precedenti e' necessaria querela, istanza o richiesta.
La querela, la istanza o la richiesta presentata contro il direttore o vicedirettore responsabile, l'editore o lo stampatore, ha effetto anche nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato da questo commesso.
Non si puo' procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se e' necessaria un'autorizzazione di procedimento per il reato commesso dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non e' concessa. Questa disposizione non si applica se l'autorizzazione e' stabilita per le qualita' o condizioni personali dell'autore della pubblicazione.
Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.

Capo II: DELLE CIRCOSTANZE DEL REATO

Art. 59 Circostanze non conosciute o erroneamente supposte
Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti (1) .
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa (2).
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilita' non e' esclusa, quando il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.
(1) Comma cosi' modificato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
(2) Comma aggiunto dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Art. 60 Errore sulla persona dell'offeso
Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualita' della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole.
Sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualita' o i rapporti predetti.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano, se si tratta di circostanze che riguardano l'eta' o altre condizioni o qualita', fisiche o psichiche, della persona offesa.

Art. 61 Circostanze aggravanti comuni
Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1) l'avere agito per motivi abbietti o futili;
2) l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a se' o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunita' di un altro reato;
3) l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento;
4) l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudelta' verso le persone;
5) l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
6) l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si e' sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravita';
8) l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9) l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualita' di ministro di un culto;
10) l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualita' di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l'avere commesso il fatto con abuso di autorita' o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione, o di ospitalita'.

Art. 62 Circostanze attenuanti comuni
Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:
1) l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2) l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
3) l'avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall'Autorita', e il colpevole non e' delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza;
4) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuita', ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuita', quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuita' (1);
5) l'essere concorso a determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6) l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l'essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
(1) Numero cosi' sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Art. 62 bis Attenuanti generiche
Il giudice, indipendentemente dalle circostanze prevedute nell'art. 62, puo' prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate, in ogni caso, ai fini della applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale puo' anche concorrere con una o piu' delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.
Articolo aggiunto dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.

Art. 63 Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena
Quando la legge dispone che la pena sia aumentata o diminuita entro limiti determinati, l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantita' di essa, che il giudice applicherebbe al colpevole qualora non concorresse la circostanza che la fa aumentare o diminuire.
Se concorrono piu' circostanze aggravanti, ovvero piu' circostanze attenuanti, l'aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantita' di essa risultante dall'aumento o dalla diminuzione precedente.
Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l'aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo (1).
Se concorrono piu' circostanze aggravanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza piu' grave; ma il giudice puo' aumentarla.
Se concorrono piu' circostanze attenuanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena meno grave stabilita per le predette circostanze; ma il giudice puo' diminuirla.
(1) Comma cosi' modificato dalla L. 31 luglio 1984, n. 400.

Art. 64 Aumento di pena nel caso di una sola circostanza aggravante
Quando ricorre una circostanza aggravante, e l'aumento di pena non e' determinato dalla legge, e' aumentata fino a un terzo la pena che dovrebbe essere inflitta per il reato commesso.
Nondimeno, la pena della reclusione da applicare per effetto dell'aumento non puo' superare gli anni trenta. (1)

Art. 65 Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante
Quando ricorre una circostanza attenuante, e non e' dalla legge determinata la diminuzione di pena, si osservano le norme seguenti:
1) alla pena di morte (1) e' sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni;
2) alla pena dell'ergastolo e' sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni;
3) le altre pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 66 Limiti degli aumenti di pena nel caso di concorso di piu' circostanze aggravanti
Se concorrono piu' circostanze aggravanti, la pena da applicare per effetto degli aumenti non puo' superare il triplo del massimo stabilito dalla legge per il reato, salvo che si tratti delle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, ne' comunque eccedere:
1) gli anni trenta, se si tratta della reclusione;
2) gli anni cinque, se si tratta dell'arresto;
3) e, rispettivamente, lire venti milioni o quattro milioni, se si tratta della multa o dell'ammenda; ovvero, rispettivamente, lire sessanta milioni o dodici milioni se il giudice si vale della facolta' di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133 bis.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 67 Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di piu' circostanze attenuanti
Se concorrono piu' circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non puo' essere inferiore:
1) a quindici anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena di morte (1);
2) a dieci anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena dell'ergastolo.
Le altre pene sono diminuite. In tal caso, quando non si tratta delle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, la pena non puo' essere applicata in misura inferiore a un quarto.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 68 Limiti al concorso di circostanze
Salvo quanto e' disposto nell'articolo 15, quando una circostanza aggravante comprende in se' un'altra circostanza aggravante, ovvero una circostanza attenuante comprende in se' un'altra circostanza attenuante, e' valutata a carico o a favore del colpevole soltanto la circostanza aggravante o la circostanza attenuante, la quale importa, rispettivamente, il maggior aumento o la maggiore diminuzione di pena.
Se le circostanze aggravanti o attenuanti importano lo stesso aumento o la stessa diminuzione di pena, si applica un solo aumento o una sola diminuzione di pena.

Art. 69 Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.
Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.
Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.
Le disposizioni precedenti si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole e a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato (1).
In tal caso, gli aumenti e le diminuzioni di pena si operano a norma dell'articolo 63, valutata per ultima la recidiva (2).
(1)Comma cosi' modificato dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99. Successivamente la Corte costituzionale, sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale del quarto comma del presente articolo nella parte in cui prevede che nei confronti del minore imputabile sia applicabile la disposizione del primo comma dello stesso articolo 69 in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o piu' circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, nonche' nella parte in cui prevede che nei confronti del minore stesso siano applicabili le disposizioni del primo e del terzo comma del citato art. 69, in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o piu' circostanze aggravanti che accedono ad un reato per il quale e' prevista la pena base dell'ergastolo.
(2)Comma abrogato dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.

Art. 70 Circostanze oggettive e soggettive
Agli effetti della legge penale:
1) sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalita' dell'azione, la gravita' del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualita' personali dell'offeso;
2) sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensita' del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualita' personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole.
Le circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilita' e la recidiva.

Capo III: DEL CONCORSO DI REATI

Art. 71 Condanna per piu' reati con unica sentenza o decreto
Quando, con una sola sentenza o con un solo decreto, si deve pronunciare condanna per piu' reati contro la stessa persona, si applicano le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 72 Concorso di reati che importano l'ergastolo e di reati che importano pene detentive temporanee
Al colpevole di piu' delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell'ergastolo, si applica la detta pena con l'isolamento diurno da sei mesi a tre anni.
Nel caso di concorso di un delitto che importa la pena dell'ergastolo, con uno o piu' delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell'ergastolo con l'isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi.
L'ergastolano condannato all'isolamento diurno partecipa all'attivita' lavorativa.
Articolo cosi' modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.

Art. 73 Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie
Se piu' reati importano pene temporanee detentive della stessa specie, si applica una pena unica, per un tempo eguale alla durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati.
Quando concorrono piu' delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l'ergastolo (1) .
Le pene pecuniarie della stessa specie si applicano tutte per intero.
(1 )La Corte costituzionale, con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui, in caso di concorso di piu' delitti commessi da minore imputabile, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, prevede la pena dell'ergastolo.

Art. 74 Concorso di reati che importano pene detentive di specie diversa
Se piu' reati importano pene temporanee detentive di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero.
La pena dell'arresto e' eseguita per ultima.

Art. 75 Concorso di reati che importano pene pecuniarie di specie diversa
Se piu' reati importano pene pecuniarie di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero.
Nel caso che la pena pecuniaria non sia stata pagata per intero, la somma pagata, agli effetti della conversione, viene detratta dall'ammontare della multa.

Art. 76 Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte
Salvo che la legge stabilisca altrimenti, le pene della stessa specie concorrenti a norma dell'articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico.
Le pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie piu' grave. Nondimeno si considerano come pene distinte, agli effetti della loro esecuzione, dell'applicazione delle misure di sicurezza e in ogni altro caso stabilito dalla legge.
Se una legge pecuniaria concorre con un'altra pena di specie diversa, le pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico.

Art. 77 Determinazione delle pene accessorie
Per determinare le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, si ha riguardo ai singoli reati per i quali e' pronunciata la condanna, e alle pene principali che, se non vi fosse concorso di reati, si dovrebbero infliggere per ciascuno di essi.
Se concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano tutte per intero.

Art. 78 Limiti degli aumenti delle pene principali
Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 73, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non puo' essere superiore al quintuplo della piu' grave fra le pene concorrenti, ne' comunque eccedere:
1) trenta anni per la reclusione;
2) sei anni per l'arresto;
3) lire trenta milioni per la multa e sei milioni per l'ammenda; ovvero lire centoventicinque milioni per la multa e venticinque milioni per l'ammenda, se il giudice si vale della facolta' di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133 bis.
Nel caso di concorso di reato preveduto dall'articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell'articolo stesso non puo' superare gli anni trenta. La parte della pena eccedente tale limite, e' detratta in ogni caso dall'arresto.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 79 Limiti degli aumenti delle pene accessorie
La durata massima delle pene accessorie temporanee non puo' superare, nel complesso, i limiti seguenti:
1) dieci anni, se si tratta della interdizione dai pubblici uffici o dell'interdizione da una professione o da un'arte;
2) cinque anni, se si tratta della sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte.

Art. 80 Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, dopo una sentenza o un decreto di condanna, si deve giudicare la stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna medesima, ovvero quando contro la stessa persona si debbono eseguire piu' sentenze o piu' decreti di condanna.

Art. 81 Concorso formale. Reato continuato
E' punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge.
Alla stessa pena soggiace chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.
Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non puo' essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
Articolo cosi' sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.

Art. 82 Offesa di persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta
Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, e' cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell'articolo 60.
Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato piu' grave, aumentata fino alla meta'.

Art. 83 Evento diverso da quello voluto dall'agente
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresi' l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati.

Art. 84 Reato complesso
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato.
Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79.

Titolo IV: DEL REO E DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
Capo I: DELLA IMPUTABILITA'

Art. 85 Capacita' d'intendere e di volere
Nessuno puo' essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.
E' imputabile chi ha la capacita' di intendere e di volere.

Art. 86 Determinazione in altri dello stato d'incapacita', allo scopo di far commettere un reato
Se taluno mette altri nello stato d'incapacita' d'intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d'incapacita'.

Art. 87 Stato preordinato d'incapacita' d'intendere e di volere
La disposizione della prima parte dell'articolo 85 non si applica a chi si e' messo in stato d'incapacita' d'intendere o di volere al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa.

Art. 88 Vizio totale di mente
Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermita', in tale stato di mente da escludere la capacita' di intendere o di volere.

Art. 89 Vizio parziale di mente
Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermita', in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita' d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena e' diminuita.

Art. 90 Stati emotivi o passionali
Gli stati emotivi o passionali non escludono ne' diminuiscono l'imputabilita'.

Art. 91 Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore
Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacita' d'intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
Se l'ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita' di intendere o di volere, la pena e' diminuita.

Art. 92 Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata
L'ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude ne' diminuisce l'imputabilita'.
Se l'ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena e' aumentata.

Art. 93 Fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti
Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto e' stato commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti.

Art. 94 Ubriachezza abituale
Quando il reato e' commesso in stato di ubriachezza, e questa e' abituale, la pena e' aumentata.
Agli effetti della legge penale, e' considerato ubriaco abituale chi e' dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
L'aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato e' commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti da chi e' dedito all'uso di tali sostanze.

Art. 95 Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti
Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.

Art. 96 Sordomutismo
Non e' imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermita' la capacita' d'intendere o di volere.
Se la capacita' d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena e' diminuita.

Art. 97 Minore degli anni quattordici
Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni.

Art. 98 Minore degli anni diciotto
E' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacita' d'intendere e di volere; ma la pena e' diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta e' inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena piu' grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della potesta' dei genitori o dell'autorita' maritale.

Capo II: DELLA RECIDIVA, DELLA ABITUALITA' E PROFESSIONALITA' NEL REATO E DELLA TENDENZA A DELINQUERE

Art. 99 Recidiva
Chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro, puo' essere sottoposto a un aumento fino ad un sesto della pena da infliggere per il nuovo reato.
La pena puo' essere aumentata fino ad un terzo:
1) se il nuovo reato e' della stessa indole;
2) se il nuovo reato e' stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo reato e' stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.
Qualora concorrano piu' circostanze fra quelle indicate nei numeri precedenti, l'aumento di pena puo' essere fino alla meta'.
Se il recidivo commette un altro reato, l'aumento della pena, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, puo' essere fino alla meta' e, nei casi preveduti dai numeri 1) e 2) del primo capoverso, puo' essere fino a due terzi; nel caso preveduto dal numero 3) dello stesso capoverso puo' essere da un terzo ai due terzi.
In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva puo' superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo reato.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 aprile 1974, n. 99.

Art. 100 Articolo abrogato dalla L. 11 aprile 1974, n. 99.

Art. 101 Reati della stessa indole
Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.

Art. 102 Abitualita' presunta dalla legge
E' dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, e commesso entro i dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.
Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezza detentive.

Art. 103 Abitualita' ritenuta dal giudice
Fuori del caso indicato nell'articolo precedente, la dichiarazione di abitualita' nel delitto e' pronunciata anche contro chi, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice, tenuto conto della specie e gravita' dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al delitto.

Art. 104 Abitualita' nelle contravvenzioni
Chi, dopo essere stato condannato alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole, riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della stessa indole, e' dichiarato contravventore abituale, se il giudice, tenuto conto della specie e gravita' dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al reato.

Art. 105 Professionalita' nel reato
Chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualita', riporta condanna per un altro reato, e' dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato.

Art. 106 Effetti dell'estinzione del reato o della pena
Agli effetti della recidiva e della dichiarazione di abitualita' o di professionalita' nel reato, si tien conto altresi' delle condanne per le quali e' intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena.
Tale disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli effetti penali.

Art. 107 Condanna per vari reati con una sola sentenza
Le disposizioni relative alla dichiarazione di abitualita' o di professionalita' nel reato si applicano anche se, per i vari reati, e' pronunciata condanna con una sola sentenza.

Art. 108 Tendenza a delinquere
E' dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commette un delitto non colposo, contro la vita o l'incolumita' individuale, anche non preveduto dal capo I del titolo XII del libro II di questo codice, il quale, per se' e unitamente alle circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole.
La disposizione di questo articolo non si applica se la inclinazione al delitto e' originata dall'infermita' preveduta dagli artt. 88 e 89.

Art. 109 Effetti della dichiarazione di abitualita', professionalita' o tendenza a delinquere
Oltre gli aumenti di pena stabiliti per la recidiva e i particolari effetti indicati da altre disposizioni di legge, la dichiarazione di abitualita' o di professionalita' nel reato o di tendenza a delinquere importa l'applicazione di misure di sicurezza.
La dichiarazione di abitualita' o di professionalita' nel reato puo' essere pronunciata in ogni tempo, anche dopo la esecuzione della pena; ma se e' pronunciata dopo la sentenza di condanna, non si tien conto della successiva condotta del colpevole e rimane ferma la pena inflitta.
La dichiarazione di tendenza a delinquere non puo' essere pronunciata che con la sentenza di condanna.
La dichiarazione di abitualita' e professionalita' nel reato e quella di tendenza a delinquere si estinguono per effetto della riabilitazione.

Capo III: DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

Art. 110 Pena per coloro che concorrono nel reato
Quando piu' persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 111 Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile
Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero non punibile a cagione di una conduzione o qualita' personale, risponde del reato da questa commesso, e la pena e' aumentata. Se si tratta di delitti per i quali e' previsto l'arresto in flagranza, la pena e' aumentata da un terzo alla meta' (1) .
Se chi ha determinato altri a commettere il reato ne e' il genitore esercente la potesta', la pena e' aumentata fino alla meta' o, se si tratta di delitti per i quali e' previsto l'arresto in flagranza, da un terzo a due terzi (2).
(1) L'originario unico comma e' stato cosi' modificato dall'art. 11, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(2) Comma aggiunto dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.


Art. 112 Circostanze aggravanti
La pena da infliggere per il reato commesso e' aumentata:
1) se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, e' di cinque o piu', salvo che la legge disponga altrimenti;
2) per chi, anche fuori dei casi preveduti dai due numeri seguenti, ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l'attivita' delle persone che sono concorse nel reato medesimo;
3) per chi, nell'esercizio della sua autorita', direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato persone ad esso soggette;
4) per chi, fuori del caso preveduto dall'articolo 111, ha determinato a commettere il reato un minore di anni 18 o una persona in stato d'infermita' o di deficienza psichica, ovvero si e' comunque avvalso degli stessi nella commissione di un delitto per il quale e' previsto l'arresto in flagranza (1).
La pena e' aumentata fino alla meta' per chi si e' avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualita' personale, nella commissione di un delitto per il quale e' previsto l'arresto in flagranza (2).
Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si e' avvalso di altri nella commissione del delitto ne e' il genitore esercente la potesta', nel caso previsto dal numero 4 del primo comma la pena e' aumentata fino alla meta' e in quello previsto dal secondo comma la pena e' aumentata fino a due terzi (3).
Gli aggravamenti di pena stabiliti nei numeri 1, 2 e 3 di questo articolo si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non e' imputabile o non e' punibile.
(1) Numero cosi' sostituito dall'art. 11, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(2) Comma aggiunto dall'art. 11, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(3) Comma aggiunto dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.


Art. 113 Cooperazione nel delitto colposo
Nel delitto colposo, quando l'evento e' stato cagionato dalla cooperazione di piu' persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso.
La pena e' aumentata per chi ha determinato altri a cooperare nel delitto, quando concorrono le condizioni stabilite nell'articolo 111 e nei numeri 3 e 4 dell'articolo 112.

Art. 114 Circostanze attenuanti
Il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, puo' diminuire la pena.
Tale disposizione non si applica nei casi indicati nell'articolo 112.
La pena puo' altresi' essere diminuita per chi e' stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma dell'articolo 112 (1) .
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.

Art. 115 Accordo per commettere un reato. Istigazione
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o piu' persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse e' punibile per il solo fatto dell'accordo.
Nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice puo' applicare una misura di sicurezza.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione e' stata accolta, ma il reato non e' stato commesso.
Qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d'istigazione a un delitto, l'istigatore puo' essere sottoposto a misura di sicurezza.

Art. 116 Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti
Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento e' conseguenza della sua azione od omissione.
Se il reato commesso e' piu' grave di quello voluto, la pena e' diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave.

Art. 117 Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti
Se, per le condizioni o le qualita' personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo e' piu' grave, il giudice puo', rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualita' o i rapporti predetti, diminuire la pena.

Art. 118 Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti
Le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l'intensita' del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Art. 119 Valutazione delle circostanze di esclusione della pena
Le circostanze soggettive, le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono.
Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato.

 

Codice Penale

 

Libro primo: DEI REATI IN GENERALE
Titolo IV: DEL REO E DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
Capo IV: DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO

Art. 120  Diritto di querela 
Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza ha diritto di querela.
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione d'infermita' di mente, il diritto di querela e' esercitato dal genitore o dal tutore.
I minori che hanno compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati, possono esercitare il diritto di querela, e possono altresi', in loro vece, esercitarlo il genitore ovvero il tutore o il curatore, nonostante ogni contraria dichiarazione di volonta', espressa o tacita, del minore o dell'inabilitato.

Art. 121 Diritto di querela esercitato da un curatore speciale 
Se la persona offesa e' minore degli anni quattordici o inferma di mente, e non v'e' chi ne abbia la rappresentanza, ovvero chi l'esercita si trovi con la persona medesima in conflitto di interessi, il diritto di querela e' esercitato da un curatore speciale.

Art. 122 Querela di uno fra piu' offesi 
Il reato commesso in danno di piu' persone e' punibile anche se la querela e' proposta da una soltanto di esse.

Art. 123 Estensione della querela 
La querela si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato.

Art. 124 Termine per proporre la querela. Rinuncia 
Salvo che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non puo' essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.
Il diritto di querela non puo' essere esercitato se vi e' stata rinuncia espressa o tacita da parte di colui al quale ne spetta l'esercizio.
Vi e' rinuncia tacita, quando chi ha facolta' di proporre querela ha compiuto fatti incompatibili con la volonta' di querelarsi.
La rinuncia si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato.

Art. 125 Querela del minore o inabilitato nel caso di rinuncia del rappresentante 
La rinuncia alla facolta' di esercitare il diritto di querela, fatta dal genitore o dal tutore o dal curatore, non priva il minore, che ha compiuto gli anni quattordici, o l'inabilitato, del diritto di proporre querela.

Art. 126 Estinzione del diritto di querela 
Il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa.
Se la querela e' stata gia' proposta, la morte della persona offesa non estingue il reato.

Art. 127 Richiesta di procedimento per delitti contro il Presidente della Repubblica 
Salvo quanto e' disposto nel titolo I del libro II di questo codice, qualora un delitto punibile a querela della persona offesa sia commesso in danno del Presidente della Repubblica, alla querela e' sostituita la richiesta del Ministro della giustizia.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 128 Termine per la richiesta di procedimento 
Quando la punibilita' di un reato dipende dalla richiesta dell'Autorita', la richiesta non puo' essere piu' proposta, decorsi tre mesi dal giorno in cui l'Autorita' ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.
Quando la punibilita' di un reato commesso all'estero dipende dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato, la richiesta non puo' essere piu' proposta, decorsi tre anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello Stato.

Art. 129 Irrevocabilita' ed estensione della richiesta 
La richiesta dell'Autorita' e' irrevocabile.
Le disposizioni degli articoli 122 e 123 si applicano anche alla richiesta.

Art. 130 Istanza della persona offesa 
Quando la punibilita' del reato dipende dall'istanza della persona offesa, l'istanza e' regolata dalle disposizioni relative alla richiesta. Nondimeno, per quanto riguarda la capacita' e la rappresentanza della persona offesa, si applicano le disposizioni relative alla querela.

Art. 131 Reato complesso. Procedibilita' di ufficio 
Nei casi preveduti dall'articolo 84, per il reato complesso si procede sempre di ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio.

Titolo V: DELLA MODIFICAZIONE, APPLICAZIONE ED ESECUZIONE DELLA PENA
Capo I: DELLA MODIFICAZIONE E APPLICAZIONE DELLA PENA

Art. 132 Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti 
Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere discrezionale.
Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge.

Art. 133 Gravita' del reato: valutazione agli effetti della pena 
Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tenere conto della gravita' del reato, desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalita' dell'azione;
2) dalla gravita' del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3) dalla intensita' del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresi', della capacita' a delinquere del colpevole, desunta:
1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4) delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

Art. 133 bis Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria 
Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il giudice deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente, anche delle condizioni economiche del reo.
Il giudice puo' aumentare la multa o l'ammenda stabilita dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 133 ter Pagamento rateale della multa o dell'ammenda 
Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, puo' disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l'ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata tuttavia non puo' essere inferiore a lire trentamila.
In ogni momento il condannato puo' estinguere la pena mediante un unico pagamento.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 134 Computo delle pene 
Le pene temporanee si applicano a giorni, a mesi e ad anni.
Nelle condanne a pene temporanee non si tien conto delle frazioni di giorno, e, in quelle a pena pecuniaria, delle frazioni di lira.

Art. 135 Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive 
Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando venticinquemila lire, o frazione di venticinquemila lire, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 136 Modalita' di conversione di pene pecuniarie 
Le pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilita' del condannato, si convertono a norma di legge.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Precedentemente la Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre 1979, n. 131, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.

Art. 137 Custodia cautelare 
La carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria.
La custodia cautelare e' considerata, agli effetti della detrazione, come reclusione od arresto.

Art. 138 Pena e custodia cautelare per reati commessi all'estero 
Quando il giudizio seguito all'estero e' rinnovato nello Stato, la pena scontata all'estero e' sempre computata, tenendo conto della specie di essa; e, se vi e' stata all'estero custodia cautelare, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.

Art. 139 Computo delle pene accessorie 
Nel computo delle pene accessorie temporanee non si tien conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva, o e' sottoposto a misura di sicurezza detentiva, ne' del tempo in cui egli si e' sottratto volontariamente alla esecuzione della pena o della misura di sicurezza.

Art. 140 Articolo abrogato dall'art. 217 delle disposizioni di coordinamento del codice di procedura penale.

Capo II: DELLA ESECUZIONE DELLA PENA

Art. 141 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

Art. 142 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

Art. 143 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

Art. 144 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

Art. 145 Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato 
Negli stabilimenti penitenziari, ai condannati e' corrisposta una remunerazione per il lavoro prestato.
Sulla remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:
1) le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;
2) le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;
3) le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
In ogni caso, deve essere riservata a favore del condannato una quota pari a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non e' soggetta a pignoramento o a sequestro.

Art. 146 Rinvio obbligatorio della esecuzione della pena 
L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, e' differita:
1) se deve aver luogo contro donna incinta;
2) se deve aver luogo contro donna che ha partorito da meno di sei mesi;
3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilita' con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286 bis, comma 1, del codice di procedura penale (1) .
Nel caso preveduto dal n. 2 il provvedimento e' revocato, qualora il figlio muoia o sia affidato a persona diversa dalla madre, e il parto sia avvenuto da oltre due mesi.
(1) Numero aggiunto dall'art. 2, D.L. 14 maggio 1993, n. 139. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 18 ottobre 1995, n. 438, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente numero nella parte in cui prevede che il differimento ha luogo anche quando l'espiazione della pena possa avvenire senza pregiudizio della salute del soggetto e di quella degli altri detenuti.

Art. 147 Rinvio facoltativo della esecuzione della pena 
L'esecuzione di una pena puo' essere differita:
1) se e' presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve essere differita a norma dell'articolo precedente;
2) se una pena restrittiva della liberta' personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermita' fisica;
3) se una pena restrittiva della liberta' personale deve essere eseguita contro donna, che ha partorito da piu' di sei mesi ma da meno di un anno, e non vi e' modo di affidare il figlio ad altri che alla madre.
Nel caso indicato nel n. 1, la esecuzione della pena non puo' essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza e' divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia e' successivamente rinnovata.
Nel caso indicato nel n. 3, il provvedimento e' revocato, qualora il figlio muoia o sia affidato ad altri che alla madre.

Art. 148 Infermita' psichica sopravvenuta al condannato 
Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della liberta' personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermita' psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermita' sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice puo' disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale, o professionale, o di delinquente per tendenza.
La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermita' psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte (1) deve essere ricoverato in un manicomio giudiziario.
Il provvedimento di ricovero e' revocato, e il condannato e' sottoposto alla esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno 1975, n. 146, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziario del condannato caduto in stato di infermita' psichica durante l'esecuzione di pena restrittiva della liberta' personale, ordini che la pena medesima sia sospesa; ha dichiarato altresi' l'illegittimita' nella parte in cui prevede che il giudice ordini la sospensione della pena anche nel caso in cui il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero in un manicomio comune.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 149 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

Titolo VI: DELLA ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA
Capo I: DELLA ESTINZIONE DEL REATO

Art. 150 Morte del reo prima della condanna 
La morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato.

Art. 151 Amnistia 
L'amnistia estingue il reato, e, se vi e' stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie (1) .
Nel concorso di piu' reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali e' conceduta.
La estinzione del reato per effetto dell'amnistia e' limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca una data diversa.
L'amnistia puo' essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, ne' ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui esclude la rinuncia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia.

Art. 152 Remissione della querela 
Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato.
La remissione e' processuale o extraprocessuale. La remissione extraprocessuale e' espressa o tacita. Vi e' remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volonta' di persistere nella querela.
La remissione puo' intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti.
La remissione non puo' essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell'atto di remissione puo' essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno.

Art. 153 Esercizio del diritto di remissione. Incapace 
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione di infermita' di mente, il diritto di remissione e' esercitato dal loro legale rappresentante.
I minori, che hanno compiuto gli anni quattordici, e gli inabilitati possono esercitare il diritto di remissione, anche quando la querela e' stata proposta dal rappresentante, ma, in ogni caso, la remissione non ha effetto senza l'approvazione di questo.
Il rappresentante puo' rimettere la querela proposta da lui o dal rappresentato, ma la remissione non ha effetto, se questi manifesta volonta' contraria.
Le disposizioni dei capoversi precedenti si applicano anche nel caso in cui il minore raggiunge gli anni quattordici, dopo che e' stata proposta la querela.

Art. 154 Piu' querelanti: remissione di uno solo 
Se la querela e' stata proposta da piu' persone, il reato non si estingue se non interviene la remissione di tutti i querelanti.
Se tra piu' persone offese da un reato taluna soltanto ha proposto querela, la remissione, che questa ha fatto, non pregiudica il diritto di querela delle altre.

Art. 155 Accettazione della remissione 
La remissione non produce effetto, se il querelato l'ha espressamente o tacitamente ricusata. Vi e' ricusa tacita, quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volonta' di accettare la remissione.
La remissione fatta a favore anche di uno soltanto fra coloro che hanno commesso il reato si estende a tutti, ma non produce effetto per chi l'abbia ricusata.
Per quanto riguarda la capacita' di accettare la remissione, si osservano le disposizioni dell'articolo 153.
Se il querelato e' un minore o un infermo di mente, e nessuno ne ha la rappresentanza, ovvero chi la esercita si trova con esso in conflitto di interessi, la facolta' di accettare la remissione e' esercitata da un curatore speciale.

Art. 156 Estinzione del diritto di remissione 
Il diritto di remissione si estingue con la morte della persona offesa dal reato.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno 1975, n. 151, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui non attribuisce l'esercizio del diritto di remissione della querela agli eredi della persona offesa dal reato, allorche' tutti vi consentano.

Art. 157 Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere 
La prescrizione estingue il reato:
1) in venti anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni;
2) in quindici anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a dieci anni;
3) in dieci anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a cinque anni;
4) in cinque anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa;
5) in tre anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell'arresto;
6) in due anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell'ammenda (1) .
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo al massimo della pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o tentato, tenuto conto dell'aumento massimo di pena stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima stabilita per le circostanze attenuanti.
Nel caso di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti si applicano anche a tale effetto le disposizioni dell'articolo 69.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e quella pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
N.B.: La Corte costituzioanle, con sentenza 31 maggio 1990, n. 275, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede che l'imputato possa rinunziare alla prescrizione del reato.
(1) Numero cosi' modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.


Art. 158 Decorrenza del termine della prescrizione 
Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui e' cessata l'attivita' del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui e' cessata la permanenza o la continuazione.
Quando la legge fa dipendere la punibilita' del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si e' verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela, istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.

Art. 159 Sospensione del corso della prescrizione 
Il corso della prescrizione rimane sospeso nei casi di autorizzazione a procedere, o di questione deferita ad altro giudizio, e in ogni caso in cui la sospensione del procedimento penale o dei termini di custodia cautelare e' imposta da una particolare disposizione di legge (1).
La sospensione del corso della prescrizione, nei casi di autorizzazione a procedere di cui al primo comma, si verifica dal momento in cui il pubblico ministero effettua la relativa richiesta.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui e' cessata la causa della sospensione. In caso di autorizzazione a procedere, il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l'autorita' competente accoglie la richiesta.
Articolo modificato dall'art. 1, L. 5 ottobre 1991, n. 320.
(1)Comma cosi' modificato dall'art. 15, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332.


Art. 160 Interruzione del corso della prescrizione 
Il corso della prescrizione e' interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna.
Interrompono pure la prescrizione l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto, l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio (1).
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. Se piu' sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre la meta'.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 239 delle disposizioni di coordinamento del codice di procedura penale.

Art. 161 Effetti della sospensione e della interruzione 
La sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato.
Quando per piu' reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o la interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri.

Art. 162 Oblazione nelle contravvenzioni 
Nelle contravvenzioni, per le quali la legge stabilisce la sola pena dell'ammenda, il contravventore e' ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
Il pagamento estingue il reato.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 7, D.Lgs.Lgt. 5 ottobre 1945, n. 679.

Art. 162 bis Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative 
Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore puo' essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla meta' del massimo dell'ammenda.
L'oblazione non e' ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo 99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, ne' quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
In ogni altro caso il giudice puo' respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravita' del fatto.
La domanda puo' essere riproposta fino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.
Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato.
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 163 Sospensione condizionale della pena 
Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all'arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della liberta' personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice puo' ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna e' per delitto e di due anni se la condanna e' per contravvenzione.
Se il reato e' stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione puo' essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della liberta' personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della liberta' personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni.
Se il reato e' stato commesso da persona di eta' superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione puo' essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della liberta' personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della liberta' personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 164 Limiti entro i quali e' ammessa la sospensione condizionale della pena 
La sospensione condizionale della pena e' ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterra' dal commettere ulteriori reati.
La sospensione condizionale della pena non puo' essere conceduta:
1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se e' intervenuta la riabilitazione, ne' al delinquente o contravventore abituale o professionale;
2) allorche' alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perche' il reo e' persona che la legge presume socialmente pericolosa.
La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca.
La sospensione condizionale della pena non puo' essere concessa piu' di una volta. Tuttavia il giudice, nell'infliggere una nuova condanna, puo' disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'articolo 163 (1).
Articolo cosi' sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 28 aprile 1976, n. 95, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma di questo articolo nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha gia' riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 del codice penale.

Art. 165 Obblighi del condannato 
La sospensione condizionale della pena puo' essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; puo' altresi' essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalita' indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
La sospensione condizionale della pena, quando e' concessa a persona che ne ha gia' usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente, salvo che cio' sia impossibile.
Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.
Articolo cosi' sostituto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 166 Effetti della sospensione 
La sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie.
La condanna a pena condizionalmente sospesa non puo' costituire in alcun caso, di per se' sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione, ne' d'impedimento all'accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, ne' per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attivita' lavorativa.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Art. 167 Estinzione del reato 
Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, ed adempie gli obblighi impostigli, il reato e' estinto.
Il tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene (1).
(1)Comma cosi' sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Art. 168 Revoca della sospensione 
Salva la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 164, la sospensione condizionale della pena e' revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato:
1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli;
2) riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella pecedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163.
Qualora il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, non supera i limiti stabiliti dall'art. 163, il giudice, tenuto conto dell'indole e della gravita' del reato, puo' revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena.
Articolo cosi' sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.

Art. 169 Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto 
Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, la legge stabilisce una pena restrittiva della liberta' personale non superiore nel massimo a due anni ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a lire tre milioni (1) , anche se congiunta a detta pena, il giudice puo' astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterra' dal commettere ulteriori reati.
Qualora si proceda al giudizio, il giudice puo', nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.
Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal n. 1 del primo capoverso dell'articolo 164.
Il perdono giudiziale non puo' essere conceduto piu' di una volta (2) .
La Corte costituzionale, con sentenza 5 luglio 1973, n. 108, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali e' stato concesso il beneficio.
(1) Importo ora stabilito dall'art. 19, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, nel testo modificato dall'art. 112, L. 24 novembre 1981, n. 689.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 7 luglio 1976, n. 154, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale in caso di reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, e di pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti di applicabilita' del beneficio.

Art. 170 Estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o
circostanza aggravante di un altro reato 
Quando un reato e' il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all'altro reato.
La causa estintiva di un reato, che e' elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso.
L'estinzione di taluno fra piu' reati connessi non esclude, per gli altri, l'aggravamento di pena derivante dalla connessione.

Capo II: DELLA ESTINZIONE DELLA PENA

Art. 171 Morte del reo dopo la condanna 
La morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena.

Art. 172 Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo 
La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni.
La pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.
Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, e' inflitta la pena della multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
Il termine decorre dal giorno in cui la condanna e' divenuta irrevocabile, ovvero dal giorno in cui il condannato si e' sottratto volontariamente alla esecuzione gia' iniziata della pena.
Se l'esecuzione della pena e' subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per la estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine e' scaduto o la condizione si e' verificata.
Nel caso di concorso di reati si ha riguardo, per l'estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza.
L'estinzione delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, o di delinquenti abituali, professionali o per tendenza; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole.

Art. 173 Estinzione delle pene dell'arresto e dell'ammenda per decorso del tempo 
Le pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine di cinque anni. Tale termine e' raddoppiato se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, ovvero di delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
Se, congiuntamente alla pena dell'arresto, e' inflitta la pena dell'ammenda, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del termine stabilito per l'arresto.
Per la decorrenza del termine si applicano le disposizioni del terzo, quarto e quinto capoverso dell'articolo precedente.

Art. 174 Indulto e grazia 
L'indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un'altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna.
Nel concorso di piu' reati, l'indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati.
Si osservano, per l'indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell'articolo 151.

Art. 175 Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale 
Se, con una prima condanna, e' inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a un milione, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, puo' ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale (1).
La non menzione della condanna puo' essere altresi' concessa quando e' inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'articolo 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della liberta' personale per un tempo non superiore a trenta mesi.
Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non far menzione della condanna precedente e' revocato.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando alla condanna conseguono pene accessorie (2).
Articolo sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7 giugno 1984, n. 155, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma ( nel testo sostituito dalla L. n. 689/1981) , nella parte in cui esclude che possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne, per reati anteriormente commessi, a pene che, cumulate con quelle gia' irrogate, non superino i limiti di applicabilita' del beneficio. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 17 marzo 1988, n. 304, ha dichiarato l'illegittimita' del comma nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato del casellario giudiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anziche' a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due, a norma dell'art. 135 cod. pen.
(2) Comma e' stato abrogato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.


Art. 176 Liberazione condizionale 
Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, puo' essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno meta' della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.
Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.
Il condannato all'ergastolo puo' essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.
La concessione della liberazione condizionale e' subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilita' di adempierle.

Art. 177 Revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena 
Nei confronti del condannato ammesso alla liberazione condizionale resta sospesa la esecuzione della misura di sicurezza detentiva cui il condannato stesso sia stato sottoposto con la sentenza di condanna o con un provvedimento successivo. La liberazione condizionale e' revocata, se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla liberta' vigilata, disposta a termini dell'articolo 230, n. 2. In tal caso, il tempo trascorso in liberta' condizionale non e' computato nella durata della pena e il condannato non puo' essere riammesso alla liberazione condizionale (1) .
Decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all'ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali, ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo.
Articolo cosi' modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 25 maggio 1989, n. 282, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui, nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in liberta' condizionale nonche' delle restrizioni di liberta' subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 4 giugno 1997, n. 161, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, ultimo periodo, nella parte in cui non prevede che il condannato alla pena dell'ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti.


Art. 178 Riabilitazione 
La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.

Art. 179 Condizioni per la riabilitazione 
La riabilitazione e' conceduta quando siano decorsi cinque anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Il termine e' di dieci anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99.
Il termine e', parimenti, di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La riabilitazione non puo' essere conceduta quando il condannato:
1) sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato;
2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilita' di adempierle.

Art. 180 Revoca della sentenza di riabilitazione 
La sentenza di riabilitazione e' revocata di diritto se la persona riabilitata commette entro cinque anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a tre anni, od un'altra pena piu' grave.

Art. 181 Riabilitazione nel caso di condanna all'estero 
Le disposizioni relative alla riabilitazione si applicano anche nel caso di sentenze straniere di condanna, riconosciute a norma dell'articolo 12.

Capo III: DISPOSIZIONI COMUNI

Art. 182 Effetti delle cause di estinzione del reato o della pena 
Salvo che la legge disponga altrimenti, l'estinzione del reato o della pena ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce.

Art. 183 Concorso di cause estintive 
Le cause di estinzione del reato o della pena operano nel momento in cui esse intervengono.
Nel concorso di una causa che estingue il reato con una causa che estingue la pena, prevale la causa che estingue il reato, anche se e' intervenuta successivamente.
Quando intervengono in tempi diversi piu' cause di estinzione del reato o della pena, la causa antecedente estingue il reato o la pena, e quelle successive fanno cessare gli effetti che non siano ancora estinti in conseguenza della causa antecedente.
Se piu' cause intervengono contemporaneamente, la causa piu' favorevole opera l'estinzione del reato o della pena; ma anche in tal caso, per gli effetti che non siano estinti in conseguenza della causa piu' favorevole, si applica il capoverso precedente.

Art. 184 Estinzione della pena di morte, dell'ergastolo o di pene temporanee nel caso di concorso di reati 
Quando, per effetto di amnistia, indulto o grazia, la pena di morte o dell'ergastolo e' estinta, la pena detentiva temporanea, inflitta per il reato concorrente, e' eseguita per intero. Nondimeno, se il condannato ha gia' interamente subito l'isolamento diurno, applicato a norma del capoverso dell'articolo 72, la pena per il reato concorrente e' ridotta alla meta'; ed e' estinta, se il condannato e' stato detenuto per oltre trenta anni.
Se, per effetto di alcuna delle dette cause estintive, non deve essere scontata la pena detentiva temporanea inflitta, per il reato concorrente, al condannato all'ergastolo, non si applica l'isolamento diurno, stabilito nel capoverso dell'articolo 72. Se la pena detentiva deve essere scontata solo in parte, il periodo dell'isolamento diurno, applicato a norma del predetto articolo, puo' essere ridotto fino a tre mesi.

Titolo VII: DELLE SANZIONI CIVILI

Art. 185 Restituzioni e risarcimento del danno 
Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.

Art. 186 Riparazione del danno mediante pubblicazione della sentenza di condanna 
Oltre quanto prescritto nell'articolo precedente e in altre disposizioni di legge, ogni reato obbliga il colpevole alla pubblicazione, a sue spese, della sentenza di condanna, qualora la pubblicazione costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato.

Art. 187 Indivisibilita' e solidarieta' nelle obbligazioni "ex delicto" 
L'obbligo alle restituzioni e alla pubblicazione della sentenza penale di condanna e' indivisibile.
I condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale.

Art. 188 Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo al rimborso 
Il condannato e' obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, a norma delle leggi civili.
L'obbligazione non si estende alla persona civilmente responsabile, e non si trasmette agli eredi del condannato.

Art. 189 Ipoteca legale; sequestro 
Lo Stato ha ipoteca legale sui beni dell'imputato a garanzia del pagamento:
1) delle pene pecuniarie e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato;
2) delle spese del procedimento;
3) delle spese relative al mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena;
4) delle spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di cura e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermita';
5) delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno, comprese le spese processuali;
6) delle spese anticipate dal difensore e delle somme a lui dovute a titolo di onorario.
L'ipoteca legale non pregiudica il diritto degli interessati a iscrivere ipoteca giudiziale, dopo la sentenza di condanna, anche se non divenuta irrevocabile.
Se vi e' fondata ragione di temere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni per le quali e' ammessa l'ipoteca legale, puo' essere ordinato il sequestro dei beni mobili dell'imputato.
Gli effetti dell'ipoteca o del sequestro cessano con la sentenza irrevocabile di proscioglimento.
Se l'imputato offre cauzione, puo' non farsi luogo alla iscrizione della ipoteca legale o al sequestro.
Per effetto del sequestro i crediti indicati in questo articolo si considerano privilegiati rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento di tributi.

Art. 190 Garanzie sui beni della persona civilmente responsabile 
Le garanzie stabilite nell'articolo precedente si estendono anche ai beni della persona civilmente responsabile, limitatamente ai crediti indicati nei numeri 2, 4 e 5 del predetto articolo, qualora, per la ipoteca legale, sussistano le condizioni richieste per la iscrizione sui beni dell'imputato, e qualora, per il sequestro, concorrano, riguardo alla persona civilmente responsabile, le circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 191 Ordine dei crediti garantiti con ipoteca o sequestro 
Sul prezzo degli immobili ipotecati e dei mobili sequestrati a norma dei due articoli precedenti, e sulle somme versate a titolo di cauzione e non devolute alla Cassa delle ammende, sono pagate nell'ordine seguente:
1) le spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di cura e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermita';
2) le somme dovute a titolo di risarcimento di danni e di spese processuali al danneggiato, purche' il pagamento ne sia richiesto entro un anno dal giorno in cui la sentenza penale di condanna sia divenuta irrevocabile;
3) le spese anticipate dal difensore del condannato e la somma a lui dovuta a titolo di onorario;
4) le spese del procedimento;
5) le spese per il mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena.
Se l'esecuzione della pena non ha ancora avuto luogo, in tutto o in parte, e' depositata nella Cassa delle ammende una somma presumibilmente adeguata alle spese predette;
6) le pene pecuniarie e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.

Art. 192 Atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato 
Gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189.

Art. 193 Atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato 
Gli atti a titolo oneroso, eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio, i quali siano compiuti dal colpevole dopo il reato, si presumono fatti in frode rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189.
Nondimeno, per la revoca dell'atto, e' necessaria la prova della mala fede dell'altro contraente.

Art. 194 Atti a titolo oneroso o gratuito compiuti dal colpevole prima del reato 
Gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole prima del reato, non sono efficaci rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189, qualora si provi che furono da lui compiuti in frode.
La stessa disposizione si applica agli atti a titolo oneroso eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio; nondimeno, per la revoca dell'atto a titolo oneroso, e' necessaria la prova anche della mala fede dell'altro contraente.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano per gli atti anteriori di un anno al commesso reato.

Art. 195 Diritti dei terzi 
Nei casi preveduti dai tre articoli precedenti, i diritti dei terzi sono regolati dalle leggi civili.

Art. 196 Obbligazione civile per le multe e le ammende inflitte a persona dipendente 
Nei reati commessi da chi e' soggetto all'altrui autorita', direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorita', o incaricata della direzione o vigilanza, e' obbligata, in caso di insolvibilita' del condannato, al pagamento di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta al colpevole, se si tratta di violazioni di disposizioni che essa era tenuta a far osservare, e delle quali non debba rispondere penalmente.
Qualora la persona preposta risulti insolvibile, si applicano al condannato le disposizioni dell'art. 136.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 197 Obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende 
Gli enti forniti di personalita' giuridica, eccettuati lo Stato, le regioni, le province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualita' rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilita' del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta.
Se tale obbligazione non puo' essere adempiuta, si applicano al condannato le disposizioni dell'articolo 136.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 198 Effetti della estinzione del reato o della pena sulle obbligazioni civili 
L'estinzione del reato o della pena non importa la estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si tratti delle obbligazioni indicate nei due articoli precedenti.

Titolo VIII: DELLE MISURE AMMINISTRATIVE DI SICUREZZA
Capo I: DELLE MISURE DI SICUREZZA PERSONALI
Sezione I: DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 199 Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge 
Nessuno puo' essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti.

Art. 200 Applicabilita' delle misure di sicurezza rispetto al tempo, al territorio e alle persone 
Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione.
Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza e' diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.
Le misure di sicurezza si applicano anche agli stranieri, che si trovano nel territorio dello Stato.
Tuttavia l'applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l'espulsione di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

Art. 201 Misure di sicurezza per fatti commessi all'estero 
Quando, per un fatto commesso all'estero, si procede o si rinnova il giudizio nello Stato, e' applicabile la legge italiana anche riguardo alle misure di sicurezza.
Nel caso indicato nell'articolo 12, n. 3, l'applicazione delle misure di sicurezza stabilite dalla legge italiana e' sempre subordinata all'accertamento che la persona sia socialmente pericolosa.

Art. 202 Applicabilita' delle misure di sicurezza 
Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato.
La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.

Art. 203 Pericolosita' sociale 
Agli effetti della legge penale, e' socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando e' probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualita' di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell'articolo 133.

Art. 204 Articolo abrogato dalla L. 10 ottobre 1986, n. 663.

Art. 205 Provvedimento del giudice 
Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa sentenza di condanna o di proscioglimento.
Possono essere ordinate con provvedimento successivo:
1) nel caso di condanna, durante l'esecuzione della pena o durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena;
2) nel caso di proscioglimento, qualora la qualita' di persona socialmente pericolosa sia presunta, e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza (1);
3) in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente cpv. n. 2, nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell'imputato prosciolto per infermita' psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosita' sociale derivante dalla infermita' medesima al tempo dell'applicazione della misura.

Art. 206 Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza 
Durante la istruzione o il giudizio, puo' disporsi che il minore di eta', o l'infermo di mente, o l'ubriaco abituale, o la persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti, o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti, siano provvisoriamente ricoverati in un riformatorio, o in un manicomio giudiziale, o in una casa di cura e di custodia.
Il giudice revoca l'ordine, quando ritenga che tali persone non siano piu' socialmente pericolose.
Il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza e' computato nella durata minima di essa.

Art. 207 Revoca delle misure di sicurezza personali 
Le misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse sottoposte non hanno cessato di essere socialmente pericolose.
La revoca non puo' essere ordinata se non e' decorso un tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge per ciascuna misura di sicurezza (1).
L'articolo comprendeva un terzo comma abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, che precedentemente, la Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile 1974, n. 110, aveva dichiarato illegittimo nella parte in cui attribuiva al Ministro di grazia e giustizia  anziche' al giudice di sorveglianza  il potere di revocare le misure di sicurezza.
(1)La Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile 1974, n. 110, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo comma nella parte in cui non consente la revoca delle misure di sicurezza prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge.


Art. 208 Riesame della pericolosita' 
Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi e' sottoposta, per stabilire se essa e' ancora socialmente pericolosa.
Qualora la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice puo', in ogni tempo, procedere a nuovi accertamenti.

Art. 209 Persona giudicata per piu' fatti 
Quando una persona ha commesso, anche in tempi diversi, piu' fatti per i quali siano applicabili piu' misure di sicurezza della medesima specie, e' ordinata una sola misura di sicurezza.
Se le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice valuta complessivamente il pericolo che deriva dalla persona e, in relazione ad esso, applica una o piu' delle misure di sicurezza stabilite dalla legge.
Sono in ogni caso applicate le misure di sicurezza detentive, alle quali debba essere sottoposta la persona, a cagione del pericolo presunto dalla legge.
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di misure di sicurezza in corso di esecuzione, o delle quali non siasi ancora iniziata l'esecuzione.

Art. 210 Effetti della estinzione del reato o della pena 
La estinzione del reato impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione.
L'estinzione della pena impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza che sono state gia' ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno, alla colonia agricola e alla casa di lavoro e' sostituita la liberta' vigilata.
Qualora per effetto di indulto o di grazia non debba essere eseguita la pena di morte (1) , ovvero, in tutto o in parte, la pena dell'ergastolo, il condannato e' sottoposto a liberta' vigilata per un tempo non inferiore a tre anni.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 211 Esecuzione delle misure di sicurezza 
Le misure di sicurezza aggiunte a una pena detentiva sono eseguite dopo che la pena e' stata scontata o e' altrimenti estinta.
Le misure di sicurezza, aggiunte a pena non detentiva, sono eseguite dopo che la sentenza di condanna e' divenuta irrevocabile.
L'esecuzione delle misure di sicurezza temporanee non detentive, aggiunte a misure di sicurezza detentive, ha luogo dopo la esecuzione di queste ultime.

Art. 212 Casi di sospensione o di trasformazione di misure di sicurezza 
L'esecuzione di una misura di sicurezza applicata a persona imputabile e' sospesa se questa deve scontare una pena detentiva, e riprende il suo corso dopo l'esecuzione della pena.
Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva e' colpita da un'infermita' psichica, il giudice ne ordina il ricovero in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia.
Quando sia cessata la infermita', il giudice, accertato che la persona e' socialmente pericolosa, ordina che essa sia assegnata ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero a un riformatorio giudiziario, se non crede di sottoporla a liberta' vigilata.
Se l'infermita' psichica colpisce persona sottoposta a misura di sicurezza non detentiva o a cauzione di buona condotta, e l'infermo viene ricoverato in un manicomio comune, cessa l'esecuzione di dette misure. Nondimeno, se si tratta di persona sottoposta a misura di sicurezza personale non detentiva, il giudice, cessata l'infermita', procede a nuovo accertamento ed applica una misura di sicurezza personale non detentiva qualora la persona risulti ancora pericolosa.

Art. 213 Stabilimenti destinati alla esecuzione delle misure di sicurezza detentive. Regime educativo, curativo e di lavoro 
Le misure di sicurezza detentive sono eseguite negli stabilimenti a cio' destinati.
Le donne sono assegnate a stabilimenti separati da quelli destinati agli uomini.
In ciascuno degli stabilimenti e' adottato un particolare regime educativo o curativo e di lavoro, avuto riguardo alle tendenze e alle abitudini criminose della persona e, in genere, al pericolo sociale che da essa deriva.
Il lavoro e' remunerato. Dalla remunerazione e' prelevata una quota per il rimborso delle spese di mantenimento.
Per quanto concerne il mantenimento dei ricoverati nei manicomi giudiziari, si osservano le disposizioni sul rimborso delle spese di spedalita'.

Art. 214 Inosservanza delle misure di sicurezza detentive 
Nel caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal giorno in cui a questa e' data nuovamente esecuzione.
Tale disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in un manicomio giudiziario o in una casa di cura e di custodia.

Sezione II: DISPOSIZIONI SPECIALI

Art. 215 Specie 
Le misure di sicurezza personali si distinguono in detentive e non detentive.
Sono misure di sicurezza detentive:
1) l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro;
2) il ricovero in una casa di cura e di custodia;
3) il ricorso in un manicomio giudiziario;
4) il ricovero in un riformatorio giudiziario.
Sono misure di sicurezza non detentive:
1) la liberta' vigilata:
2) il divieto di soggiorno in uno o piu' Comuni, o in una o piu' Province;
3) il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
4) l'espulsione dello straniero dallo Stato.
Quando la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie, il giudice dispone che si applichi la liberta' vigilata, a meno che, trattandosi di un condannato per delitto, ritenga di disporre l'assegnazione di lui a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

Art. 216 Assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro 
Sono assegnati ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro:
1) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
2) coloro che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e non essendo piu' sottoposti a misura di sicurezza, commettono un nuovo delitto, non colposo, che sia nuova manifestazione della abitualita', della professionalita' o della tendenza a delinquere;
3) le persone condannate o prosciolte, negli altri casi indicati espressamente nella legge.

Art. 217 Durata minima 
La assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro ha la durata minima di un anno. Per i delinquenti abituali, la durata minima e' di due anni, per i delinquenti professionali di tre anni, ed e' di quattro anni per i delinquenti per tendenza.

Art. 218 Esecuzione 
Nelle colonie agricole e nelle case di lavoro i delinquenti abituali o professionali e quelli per tendenza sono assegnati a sezioni speciali.
Il giudice stabilisce se la misura di sicurezza debba essere eseguita in una colonia agricola, ovvero in una casa di lavoro, tenuto conto delle condizioni e attitudini della persona a cui il provvedimento si riferisce. Il provvedimento puo' essere modificato nel corso della esecuzione.

Art. 219 Assegnazione a una casa di cura e di custodia 
Il condannato, per un delitto non colposo, a una pena diminuita per cagione di infermita' psichica, o di cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per cagione di sordomutismo, e' ricoverato in una casa di cura e di custodia per un tempo non inferiore a un anno, quando la pena stabilita dalla legge non e' inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione (1) .
Se per il delitto commesso e' stabilita dalla legge la pena di morte (2) o la pena dell'ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, la misura di sicurezza e' ordinata per un tempo non inferiore a tre anni (1).
Se si tratta di un altro reato, per il quale la legge stabilisce la pena detentiva, e risulta che il condannato e' persona socialmente pericolosa, il ricovero in una casa di cura e di custodia e' ordinato per un tempo non inferiore a sei mesi; tuttavia il giudice puo' sostituire alla misura del ricovero quella della liberta' vigilata. Tale sostituzione non ha luogo, qualora si tratti di condannati a pena diminuita per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti (3).
Quando deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia, non si applica altra misura di sicurezza detentiva.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 249, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del primo comma nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell'imputato condannato per delitto non colposo ad una pena diminuita per cagione di infermita' psichica al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosita' sociale derivante dalla infermita' medesima, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza, e ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, del secondo comma nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell'imputato condannato ad una pena diminuita per cagione di infermita' psichica per un delitto per il quale e' stabilita dalla legge la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosita' sociale derivante dalla infermita' medesima, al tempo della applicazione della misura di sicurezza.
(2) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia al previo accertamento della pericolosita' sociale derivante dalla seminfermita' di mente, soltanto nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della sua esecuzione.


Art. 220 Esecuzione dell'ordine di ricovero 
L'ordine di ricovero del condannato nella casa di cura e di custodia e' eseguito dopo che la pena restrittiva della liberta' personale sia stata scontata o sia altrimenti estinta.
Il giudice, nondimeno, tenuto conto delle particolari condizioni di infermita' psichica del condannato, puo' disporre che il ricovero venga eseguito prima che sia iniziata o abbia termine la esecuzione della pena restrittiva della liberta' personale.
Il provvedimento e' revocato quando siano venute meno le ragioni che lo determinarono, ma non prima che sia decorso il termine minimo stabilito nell'articolo precedente.
Il condannato, dimesso dalla casa di cura e di custodia, e' sottoposto all'esecuzione della pena.

Art. 221 Ubriachi abituali 
Quando non debba essere ordinata altra misura di sicurezza detentiva, i condannati alla reclusione per delitti commessi in stato di ubriachezza, qualora questa sia abituale, o per delitti commessi sotto l'azione di sostanze stupefacenti all'uso delle quali siano dediti, sono ricoverati in una casa di cura e di custodia.
Tuttavia, se si tratta di delitti per i quali sia stata inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, al ricovero in una casa di cura e di custodia puo' essere sostituita la liberta' vigilata.
Il ricovero ha luogo in sezioni speciali, e ha la durata minima di sei mesi.

Art. 222 Ricovero in un manicomio giudiziario 
Nel caso di proscioglimento per infermita' psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, e' sempre ordinato il ricovero dell'imputato in un manicomio giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento e' comunicata all'autorita' di pubblica sicurezza (1).
La durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario e' di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte (2) o l'ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni.
Nel caso in cui la persona ricoverata in un manicomio giudiziario debba scontare una pena restrittiva della liberta' personale, l'esecuzione di questa e' differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di eta', quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell'articolo stesso.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell'imputato prosciolto per infermita' psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosita' sociale derivante dalla infermita' medesima al tempo dell'applicazione della misura.
(2) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 223 Ricovero dei minori in un riformatorio giudiziario 
Il ricovero in un riformatorio giudiziario e' misura di sicurezza speciale per i minori, e non puo' avere durata inferiore a un anno.
Qualora tale misura di sicurezza debba essere, in tutto o in parte, applicata o eseguita dopo che il minore abbia compiuto gli anni diciotto, ad essa e' sostituita la liberta' vigilata, salvo che il giudice ritenga di ordinare l'assegnazione a una colonia agricola, o ad una casa di lavoro.

Art. 224 Minore non imputabile 
Qualora il fatto commesso da un minore degli anni quattordici sia preveduto dalla legge come delitto, ed egli sia pericoloso, il giudice, tenuto specialmente conto della gravita' del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore e' vissuto, ordina che questi sia ricoverato nel riformatorio giudiziario o posto in liberta' vigilata.
Se, per il delitto, la legge stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e non si tratta di delitto colposo, e' sempre ordinato il ricovero del minore nel riformatorio per un tempo non inferiore a tre anni (2).
Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore che, nel momento in cui ha commesso il fatto preveduto dalla legge come delitto, aveva compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, se egli sia riconosciuto non imputabile, a norma dell'articolo 98.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 20 gennaio 1971, n. 1, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo comma nella parte in cui rende obbligatorio ed automatico, per i minori degli anni 14, il ricovero, per almeno tre anni, in riformatorio giudiziario.


Art. 225 Minore imputabile 
Quando il minore che ha compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, sia riconosciuto imputabile, il giudice puo' ordinare che, dopo l'esecuzione della pena, egli sia ricoverato in un riformatorio giudiziario o posto in liberta' vigilata, tenuto conto delle circostanze indicate nella prima parte dell'articolo precedente.
E' sempre applicata una delle predette misure di sicurezza al minore che sia condannato per delitto durante la esecuzione di una misura di sicurezza, a lui precedentemente applicata per difetto d'imputabilita'.

Art. 226 Minore delinquente abituale, professionale o per tendenza 
Il ricovero in un riformatorio giudiziario e' sempre ordinato per il minore degli anni diciotto, che sia delinquente abituale o professionale, ovvero delinquente per tendenza; e non puo' avere durata inferiore a tre anni. Quando egli ha compiuto gli anni ventuno, il giudice ne ordina l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La legge determina gli altri casi nei quali deve essere ordinato il ricovero del minore in un riformatorio giudiziario.

Art. 227 Riformatori speciali 
Quando la legge stabilisce che il ricovero in un riformatorio giudiziario sia ordinato senza che occorra accertare che il minore e' socialmente pericoloso, questi e' assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari.
Puo' altresi' essere assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari il minore che, durante il ricovero nello stabilimento ordinario, si sia rivelato particolarmente pericoloso.

Art. 228 Liberta' vigilata 
La sorveglianza della persona in stato di liberta' vigilata e' affidata all'autorita' di pubblica sicurezza.
Alla persona in stato di liberta' vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati.
Tali prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o limitate.
La sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
La liberta' vigilata non puo' avere durata inferiore a un anno.
Per la vigilanza sui minori si osservano le disposizioni precedenti, in quanto non provvedano leggi speciali.

Art. 229 Casi nei quali puo' essere ordinata la liberta' vigilata 
Oltre quanto e' prescritto da speciali disposizioni di legge, la liberta' vigilata puo' essere ordinata:
1) nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno;
2) nei casi in cui questo codice autorizza una misura di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.

Art. 230 Casi nei quali deve essere ordinata la liberta' vigilata 
La liberta' vigilata e' sempre ordinata:
1) se e' inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e non puo', in tal caso, avere durata inferiore a tre anni;
2) quando il condannato e' ammesso alla liberazione condizionale;
3) se il contravventore abituale o professionale, non essendo piu' sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione di abitualita' o professionalita';
4) negli altri casi determinati dalla legge.
Nel caso in cui sia stata disposta l'assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro, il giudice, al termine dell'assegnazione, puo' ordinare che la persona da dimettere sia posta in liberta' vigilata, ovvero puo' obbligarla a cauzione di buona condotta.

Art. 231 Trasgressione degli obblighi imposti 
Fuori del caso preveduto dalla prima parte dell'articolo 177, quando la persona in stato di liberta' vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il giudice puo' aggiungere alla liberta' vigilata la cauzione di buona condotta.
Avuto riguardo alla particolare gravita' della trasgressione o al ripetersi della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione, il giudice puo' sostituire alla liberta' vigilata l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero, se si tratta di un minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario.

Art. 232 Minori o infermi di mente in stato di liberta' vigilata 
La persona di eta' minore o in stato di infermita' psichica non puo' essere posta in liberta' vigilata, se non quando sia possibile affidarla ai genitori, o a coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione o assistenza, ovvero a istituti di assistenza sociale.
Qualora tale affidamento non sia possibile o non sia ritenuto opportuno, e' ordinato, o mantenuto, secondo i casi, il ricovero nel riformatorio, o nella casa di cura e di custodia.
Se, durante la liberta' vigilata, il minore non da' prova di ravvedimento o la persona in stato di infermita' psichica si rivela di nuovo pericolosa, alla liberta' vigilata e' sostituito, rispettivamente, il ricovero in un riformatorio o il ricovero in una casa di cura e di custodia.

Art. 233 Divieto di soggiorno in uno o piu' Comuni o in una o piu' Province 
Al colpevole di un delitto contro la personalita' dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici o occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo, puo' essere imposto il divieto di soggiorno in uno o piu' Comuni o in una o piu' Province, designati dal giudice.
Il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un anno.
Nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine minimo, e puo' essere ordinata inoltre la liberta' vigilata.

Art. 234 Divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche 
Il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche ha la durata minima di un anno.
Il divieto e' sempre aggiunto alla pena, quando si tratta di condannati per ubriachezza abituale o per reati commessi in stato di ubriachezza, sempre che questa sia abituale.
Nel caso di trasgressione, puo' essere ordinata inoltre la liberta' vigilata o la prestazione di una cauzione di buona condotta.

Art. 235 Espulsione dello straniero dallo Stato 
L'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato e' ordinata dal giudice, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni.
Allo straniero che trasgredisce all'ordine di espulsione, pronunciato dal giudice, si applicano le sanzioni stabilite dalle leggi di sicurezza pubblica per il caso di contravvenzione all'ordine di espulsione emanato dall'Autorita' amministrativa.

Capo II: DELLE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI

Art. 236 Specie: regole generali 
Sono misure di sicurezza patrimoniali, oltre quelle stabilite da particolari disposizioni di legge:
1) la cauzione di buona condotta;
2) la confisca.
Si applicano anche alle misure di sicurezza patrimoniali le disposizioni degli articoli 199, 200, prima parte, 201, prima parte, 205, prima parte e n. 3 del capoverso, e, salvo che si tratti di confisca, le disposizioni del primo e secondo capoverso dell'articolo 200 e quelle dell'articolo 210.
Alla cauzione di buona condotta si applicano altresi' le disposizioni degli articoli 202, 203, 204, prima parte, e 207.

Art. 237 Cauzione di buona condotta 
La cauzione di buona condotta e' data mediante deposito, presso la Cassa delle ammende, di una somma non inferiore a lire duecentomila, ne' superiore a lire quattro milioni.
In luogo del deposito, e' ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca, o anche mediante fideiussione solidale.
La durata della misura di sicurezza non puo' essere inferiore a un anno, ne' superiore a cinque; e decorre dal giorno in cui la cauzione fu prestata.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 238 Inadempimento dell'obbligo di prestare cauzione 
Qualora il deposito della somma non sia eseguito o la garanzia non sia prestata, il giudice sostituisce alla cauzione la liberta' vigilata.

Art. 239 Adempimento o trasgressione dell'obbligo di buona condotta 
Se, durante l'esecuzione della misura di sicurezza, chi vi e' sottoposto non commette alcun delitto, ovvero alcuna contravvenzione per la quale la legge stabilisce la pena dell'arresto, e' ordinata la restituzione della somma depositata o la cancellazione della ipoteca; e la fideiussione si estingue. In caso diverso, la somma depositata, o per la quale fu data garanzia, e' devoluta alla Cassa delle ammende.

Art. 240 Confisca 
Nel caso di condanna, il giudice puo' ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.
E' sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non e' stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

Libro secondo: DEI DELITTI IN PARTICOLARE
Titolo I: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITA' DELLO STATO
Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITA' INTERNAZIONALE DELLO STATO

Art. 241 Attentati contro la integrita', l'indipendenza o l'unita' dello Stato 
Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranita' di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza dello Stato e' punito con la morte (1).
Alla stessa pena soggiace chiunque commette un fatto diretto a disciogliere l'unita' dello Stato, o a distaccare dalla madre Patria una colonia o un altro territorio soggetto, anche temporaneamente, alla sua sovranita'.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 242 Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano 
Il cittadino che porta le armi contro lo Stato, o presta servizio nelle forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano, e' punito con l'ergastolo. Se esercita un comando superiore o una funzione direttiva e' punito con la morte (1).
Non e' punibile chi, trovandosi, durante le ostilita', nel territorio dello Stato nemico, ha commesso il fatto per esservi stato costretto da un obbligo impostogli dalle leggi dello Stato medesimo.
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo e' considerato "cittadino" anche chi ha perduto per qualunque causa la cittadinanza italiana.
Agli effetti della legge penale, sono considerati "Stati in guerra" contro lo Stato italiano anche gli aggregati politici che, sebbene dallo Stato italiano non riconosciuti come Stati, abbiano tuttavia il trattamento di belligeranti.
(1)La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 243 Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra. contro lo Stato italiano 
Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinche' uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilita' contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, e' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Se la guerra segue, si applica la pena di morte (1); se le ostilita' si verificano, si applica l'ergastolo.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 244 Atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra 
Chiunque, senza l'approvazione del Governo, fa arruolamenti o compie altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra, e' punito con la reclusione da cinque a dodici anni; se la guerra avviene, e' punito con l'ergastolo.
Qualora gli atti ostili siano tali da turbare soltanto le relazioni con un Governo estero, ovvero da esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini, ovunque residenti, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena e' della reclusione da due a otto anni. Se segue la rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le rappresaglie o le ritorsioni, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 245 Intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralita' o alla guerra 
Chiunque tiene intelligenze con lo straniero per impegnare o per compiere atti diretti a impegnare lo Stato italiano alla dichiarazione o al mantenimento della neutralita', ovvero alla dichiarazione di guerra, e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena e' aumentata se le intelligenze hanno per oggetto una propaganda col mezzo della stampa.

Art. 246 Corruzione del cittadino da parte dello straniero 
Il cittadino, che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per se' o per altri, denaro o qualsiasi utilita', o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, e' punito, se il fatto non costituisce un piu' grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire un milione a quattro milioni.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che da' o promette il denaro o l'utilita'.
La pena e' aumentata:
1) se il fatto e' commesso in tempo di guerra;
2) se il denaro o l'utilita' sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.

Art. 247 Favoreggiamento bellico 
Chiunque, in tempo di guerra, tiene intelligenze con lo straniero per favorire le operazioni militari del nemico a danno dello Stato italiano, o per nuocere altrimenti alle operazioni militari dello Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti agli stessi scopi, e' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni; e, se raggiunge l'intento, con la morte (1).
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 248 Somministrazione al nemico di provvigioni 
Chiunque, in tempo di guerra, somministra, anche indirettamente, allo Stato nemico provvigioni, ovvero altre cose, le quali possano essere usate a danno dello Stato italiano, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.

Art. 249 Partecipazione a prestiti a favore del nemico 
Chiunque, in tempo di guerra, partecipa a prestiti o a versamenti a favore dello Stato nemico, o agevola le operazioni ad essi relative, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.

Art. 250 Commercio col nemico 
Il cittadino, o lo straniero dimorante nel territorio dello Stato, il quale, in tempo di guerra e fuori dei casi indicati nell'articolo 248, commercia, anche indirettamente, con sudditi dello Stato nemico, ovunque dimoranti, ovvero con altre persone dimoranti nel territorio dello Stato nemico, e' punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della merce e, in ogni caso, non inferiore a lire duemilioni.

Art. 251 Inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra 
Chiunque, in tempo di guerra, non adempie in tutto o in parte gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura di cose o di opere concluso con lo Stato o con un altro ente pubblico o con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessita', per i bisogni delle forze armate dello Stato o della popolazione, e' punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa pari al triplo del valore della cosa o dell'opera che egli avrebbe dovuto fornire e, in ogni caso, non inferiore a lire due milioni.
Se l'inadempimento, totale o parziale, del contratto e' dovuto a colpa, le pene sono ridotte alla meta'.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, allorche' essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno cagionato l'inadempimento del contratto di fornitura.

Art. 252 Frode in forniture in tempo di guerra 
Chiunque, in tempo di guerra, commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente e' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della cosa o dell'opera che avrebbe dovuto fornire, e, in ogni caso, non inferiore a lire quattro milioni.

Art. 253 Distruzione o sabotaggio di opere militari 
Chiunque distrugge, o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle forze armate dello Stato e' punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si applica la pena di morte (1):
1) se il fatto e' commesso nell'interesse di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano;
2) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 254 Agevolazione colposa 
Quando l'esecuzione del delitto preveduto dall'articolo precedente e' stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso o aveva la custodia o la vigilanza delle cose ivi indicate, questi e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 255 Soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato 
Chiunque, in tutto o in parte, distrugge o falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche temporaneamente, atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato od altro interesse politico, interno o internazionale, dello Stato e' punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 256 Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato 
Chiunque si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale.
Se si tratta di notizie di cui l'Autorita' competente ha vietato la divulgazione, la pena e' della reclusione da due a otto anni.
Si applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 257 Spionaggio politico o militare 
Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete, e' punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Si applica la pena di morte (1):
1) se il fatto e' commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano;
2) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 258 Spionaggio di notizie di cui e' stata vietata la divulgazione 
Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie di cui l'Autorita' competente ha vietato la divulgazione e' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Si applica l'ergastolo se il fatto e' commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano.
Si applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 259 Agevolazione colposa 
Quando l'esecuzione di alcuni dei delitti preveduti dagli articoli 255, 256, 257 e 258 e' stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso dell'atto o documento o a cognizione della notizia, questi e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre a quindici anni se sono state compromesse la preparazione o la efficienza bellica dello Stato ovvero le operazioni militari.
Le stesse pene si applicano quando l'esecuzione dei delitti suddetti e' stata resa possibile o soltanto agevolata per colpa di chi aveva la custodia o la vigilanza dei luoghi o delle zone di terra, di acqua o di aria, nelle quali e' vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato.

Art. 260 Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio 
E' punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
1) si introduce clandestinamente o con inganno in luoghi o zone di terra, di acqua o di aria, in cui e' vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato;
2) e' colto, in tali luoghi o zone, o in loro prossimita', in possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere alcuni dei delitti preveduti dagli articoli 256, 257 e 258;
3) e' colto in possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra cosa atta a fornire le notizie indicate nell'articolo 256.
Se alcuno dei fatti preveduti dai numeri precedenti e' commesso in tempo di guerra, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 261 Rivelazione di segreti di Stato 
Chiunque rivela taluna delle notizie di carattere segreto indicate nell'articolo 256 e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Se il fatto e' commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena della reclusione non puo' essere inferiore a dieci anni.
Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la pena dell'ergastolo; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena di morte (1).
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.
Se il fatto e' commesso per colpa, la pena e' della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 262 Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione 
Chiunque rivela notizie, delle quali l'Autorita' competente ha vietato la divulgazione, e' punito con la reclusione non inferiore a tre anni.
Se il fatto e' commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena e' della reclusione non inferiore a dieci anni.
Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la reclusione non inferiore a quindici anni; e, nei casi preveduti dal primo capoverso la pena di morte (1).
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti ai applicano anche a chi ottiene la notizia.
Se il fatto e' commesso per colpa, la pena e' della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 263 Utilizzazione dei segreti di Stato 
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega a proprio o altrui profitto invenzioni o scoperte scientifiche o nuove applicazioni industriali che egli conosca per ragione del suo ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete nell'interesse della sicurezza dello Stato, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a lire due milioni.
Se il fatto e' commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano, o se ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari, il colpevole e' punito con la morte (1).
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 264 Infedelta' in affari di Stato 
Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato, si rende infedele al mandato e' punito, se dal fatto possa derivare nocumento all'interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 265 Disfattismo politico 
Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attivita' tale da recare nocumento agli interessi nazionali, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
La pena e' non inferiore a quindici anni:
1) se il fatto e' commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2) se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.
La pena e' dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.

Art. 266 Istigazione di militari a disobbedire alle leggi 
Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l'apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, e' punito, per cio' solo, se il fatto non costituisce un piu' grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni.
La pena e' della reclusione da due a cinque anni se il fatto e' commesso pubblicamente.
Le pene sono aumentate se il fatto e' commesso in tempo di guerra.
Agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto e' commesso:
1) col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di piu' persone;
3) in una riunione che, per il luogo in cui e' tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.
La Corte costituzionale, con sentenza 21 marzo 1989, n. 139, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede che per l'istigazione di militari a commettere un reato militare la pena sia sempre applicata in misura inferiore alla meta' della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l'istigazione.

Art. 267 Disfattismo economico 
Chiunque, in tempo di guerra, adopera mezzi diretti a deprimere il corso dei cambi, o ad influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati, in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a lire sei milioni.
Se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero, la reclusione non puo' essere inferiore a dieci anni.
La reclusione non e' inferiore a quindici anni se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.

Art. 268 Parificazione degli Stati alleati 
Le pene stabilite negli articoli 247 e seguenti si applicano anche quando il delitto e' commesso a danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, con lo Stato italiano.

Art. 269 Attivita' antinazionale del cittadino all'estero 
Il cittadino, che, fuori del territorio dello Stato, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato, per modo da menomare il credito o il prestigio dello Stato all'estero, o svolge comunque un'attivita' tale da recare nocumento agli interessi nazionali, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 270 Associazioni sovversive 
Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti economicosociali costituiti nello Stato, e' punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione violenta di ogni ordinamento politico e giuridico della societa'.
Chiunque partecipa a tali associazioni e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni predette, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento.

Art. 270 bis Associazioni con finalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico 
Chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongono il compito di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine democratico e' punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni e' punito con la reclusione da quattro a otto anni.
Articolo aggiunto dal D.L. 15 dicembre 1979, n. 625.

Art. 271 Associazioni antinazionali 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongono di svolgere o che svolgono un'attivita' diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Si applica l'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 272 Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale 
Chiunque nel territorio dello Stato fa propaganda per la instaurazione violenta della dittatura di una classe sociale sulle altre, o per la soppressione violenta di una classe sociale o, comunque, per il sovvertimento violento degli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato, ovvero fa propaganda per la distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico della societa', e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se la propaganda e' fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale, la pena e' della reclusione da sei mesi a due anni (1).
Alle stesse pene soggiace chi fa apologia dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 6 luglio 1966, n. 87, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo comma.

Art. 273 Illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale 
Chiunque senza autorizzazione del Governo promuove, costituisce, organizza o dirige nel territorio dello Stato associazioni, enti o istituti di carattere internazionale, o sezioni di essi, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire un milione a quattro milioni.
Se l'autorizzazione e' stata ottenuta per effetto di dichiarazioni false o reticenti, la pena e' della reclusione da uno a cinque anni e della multa non inferiore a lire due milioni.
La Corte costituzionale, con sentenza 3 luglio 1985, n. 193, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo.

Art. 274 Illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale 
Chiunque partecipa nel territorio dello Stato ad associazioni, enti o istituti, o sezioni di essi, di carattere internazionale, per i quali non sia stata conceduta l'autorizzazione del Governo, e' punito con la multa da lire duecentomila a due milioni.
La stessa pena si applica al cittadino, residente nel territorio dello Stato, che senza l'autorizzazione del Governo partecipa ad associazioni, enti o istituti di carattere internazionale, che abbiano sede all'estero.
La Corte costiuzionale, con sentenza 28 giugno 1985, n. 193, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo.

Art. 275 Accettazione di onorificenze o utilita' da uno Stato nemico 
Il cittadino, che, da uno Stato in guerra con lo Stato italiano, accetta gradi o dignita' accademiche, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, pensioni o altre utilita', inerenti ai predetti gradi, dignita', titoli, decorazioni o onorificenze, e' punito con la reclusione fino a un anno.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITA' INTERNA DELLO STATO

Art. 276 Attentato contro il Presidente della Repubblica 
Chiunque attenta alla vita, alla incolumita' o alla liberta' personale del Presidente della Repubblica, e' punito con l'ergastolo.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 277 Offesa alla liberta' del Presidente della Repubblica 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, attenta alla liberta' del Presidente della Repubblica e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 278 Offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica 
Chiunque offende l'onore o il prestigio del Presidente della Repubblica e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 279 Lesa prerogativa della irresponsabilita' del Presidente della Repubblica 
Chiunque, pubblicamente, fa risalire al Presidente della Repubblica il biasimo o la responsabilita' degli atti del Governo e' punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 280 Attentato per finalita' terroristiche o di eversione 
Chiunque, per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico attenta alla vita od alla incolumita' di una persona, e' punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei.
Se dall'attentato alla incolumita' di una persona deriva una lesione gravissima, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni diciotto; se ne deriva una lesione grave, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni dodici.
Se i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che esercitano funzioni giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, le pene sono aumentate di un terzo.
Se dai fatti di cui ai commi precedenti deriva la morte della persona si applicano, nel caso di attentato alla vita, l'ergastolo e, nel caso di attentato alla incolumita', la reclusione di anni trenta.
Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste nel secondo e quarto comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste (1).
(1)L'articolo originario era stato abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288. L'attuale articolo e' stato inserito dal D.L. 15 dicembre 1979, n. 625.

Art. 281 Articolo abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.

Art. 282 Articolo abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.

Art. 283 Attentato contro la costituzione dello Stato 
Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato, e' punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 284 Insurrezione armata contro i poteri dello Stato 
Chiunque promuove un'insurrezione armata contro i poteri dello Stato e' punito con l'ergastolo e, se l'insurrezione avviene, con la morte (1).
Coloro che partecipano alla insurrezione sono puniti con la reclusione da tre a quindici anni; coloro che la dirigono, con la morte (1).
La insurrezione si considera armata anche se le armi sono soltanto tenute in un luogo di deposito.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 285 Devastazione, saccheggio e strage 
Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso e' punito con la morte (1).
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 286 Guerra civile 
Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato, e' punito con l'ergastolo.
Se la guerra civile avviene, il colpevole e' punito con la morte (1).
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 287 Usurpazione di potere politico o di comando militare 
Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell'esercitarlo indebitamente, e' punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Alla stessa pena soggiace chiunque indebitamente assume un alto comando militare.
Se il fatto e' commesso in tempo di guerra, il colpevole e' punito con l'ergastolo; ed e' punito con la morte (1), se il fatto ha compromesso l'esito delle operazioni militari.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 288 Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero 
Chiunque, nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perche' militino al servizio o a favore dello straniero, e' punito con la reclusione da tre a sei anni.
La pena e' aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.

Art. 289 Attentato contro gli organi costituzionali e contro le assemblee regionali 
E' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un piu' grave delitto, chiunque commette un fatto diretto ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1) al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge;
2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' diretto soltanto a turbare l'esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni suddette.
Articolo cosi' modificato dalla L. 30 luglio 1957, n. 655.

Art. 289 bis Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione 
Chiunque per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico sequestra una persona e' punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole e' punito con la reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Il concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la liberta' e' punito con la reclusione da due a otto anni; se il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena e' della reclusione da otto a diciotto anni.
Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma e' sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma e' sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono piu' circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non puo' essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.
Articolo aggiunto dal D.L. 21 marzo 1978, n. 59.

Art. 290 Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate 
Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo, o la Corte costituzionale, o l'ordine giudiziario e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o quelle della liberazione.
Articolo cosi' modificato dalla L. 30 luglio 1957, n. 655.

Art. 290 bis Parificazione al Presidente della Repubblica di chi ne fa le veci 
Agli effetti degli articoli 276, 277, 278, 279, 289 e' parificato al Presidente della Repubblica chi ne fa le veci.
Articolo aggiunto dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 291 Vilipendio alla nazione italiana 
Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 292 Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato 
Chiunque vilipende la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
Agli effetti della legge penale, per "bandiera nazionale" s'intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi vilipende i colori nazionali raffigurati su cosa diversa da una bandiera.

Art. 292 bis Circostanza aggravante 
La pena prevista nei casi indicati dagli articoli 278 (offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica), 290, comma secondo (vilipendio delle Forze armate) , e 292 (vilipendio della bandiera o di altro emblema dello Stato) e' aumentata, se il fatto e' commesso dal militare in congedo.
Si considera militare in congedo chi, non essendo in servizio alle armi, non ha cessato di appartenere alle Forze armate dello Stato, ai sensi degli articoli 8 e 9 del codice penale militare di pace.
Articolo aggiunto dalla L. 23 marzo 1956, n. 167.

Art. 293 Circostanza aggravante 
Nei casi indicati dai due articoli precedenti, la pena e' aumentata se il fatto e' commesso dal cittadino in territorio estero.

Capo III: DEI DELITTI CONTRO I DIRITTI POLITICI DEL CITTADINO

Art. 294 Attentati contro i diritti politici del cittadino 
Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volonta', e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Capo IV: DEI DELITTI CONTRO GLI STATI ESTERI I LORO CAPI E I LORO RAPPRESENTANTI

Art. 295 Attentato contro i Capi di Stati esteri 
Chiunque nel territorio dello Stato attenta alla vita, alla incolumita' o alla liberta' personale del Capo di uno Stato estero e' punito, nel caso di attentato alla vita, con la reclusione non inferiore a venti anni e, negli altri casi, con la reclusione non inferiore a quindici anni. Se dal fatto e' derivata la morte del Capo dello Stato estero, il colpevole e' punito con la morte (1) nel caso di attentato alla vita; negli altri casi e' punito con l'ergastolo.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 296 Offesa alla liberta' dei Capi di Stati esteri 
Chiunque nel territorio dello Stato, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, attenta alla liberta' del Capo di uno Stato estero e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Art. 297 Offesa all'onore dei Capi di Stati esteri 
Chiunque nel territorio dello Stato offende l'onore o il prestigio del Capo di uno Stato estero e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 298 Offese contro i rappresentanti di Stati esteri 
Le disposizioni dei tre articoli precedenti si applicano anche se i fatti, ivi preveduti, sono commessi contro rappresentanti di Stati esteri, accreditati presso il Governo della Repubblica, in qualita' di Capi di missione diplomatica, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni (1).
(1) Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 299 Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero 
Chiunque nel territorio dello Stato, vilipende, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformita' del diritto interno dello Stato italiano, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 300 Condizione di reciprocita' 
Le disposizioni degli articoli 295, 296, 297 e 299 si applicano solo in quanto la legge straniera garantisca, reciprocamente, al Capo dello Stato italiano o alla bandiera italiana parita' di tutela penale.
I Capi di missione diplomatica sono equiparati ai Capi di Stati esteri, a norma dell'articolo 298, soltanto se lo Stato straniero concede parita' di tutela penale ai Capi di missione diplomatica italiana.
Se la parita' della tutela penale non esiste, si applicano le disposizioni dei titoli dodicesimo e tredicesimo, ma la pena e' aumentata.

Capo V: DISPOSIZIONI GENERALI E COMUNI AI CAPI PRECEDENTI

Art. 301 Concorso di reati 
Quando l'offesa alla vita, alla incolumita', alla liberta' o all'onore, indicata negli articoli 276, 277, 278, 295, 296, 297 e 298, e' considerata dalla legge come reato anche in base a disposizioni diverse da quelle contenute nei capi precedenti, si applicano le disposizioni che stabiliscono la pena piu' grave.
Nondimeno, nei casi in cui debbono essere applicate, disposizioni diverse da quelle contenute nei capi precedenti, le pene sono aumentate da un terzo alla meta'.
Quando l'offesa alla vita, alla incolumita', alla liberta' o all'onore e' considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati, applicandosi, per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi precedenti.

Art. 302 Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti nei capi primo e secondo 
Chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo o la reclusione, e' punito, se la istigazione non e' accolta, ovvero se la istigazione e' accolta ma il delitto non e' commesso, con la reclusione da uno a otto anni.
Tuttavia, la pena da applicare e' sempre inferiore alla meta' della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce la istigazione.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 303 Pubblica istigazione e apologia 
Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o piu' fra i delitti indicati nell'articolo precedente e' punito, per il solo fatto dell'istigazione, con la reclusione da tre a dodici anni.
La stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l'apologia di uno o piu' fra i delitti indicati nell'articolo precedente.

Art. 304 Cospirazione politica mediante accordo 
Quando piu' persone si accordano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se il delitto non e' commesso, con la reclusione da uno a sei anni.
Per i promotori la pena e' aumentata.
Tuttavia, la pena da applicare e' sempre inferiore alla meta' della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'accordo (1).
(1) Con sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato che "compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate  artt. 330, 304, 305 cod. pen.  in tutti quei casi rispetto ai quali l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40 Cost., ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di cui al cit. art. 51 cod. pen.".

Art. 305 Cospirazione politica mediante associazione 
Quando tre o piu' persone si associano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che promuovono, costituiscono o organizzano la associazione sono puniti, per cio' solo, con la reclusione da cinque a dodici anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena e' della reclusione da due a otto anni.
I capi dell'associazione soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Le pene sono aumentate se l'associazione tende a commettere due o piu' dei delitti sopra indicati (1).
(1)Con sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato che "compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate  artt. 330, 304, 305 cod. pen.  in tutti quei casi rispetto ai quali l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40 Cost., ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di cui al cit. art. 51 cod. pen.".

Art. 306 Banda armata: formazione e partecipazione 
Quando, per commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, si forma una banda armata, coloro che la promuovono o costituiscono od organizzano, soggiacciono, per cio' solo, alla pena della reclusione da cinque a quindici anni.
Per il solo fatto di partecipare alla banda armata, la pena e' della reclusione da tre a nove anni.
I capi o i sovventori della banda armata soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

Art. 307 Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, da' rifugio o fornisce il vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione o alla banda indicate nei due articoli precedenti, e' punito con la reclusione fino a due anni.
La pena e' aumentata se il rifugio o il vitto sono prestati continuatamente.
Non e' punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.
Agli effetti della legge penale, si intendono per "prossimi congiunti" gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorche' sia morto il coniuge e non vi sia prole.

Art. 308 Cospirazione: casi di non punibilita' 
Nei casi preveduti dagli articoli 304, 305 e 307 non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui l'accordo e' intervenuto o l'associazione e' costituita, e anteriormente all'arresto, ovvero al procedimento:
1) disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento dell'associazione;
2) non essendo promotori o capi, recedono dall'accordo o dall'associazione.
Non sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del delitto per cui l'accordo e' intervenuto o l'associazione e' stata costituita.

Art. 309 Banda armata: casi di non punibilita' 
Nei casi preveduti dagli articoli 306 e 307, non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e prima dell'ingiunzione dell'autorita' o della forza pubblica, o immediatamente dopo tale ingiunzione:
1) disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento della banda;
2) non essendo promotori o capi della banda, si ritirano dalla banda stessa, ovvero si arrendono, senza opporre resistenza e consegnando o abbandonando le armi.
Non sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del delitto per cui la banda e' stata formata.

Art. 310 Tempo di guerra 
Agli effetti della legge penale, nella denominazione di "tempo di guerra" e' compreso anche il periodo di imminente pericolo di guerra quando questa sia seguita.

Art. 311 Circostanza diminuente: lieve entita' del fatto 
Le pene comminate pei delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'.

Art. 312 Espulsione dello straniero 
Lo straniero, condannato a una pena restrittiva della liberta' personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo e' espulso dallo Stato.

Art. 313 Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento 
Per i delitti preveduti dagli articoli 244, 245, 265, 267, 269, 273, 274, 277. 278, 279, 287 e 288 non si puo' procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia.
Parimenti, non si puo' procedere senza tale autorizzazione per i delitti preveduti dagli articolo 247, 248, 249, 250, 251 e 252, quando sono commessi a danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato italiano.
Per il delitto preveduto dall'articolo 290, quando e' commesso contro l'assemblea costituente ovvero contro le assemblee legislative o una di queste, non si puo' procedere senza l'autorizzazione dell'assemblea contro la quale il vilipendio e' diretto. Negli altri casi non si puo' procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia (1).
I delitti preveduti dagli articoli 296, 297, 298 in relazione agli articoli 296 e 297, e dall'articolo 299 sono punibili a richiesta del Ministro per la giustizia (2).
(1) Con sentenza n. 15 del 17 febbraio 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo comma nei limiti in cui attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio della Corte costituzionale al Ministro di grazia e giustizia anziche' alla Corte stessa.
(2) Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Titolo II: DEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Capo I: DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICIALI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 314 Peculato 
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilita' di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, e' stata immediatamente restituita (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 315 Abrogato dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 316 Peculato mediante profitto dell'errore altrui 
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per se' o per un terzo, denaro od altra utilita', e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 316 bis Malversazione a danno dello Stato 
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunita' europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attivita' di pubblico interesse, non li destina alle predette finalita', e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni (1).
(1) Articolo introdotto dall'art. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, e successivamente cosi' modificato dall'art. 1, L. 7 febbraio 1992, n. 181.

Art. 317 Concussione 
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilita', e' punito con la reclusione da quattro a dodici anni (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 317 bis Pene accessorie 
La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l'interdizione temporanea (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 318 Corruzione per un atto d'ufficio 
Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per se' o per un terzo, in denaro od altra utilita', una retribuzione che non gli e' dovuta, o ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui gia' compiuto, la pena e' della reclusione fino ad un anno (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 319 Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio 
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per se' o per un terzo, denaro od altra utilita', o ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione da due a cinque anni (1) .
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 319 bis Circostanze aggravanti 
La pena e' aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 319 ter Corruzione in atti giudiziari 
Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena e' della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena e' della reclusione da sei a venti anni (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 320 Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio 
Le disposizioni dell'articolo 319 si applicano anche se il fatto e' commesso da persona incaricata di un pubblico servizio; quelle di cui all'articolo 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualita' di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 321 Pene per il corruttore 
Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319 bis, nell'articolo 319 ter e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi da' o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilita' (1).
1)Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente modificato dall'art. 2, L. 7 febbraio 1992, n. 181.

Art. 322 Istigazione alla corruzione 
Chiunque offre o promette denaro od altra utilita' non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualita' di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa e' fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere od a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo (1) .
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualita' di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilita' da parte di un privato per le finalita' indicate dall'articolo 318.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilita' da parte di un privato per le finalita' indicate dall'articolo 319 (2).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 3, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
(2)  Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.


Art. 323 Abuso d'ufficio 
Salvo che il fatto non costituisca un piu' grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a se' o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena e' aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravita'.
Articolo sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente cosi' sostituito dall'art. 1, L. 16 luglio 1997, n. 234.

Art. 323 bis Circostanza attenuante 
Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 317, 318, 319, 320, 322 e 323 sono di particolare tenuita', le pene sono diminuite (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 324 Abrogato dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 325 Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio 
Il pubblico ufficiale, o l'incaricato di un pubblico servizio che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire un milione.

Art. 326 Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio 
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualita', rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l'agevolazione e' soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a se' o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, e' punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto e' commesso al fine di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 327 Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell'Autorita' 
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, eccita al dispregio delle istituzioni o alla inosservanza delle leggi, delle disposizioni dell'Autorita' o dei doveri inerenti a un pubblico ufficio o servizio, ovvero fa l'apologia di fatti contrari alle leggi, alle disposizioni dell'Autorita' o ai doveri predetti, e' punito, quando il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila.
La disposizione precedente si applica anche al pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio e al ministro di un culto.

Art. 328 Rifiuto di atti di ufficio. Omissione 
Il pubblico ufficiale o l'incaricato del pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto dell'ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanita', deve essere compiuto senza ritardo, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, e' punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa (1).
(1)Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 329 Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica 
Il militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorita' competente nelle forme stabilite dalla legge, e' punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 330 Abrogato dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.

Art. 331 Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessita' 
Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessita', interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarita' del servizio, e' punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a lire un milione.
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a lire sei milioni.
Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 332 Omissioni di doveri di ufficio in occasione di abbandono di un pubblico ufficio o di interruzione di un pubblico servizio 
Il pubblico ufficiale o il dirigente un servizio pubblico o di pubblica necessita' che, in occasione di alcuno dei delitti preveduti dai due articoli precedenti, ai quali non abbia preso parte, rifiuta od omette di adoperarsi per la ripresa del servizio a cui e' addetto o preposto, ovvero di compiere cio' che e' necessario per la regolare continuazione del servizio, e' punito con la multa fino a lire un milione.

Art. 333 Abrogato dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.

Art. 334 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorita' amministrativa 
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorita' amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il proprietario di essa, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a un milione.
Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da lire sessantamila a lire seicentomila, se la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione, o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa, affidata alla sua custodia.
La pena e' della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a lire seicentomila, se il fatto e' commesso dal proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 335 Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorita' amministrativa 
Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorita' amministrativa, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la soppressione, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Capo II: DEI DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 336 Violazione o minaccia a un pubblico ufficiale 
Chiunque usa violenza a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
La pena e' della reclusione fino a tre anni, se il fatto e' commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.

Art. 337 Resistenza a un pubblico ufficiale 
Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 338 Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario 
Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorita' costituita in collegio, per impedirne in tutto o in parte, anche temporaneamente o per turbarne comunque l'attivita', e' punito con la reclusione da uno a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessita', qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l'organizzazione o l'esecuzione dei servizi.

Art. 339 Circostanze aggravanti 
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia e' commessa con armi, o da persona travisata, o da piu' persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Se la violenza o la minaccia e' commessa da piu' di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da piu' di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena e', nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni.

Art. 340 Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessita' 
Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarita' di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessita', e' punito con la reclusione fino a un anno.
I capi, o promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 341 Oltraggio a un pubblico ufficiale 
Chiunque offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni (1).
La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale e a causa delle sue funzioni.
La pena e' della reclusione da uno a tre anni, se l'offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate quando il fatto e' commesso con violenza o minaccia, ovvero quando l'offesa e' recata in presenza di una o piu' persone.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 1994, n. 341, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei.

Art. 342 Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario 
Chiunque offende l'onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorita' costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza o del collegio, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno, diretti al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.
La pena e' della reclusione da uno a quattro anni se l'offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato.
Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 343 Oltraggio a un magistrato in udienza 
Chiunque offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza e' punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena e' della reclusione da due a cinque anni, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate se il fatto e' commesso con violenza o minaccia.

Art. 344 Oltraggio a un pubblico impiegato 
Le disposizioni dell'articolo 341 si applicano anche nel caso in cui l'offesa e' recata a un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio; ma la pene sono ridotte di un terzo.

Art. 345 Offesa all'Autorita' mediante danneggiamento di affissioni 
Chiunque, per disprezzo verso l'Autorita', rimuove, lacera, o, altrimenti rende illeggibili o comunque inservibili scritti o disegni affissi o esposti al pubblico per ordine dell'Autorita' stessa, e' punito con la multa fino a un milione di lire.

Art. 346 Millantato credito 
Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, e' punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a quattro milioni.
La pena e' della reclusione da due a sei anni e della multa da lire un milione a sei milioni, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.

Art. 347 Usurpazione di funzioni pubbliche 
Chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego e' punito con la reclusione fino a due anni.
Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo ricevuto partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere le sue funzioni e le sue attribuzioni, continua ad esercitarle.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza.

Art. 348 Abusivo esercizio di una professione 
Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale e' richiesta una speciale abilitazione dello Stato, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione.

Art. 349 Violazione di sigilli 
Chiunque viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell'Autorita' apposti al fine di assicurare la conservazione o la identita' di una cosa, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Se il colpevole e' colui che ha in custodia la cosa, la pena e' della reclusione da tre a cinque anni e della multa da lire seicentomila a sei milioni.

Art. 350 Agevolazione colposa 
Se la violazione dei sigilli e' resa possibile, o comunque agevolata, per colpa di chi ha in custodia la cosa, questi e' punito con la multa da lire centomila a due milioni.

Art. 351 Violazione della pubblica custodia di cose 
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti, documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, e' punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 352 Vendita di stampati dei quali e' stato ordinato il sequestro 
Chiunque vende, distribuisce o affigge, in luogo pubblico o aperto al pubblico, scritti o disegni, dei quali l'Autorita' ha ordinato il sequestro, e' punito con la multa fino a un milione di lire.

Art. 353 Turbata liberta' degli incanti 
Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, e' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Se il colpevole e' persona preposta dalla legge o dalla Autorita' o agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione e' da uno a cinque anni e la multa da lire un milione a quattro milioni.
Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla meta'.

Art. 354 Astensione dagli incanti 
Chiunque, per denaro dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilita' a lui data o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni indicati nell'articolo precedente, e' punito con la reclusione sino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.

Art. 355 Inadempimenti di contratti di pubbliche forniture 
Chiunque, non adempiendo agli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessita', fa mancare in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
La pena e' aumentata se la fornitura concerne:
1) sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alla comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni telegrafiche e telefoniche;
2) cose od opere destinate all'armamento o all'equipaggiamento delle forze armate dello Stato;
3) cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico infortunio.
Se il fatto e' commesso per colpa, si applica la reclusione fino a un anno, ovvero la multa da lire centomila a un milione.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno fatto mancare la fornitura.

Art. 356 Frode nelle pubbliche forniture 
Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, e' punito con la reclusione da un anno a cinque anni o con la multa non inferiore a lire due milioni.
La pena e' aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente.

Capo III: DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI

Art. 357 Nozione del pubblico ufficiale 
Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti e' pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volonta' della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente modificato dall'art. 4, L. 7 febbraio 1992, n. 181.

Art. 358 Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio 
Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un'attivita' disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 359 Persone esercenti un servizio di pubblica necessita' 
Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessita':
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, ne' prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessita' mediante un atto della pubblica Amministrazione.

Art. 360 Cessazione della qualita' di pubblico ufficiale 
Quando la legge considera la qualita' di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessita', come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, la cessazione di tale qualita', nel momento in cui il reato e' commesso, non esclude la esistenza di questo ne' la circostanza aggravante, se il fatto si riferisce all'ufficio o al servizio esercitato.

Titolo III: DEI DELITTI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Capo I: DEI DELITTI CONTRO L'ATTIVITA' GIUDIZIARIA

Art. 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale 
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorita' giudiziaria, o ad un'altra Autorita' che a quella abbia obbligo di riferire, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, e' punito con la multa da lire sessantamila a un milione.
La pena e' della reclusione fino a un anno, se il colpevole e' un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

Art. 362 Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio 
L'incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorita' indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del suo servizio, e' punito con la multa fino a lire duecentomila.
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa.

Art. 363 Omessa denuncia aggravata 
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se la omessa o ritardata denuncia riguarda un delitto contro la personalita' dello Stato, la pena e' della reclusione da sei mesi a tre anni; ed e' da uno a cinque anni, se il colpevole e' un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria.

Art. 364 Omessa denuncia di reato da parte del cittadino 
Il cittadino, che avendo avuto notizia di un delitto contro la personalita' dello Stato, per il quale la legge stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorita' indicata nell'articolo 361, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 365 Omissione di referto 
Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'Autorita' indicata nell'art. 361, e' punito con la multa fino a lire un milione.
Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.

Art. 366 Rifiuto di uffici legalmente dovuti 
Chiunque, nominato dall'Autorita' giudiziaria perito, interprete, ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire sessantamila a un milione.
Le stesse pene si applicano a chi, chiamato dinnanzi all'Autorita' giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalita', ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
Le disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre come testimonio dinanzi all'Autorita' giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.
Se il colpevole e' un perito o un interprete, la condanna importa la interdizione dalla professione o dall'arte.

Art. 367 Simulazione di reato 
Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorita' giudiziaria o ad altra Autorita' che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 368 Calunnia 
Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorita' giudiziaria o ad altra Autorita' che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, e' punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena e' aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena piu' grave.
La reclusione e' da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; e' da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte (1).
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 369 Autocalunnia 
Chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorita' indicate nell'articolo precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi all'Autorita' giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 370 Simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione 
Le pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione o la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione.

Art. 371 Falso giuramento della parte 
Chiunque, come parte in giudizio civile, giura il falso e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Nel caso di giuramento deferito di ufficio, il colpevole non e' punibile, se ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 371 bis False informazioni al pubblico ministero 
Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, cio' che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, e' punito con la reclusione fino a quattro anni (1).
Ferma l'immediata procedibilita' nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere (2).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 25, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 11, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. Successivamente l'art. 25, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha aggiunto il presente comma.


Art. 372 Falsa testimonianza 
Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorita' giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte cio' che sa intorno ai fatti sui quali e' interrogato, e' punito con la reclusione da due a sei anni (1) .
(1) Articolo cosi' modificato dall'art. 11, comma 2, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 373 Falsa perizia o interpretazione 
Il perito o l'interprete che, nominato dall'Autorita' giudiziaria, da' parere o interpretazione mendaci, o afferma fatti non conformi al vero, soggiace alle pene stabilite nell'articolo precedente.
La condanna importa, oltre l'interdizione dai pubblici uffici, la interdizione dalla professione o dall'arte.

Art. 374 Frode processuale 
Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, e' punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La stessa disposizione si applica se il fatto e' commesso nel corso di un procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilita' e' esclusa, se si tratta di reato per cui non si puo' procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non e' stata presentata.

Art. 374 bis False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorita' giudiziaria 
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o atti destinati a essere prodotti all'autorita' giudiziaria condizioni, qualita' personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o da instaurare, relativi all'imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria (1).
(1)Articolo aggiunto dall'art. 11, comma 3, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 375 Circostanze aggravanti 
Nei casi previsti dagli articoli 371 bis, 372, 373 e 374, la pena e' della reclusione da tre a otto anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; e' della reclusione da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; ed e' della reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo(1) .
(1)Articolo cosi' sostituito dall'art. 11, comma 4, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 376 Ritrattazione 
Nei casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, il colpevole non e' punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento (1).
Qualora la falsita' sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non e' punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
(1)Comma cosi' sostituito dall'art. 11, comma 5, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 377 Subornazione 
Chiunque offre o promette denaro o altra utilita' alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorita' giudiziaria ovvero a svolgere attivita' di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi ridotte dalla meta' ai due terzi (1) .
La stessa disposizione si applica qualora l'offerta o la promessa sia accettata, ma la falsita' non sia commessa.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
(1)Comma cosi' sostituito dall'art. 11, comma 6, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 378 Favoreggiamento personale 
Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di morte (1)o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'Autorita', o a sottrarsi alle ricerche di questa, e' punito con la reclusione fino a quattro anni.
Quando il delitto commesso e' quello previsto dall'articolo 416 bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni (2) .
Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena e' della multa fino a lire un milione.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non e' imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.
(1)La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(2) Comma aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.

Art. 379 Favoreggiamento reale 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o dei casi previsti dagli articoli 648, 648 bis e 648 ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, e' punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da lire centomila a due milioni se si tratta di contravvenzione (1).
Si applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente (2) .
(1) Comma cosi' modificato dalla L. 19 marzo 1990, n. 55.
(2) Comma cosi' sostituito dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.

Art. 380 Patrocinio o consulenza infedele 
Il patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinnanzi all'Autorita' giudiziaria, e' punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a lire un milione.
La pena e' aumentata:
1) se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;
2) se il fatto e' stato commesso a danno di un imputato.
Si applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a lire due milioni, se il fatto e' commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina la pena di morte (1) o l'ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 381 Altre infedelta' del patrocinatore o del consulente tecnico 
Il patrocinatore o il consulente tecnico, che, in un procedimento dinnanzi all'Autorita' giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta persona, il suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie, e' punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferire a lire duecentomila.
La pena e' della reclusione fino a un anno e della multa da lire centomila a un milione, se il patrocinatore o il consulente, dopo aver difeso, assistito o rappresentato una parte, assume, senza il consenso di questa, nello stesso procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria.

Art. 382 Millantato credito del patrocinatore 
Il patrocinatore, che, millantando credito presso il giudice o il pubblico ministero che deve concludere, ovvero presso il testimone, il perito o l'interprete, riceve o fa dare o promettere dal suo cliente, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', col pretesto di doversi procurare il favore del giudice o del pubblico ministero, o del testimone, perito o interprete, ovvero di doverli remunerare, e' punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa non inferiore a lire due milioni.

Art. 383 Interdizione dai pubblici uffici 
La condanna per i delitti preveduti dagli artt. 380, 381, prima parte, e 382 importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 384 Casi di non punibilita' 
Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371 bis, 372, 373, 374 e 378, non e' punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessita' di salvare se' medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella liberta' e nell'onore.
Nei casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, la punibilita' e' esclusa se il fatto e' commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero avrebbe dovuto essere avvertito della facolta' di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione (1) .
Articolo cosi' sostituito dall'art. 11, comma 7, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 1996, n. 416, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede l'esclusione della punibilita' per false o reticenti informazioni assunte dalla polizia giudiziaria, fornite da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facolta' di astenersi dal renderle, a norma dell'art. 199 del codice di procedura penale.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO L'AUTORITA' DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE

Art. 385 Evasione 
Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade e' punito con la reclusione da sei mesi a un anno.
La pena e' della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia contro le persone, ovvero mediante effrazione; ed e' da tre a cinque anni se la violenza o minaccia e' commessa con armi o da piu' persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonche' al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale (1) .
Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena e' diminuita (1) .
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 12 gennaio 1977, n. 1. Il penultimo comma e' stato successivamente cosi' sostituito dalla L. 12 agosto 1982, n. 532.

Art. 386 Procurata evasione 
Chiunque procura o agevola la evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto e' commesso a favore di un condannato alla pena di morte (1) o all'ergastolo.
La pena e' aumentata, se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.
La pena e' diminuita:
1) se il colpevole e' prossimo congiunto;
2) se il colpevole nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorita'.
La condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 387 Colpa del custode 
Chiunque, preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa, la evasione, e' punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Il colpevole non e' punibile se nel termine di tre mesi dalla evasione procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorita'.

Art. 388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice 
Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali e' in corso l'accertamento dinanzi l'Autorita' giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, e' punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprieta', del possesso o del credito.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprieta' sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo e' punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a lire seicentomila (1) .
Si applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da lire sessantamila a lire seicentomila se il fatto e' commesso dal proprietario su una cosa affidata alla sua custodia e la reclusione da quattro mesi a tre anni e la multa da lire centomila a un milione se il fatto e' commesso dal custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa (1).
Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio e' punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a un milione (1) .
Il colpevole e' punito a querela della persona offesa (1) .
(1)Gli ultimi quattro commi hanno cosi' sostituito l'originario terzo comma (art. 87, L. 24 novembre 1981, n. 689).

Art. 388 bis Violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo 
Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la soppressione o la sottrazione, e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila (1) .
(1)Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 388 ter Mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie 
Chiunque, per sottrarsi all'esecuzione di una multa o di una ammenda o di una sanzione amministrativa pecuniaria compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, e' punito, qualora non ottemperi nei termini all'ingiunzione di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a tre anni (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 389 Inosservanza di pene accessorie 
Chiunque, avendo riportato una condanna, da cui consegue una pena accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena, e' punito con la reclusione da due a sei mesi.
La stessa pena si applica a chi trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti ad una pena accessoria provvisoriamente applicata (1) .
(1)Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 390 Procurata inosservanza di pena 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta taluno a sottrarsi all'esecuzione della pena e' punito con la reclusione da tre mesi a cinque anni se si tratta di condannato per delitto, e con la multa da lire centomila a due milioni se si tratta di condannato per contravvenzione.
Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.

Art. 391 Procurata inosservanza di misure di sicurezza 
Chiunque procura o agevola l'evasione di persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva, ovvero nasconde l'evaso o comunque la favorisce nel sottrarsi alle ricerche dell'Autorita', e' punito con la reclusione fino a due anni. Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Se l'evasione avviene per colpa di chi, per ragione del suo ufficio, ha la custodia, anche temporanea, della persona sottoposta a misura di sicurezza, il colpevole e' punito con la multa fino a lire quattrocentomila. Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 387.

Capo III: DELLA TUTELA ARBITRARIA DELLE PRIVATE RAGIONI

Art. 392 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose 
Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da se' medesimo, mediante violenza sulle cose, e' punito a querela della persona offesa, con la multa fino a lire un milione.
Agli effetti della legge penale, si ha "violenza sulle cose", allorche' la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne e' mutata la destinazione.
Si ha altresi', violenza sulle cose allorche' un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico (1) .
(1)Comma aggiunto dall'art. 1, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 393 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone 
Chiunque, al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da se' medesimo usando violenza o minaccia alle persone, e' punito con la reclusione fino a un anno.
Se il fatto e' commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione e' aggiunta la multa fino a lire quattrocentomila.
La pena e' aumentata se la violenza o la minaccia alle persone e' commessa con armi.

Art. 394 Sfida a duello 
Chiunque sfida altri a duello, anche se la sfida non e' accettata, e' punito, se il duello non avviene, con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila.
La stessa pena si applica a chi accetta la sfida, sempre che il duello non avvenga.

Art. 395 Portatori di sfida 
I portatori della sfida sono puniti con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila; ma la pena e' diminuita se il duello non avviene.

Art. 396 Uso delle armi in duello 
Chiunque fa uso delle armi in duello e' punito, anche se non cagiona all'avversario una lesione personale, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire centomila a due milioni.
Il duellante e' punito:
1) con la reclusione fino a due anni, se dal fatto deriva all'avversario una lesione personale, grave o gravissima;
2) con la reclusione da uno a cinque anni, se dal fatto deriva la morte.
Ai padrini o ai secondi e alle persone, che hanno agevolato il duello, si applica la multa da lire centomila a due milioni.
Se i padrini o secondi sono gli stessi portatori della sfida, non si applicano loro le disposizioni dell'articolo precedente.

Art. 397 Casi di applicazione delle pene ordinarie stabilite per l'omicidio e per la lesione personale 
In luogo delle disposizioni dell'articolo precedente, si applicano quelle contenute nel capo primo del titolo dodicesimo:
1) se le condizioni del combattimento sono state precedentemente stabilite dai padrini o secondi, ovvero se il combattimento non avviene alla loro presenza;
2) se le armi adoperate nel combattimento non sono uguali, e non sono spade, o sciabole o pistole egualmente cariche, ovvero se non sono armi di precisione o a piu' colpi;
3) se nella scelta delle armi o nel combattimento e' commessa frode o violazione delle condizioni stabilite;
4) se e' stato espressamente convenuto, ovvero se risulta dalla specie del duello, o dalla distanza fra i combattenti, o dalle altre condizioni stabilite, che uno dei duellanti doveva rimanere ucciso.
La frode o la violazione delle condizioni stabilite, quanto alla scelta delle armi o al combattimento, e' a carico non solo di chi ne e' l'autore, ma anche di quello fra i duellanti, padrini o secondi, che ne ha avuto conoscenza prima o durante il combattimento.

Art. 398 Circostanze aggravanti. Casi di non punibilita' 
Se il colpevole di uno dei delitti preveduti dall'articolo 394, dalla prima parte e dal primo capoverso dell'articolo 396, e' stato la causa ingiusta e determinante del fatto, la pena e' per lui raddoppiata.
Non sono punibili:
1) i portatori della sfida, i padrini o secondi e coloro che hanno agevolato il duello, se impediscono l'uso delle armi, ovvero se procurano la cessazione del combattimento, prima che dal medesimo sia derivata alcuna lesione;
2) i padrini o i secondi che, prima del duello, hanno fatto quanto dipendeva da loro per conciliare le parti, o se per opera loro il combattimento ha avuto un esito meno grave di quello che altrimenti poteva avere;
3) il sanitario che presta la propria assistenza ai duellanti.

Art. 399 Duellante estraneo al fatto 
Quando taluno dei duellanti non ha avuto parte nel fatto che cagiono' il duello, e si batte in vece di chi ha direttamente interesse, le pene stabilite nella prima parte del capoverso dell'articolo 396 sono aumentate.
Tale aumento di pena non si applica se il duellante e' un prossimo congiunto, ovvero se, essendo uno dei padrini o secondi, si e' battuto in vece del suo primo assente.

Art. 400 Offesa per rifiuto di duello e incitamento al duello 
Chiunque pubblicamente offende una persona o la fa segno a pubblico disprezzo, perche' essa o non ha sfidato o non ha accettato la sua sfida, o non si e' battuta in duello, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire centomila a un milione.
La stessa pena si applica a chi, facendo mostra del suo disprezzo, incita altri al duello.

Art. 401 Provocazione al duello per fine di lucro 
Quando chi provoca o sfida a duello, o minaccia di provocare o di sfidare, agisce con l'intento di carpire denaro o altra utilita', si applicano le disposizioni dell'articolo 629.
Si applicano altresi' le disposizioni del capo primo del titolo dodicesimo, nel caso in cui il duello sia avvenuto.

Titolo IV: DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO RELIGIOSO E CONTRO LA PIETA' DEI DEFUNTI
Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA RELIGIONE DELLO STATO E I CULTI AMMESSI

Art. 402 Vilipendio della religione dello Stato 
Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato e' punito con la reclusione fino a un anno.

Art. 403 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone 
Chiunque pubblicamente offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di chi la professa, e' punito con la reclusione fino a due anni.
Si applica la reclusione da uno a tre anni a chi offende la religione dello Stato, mediante vilipendo di un ministro del culto cattolico.

Art. 404 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose 
Chiunque, in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
La stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto cattolico.

Art. 405 Turbamento di funzioni religiose del culto cattolico 
Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto cattolico, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, e' punito con la reclusione fino a due anni.
Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione fino a tre anni.

Art. 406 Delitti contro i culti ammessi nello Stato 
Chiunque commette uno dei fatti preveduti dagli articoli 403, 404, e 405 contro un culto ammesso nello Stato, e' punito ai termini dei predetti articoli, ma la pena e' diminuita.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO LA PIETA' DEI DEFUNTI

Art. 407 Violazione di sepolcro 
Chiunque viola una tomba, un sepolcro o un'urna e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 408 Vilipendio delle tombe 
Chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 409 Turbamento di un funerale o servizio funebre 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 405, impedisce o turba un funerale o un servizio funebre e' punito con la reclusione fino a un anno.

Art. 410 Vilipendio di cadavere 
Chiunque commette atti di vilipendio sopra un cadavere o sulle sue ceneri e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
Se il colpevole deturpa o mutila il cadavere, o commette, comunque, su questo atti di brutalita' o di oscenita', e' punito con la reclusione da tre a sei anni.

Art. 411 Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere 
Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae o disperde le ceneri, e' punito con la reclusione da due a sette anni.
La pena e' aumentata se il fatto e' commesso in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.

Art. 412 Occultamento di cadavere 
Chiunque occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri, e' punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 413 Uso illegittimo di cadavere 
Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.
La pena e' aumentata se il fatto e' commesso su un cadavere, o su una parte di esso, che il colpevole sappia essere stato da altrui mutilato, occultato o sottratto.

Titolo V: DEI DELITTI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO

Art. 414 Istigazione a delinquere 
Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o piu' reati e' punito, per il solo fatto dell'istigazione:
1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti.
2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire quattrocentomila, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o piu' delitti e una o piu' contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.
Alla pena stabilita nel n. 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o piu' delitti.

Art. 415 Istigazione a disobbedire alle leggi 
Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all'odio fra le classi sociali, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni (1).
(1) Con sentenza n. 108 del 23 aprile 1974 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo, riguardante l'istigazione all'odio fra le classi sociali, nella parte in cui non specifica che tale istigazione deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillita'.

Art. 416 Associazione per delinquere 
Quando tre o piu' persone si associano allo scopo di commettere piu' delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per cio' solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena e' della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena e' aumentata se il numero degli associati e' di dieci o piu'.

Art. 416 bis Associazione di tipo mafioso 
Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o piu' persone, e' punito con la reclusione da tre a sei anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per cio' solo, con la reclusione da quattro a nove anni.
L'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se' o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (1).
Se l'associazione e' armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilita', per il conseguimento della finalita' dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
Se le attivita' economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla meta'.
Nei confronti del condannato e' sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso i mercati annonari all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonche' le iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il condannato fosse titolare (2) .
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso (3) .
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 11 bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(2) La seconda parte di questo comma e' stata abrogata dall'art. 36 , secondo comma, della L. 19 marzo 1990, n. 55.
(3) Articolo aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.


Art. 416 ter Scambio elettorale politicomafioso 
La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416 bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416 bis in cambio della erogazione di denaro (1) .
(1) Articolo inserito dall'art. 11 ter, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 417 Misura di sicurezza 
Nel caso di condanna per i delitti preveduti dai due articoli precedenti e' sempre ordinata una misura di sicurezza (1).
(1) Articolo cosi' modificato dalla L. 23 dicembre 1982, n. 936.

Art. 418 Assistenza agli associati 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, da' rifugio o fornisce il vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione e' punito con la reclusione fino a due anni.
La pena e' aumentata se il rifugio o il vitto sono prestati continuatamente.
Non e' punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.

Art. 419 Devastazione e saccheggio 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio e' punito con la reclusione da otto a quindici anni.
La pena e' aumentata se il fatto e' commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito.

Art. 420 Attentato a impianti di pubblica utilita' 
Chiunque commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere impianti di pubblica utilita', e' punito, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena di cui al primo comma si applica anche a chi commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere sistemi informatici o telematici di pubblica utilita', ovvero dati, informazioni o programmi in essi contenuti o ad essi pertinenti.
Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento dell'impianto o del sistema, dei dati, delle informazioni o dei programmi ovvero l'interruzione anche parziale del funzionamento dell'impianto o del sistema la pena e' della reclusione da tre a otto anni (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dall'art. 2, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 421 Pubblica intimidazione 
Chiunque minaccia di commettere delitti contro la pubblica incolumita', ovvero fatti di devastazione o di saccheggio, in modo da incutere pubblico timore, e' punito con la reclusione fino a un anno.

Titolo VI: DEI DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBBLICA
Capo I: DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE VIOLENZA

Art. 422 Strage 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumita' e' punito, se dal fatto deriva la morte di piu' persone, con la morte (1).
Se e' cagionata la morte di una sola persona si applica l'ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 423 Incendio 
Chiunque cagiona un incendio e' punito con la reclusione da tre a sette anni.
La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumita' pubblica.

Art. 424 Danneggiamento seguito da incendio 
Chiunque, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui e' punito, se del fatto sorge pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente, ma la pena e' ridotta da un terzo alla meta'.

Art. 425 Circostanze aggravanti 
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, la pena e' aumentata se il fatto e' commesso:
1) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze;
2 su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque;
3 su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;
4 su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili;
5 su boschi, selve e foreste.

Art. 426 Inondazione, frana o valanga 
Chiunque cagiona una inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga, e' punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

Art. 427 Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga 
Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro le acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, e' punito, se dal fatto deriva il pericolo di una inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il disastro si verifica, la pena della reclusione e' da tre a dieci anni.

Art. 428 Naufragio, sommersione o disastro aviatorio 
Chiunque cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di altrui proprieta', e' punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
La pena e' della reclusione da cinque a quindici anni se il fatto e' commesso distruggendo, rimuovendo o facendo mancare le lanterne o altri segnali, ovvero adoperando falsi segnali o altri mezzi fraudolenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di sua proprieta', se dal fatto deriva pericolo per la incolumita' pubblica.

Art. 429 Danneggiamento seguito da naufragio 
Chiunque, al solo scopo di danneggiare una nave, un'edificio natante o un aeromobile, ovvero un apparecchio prescritto per la sicurezza della navigazione, lo deteriora, ovvero lo rende in tutto o in parte inservibile, e' punito, se dal fatto deriva pericolo di naufragio, di sommersione o di disastro aviatorio, con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva il naufragio, la sommersione o il disastro, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 430 Disastro ferroviario 
Chiunque cagiona un disastro ferroviario e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 431 Pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento 
Chiunque, al solo scopo di danneggiare una strada ferrata ovvero macchine, veicoli, strumenti, apparecchi o altri oggetti che servono all'esercizio di essa, li distrugge in tutto o in parte, li deteriora o li rende altrimenti in tutto o in parte inservibili, e' punito, se dal fatto deriva il pericolo di un disastro ferroviario, con la reclusione da due a sei anni.
Se dal fatto deriva il disastro, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.
Per "strade ferrate" la legge penale intende, oltre le strade ferrate ordinarie, ogni altra strada con rotaie metalliche, sulla quale circolino veicoli mossi dal vapore, dalla elettricita' o da altro mezzo di trazione meccanica.

Art. 432 Attentati alla sicurezza dei trasporti 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 433 Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni 
Chiunque attenta alla sicurezza delle officine, delle opere, degli apparecchi o di altri mezzi destinati alla produzione o alla trasmissione di energia elettrica o di gas, per la illuminazione o per le industrie, e' punito, qualora dal fatto derivi pericolo alla pubblica incolumita', con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica a chi attenta alla sicurezza delle pubbliche comunicazioni telegrafiche, qualora dal fatto derivi pericolo per la pubblica incolumita'.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 434 Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro e' punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumita', con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena e' della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.

Art. 435 Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti 
Chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumita', fabbrica, acquista o detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili, ovvero sostanze che servono alla composizione o alla fabbricazione di esse, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 436 Sottrazione, occultamento o guasto di apparecchi a pubblica difesa da infortuni 
Chiunque, in occasione di un incendio, di una inondazione, di una sommersione, di un naufragio, o di un altro disastro o pubblico infortunio, sottrae, occulta o rende inservibili materiali, apparecchi o altri mezzi destinati all'estinzione dell'incendio o all'opera di difesa, di salvataggio o di soccorso, ovvero in qualsiasi modo impedisce, od ostacola, che l'incendio sia estinto, o che sia prestata opera di difesa o di assistenza, e' punito con la reclusione da due a sette anni.

Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro 
Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni.

Capo II: DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE FRODE

Art. 438 Epidemia 
Chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni e' punito con l'ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di piu' persone, si applica la pena di morte (1) .
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 439 Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari 
Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, e' punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo; e, nel caso di morte di piu' persone, si applica la pena di morte (1) .
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 440 Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari 
Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi contraffa', in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.
La pena e' aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali.

Art. 441 Adulterazione e contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute 
Chiunque adultera o contraffa', in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'articolo precedente, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore a lire seicentomila.

Art. 442 Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate 
Chiunque, senza essere concorso nei reati preveduti dai tre articoli precedenti, detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte in modo pericoloso alla salute pubblica, soggiace alle pene rispettivamente stabilite dai detti articoli.

Art. 443 Commercio o somministrazione di medicinali guasti 
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.

Art. 444 Commercio di sostanze alimentari nocive 
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all'alimentazione, non contraffatte ne' adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire centomila.
La pena e' diminuita se la qualita' nociva delle sostanze e' nota alla persona che le acquista o le riceve.

Art. 445 Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica 
Chiunque, esercitando anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualita' o quantita' non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Art. 446 Confisca obbligatoria 
In caso di condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439, 440, 441 e 442, se dal fatto e' derivata la morte o la lesione grave o gravissima di una persona, la confisca delle cose indicate nel primo comma dell'articolo 240 e' obbligatoria (1).
(1) L'originario articolo era stato abrogato dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685. L'attuale articolo e' stato inserito dal D.L. 18 giugno 1986, n. 282.

Art. 447 Abrogato dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685.

Art. 448 Pene accessorie 
La condanna per taluno dei delitti preveduti da questo capo importa la pubblicazione della sentenza.
La condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 441 e 442 importa l'interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonche' l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo. La condanna comporta altresi' la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale (1).
(1) Comma aggiunto dal D.L. 18 giugno 1986, n. 282.

Capo III: DEI DELITTI COLPOSI DI COMUNE PERICOLO

Art. 449 Delitti colposi di danno 
Chiunque cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena e' raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone.

Art. 450 Delitti colposi di pericolo 
Chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere il pericolo di un disastro ferroviario, di un'inondazione, di un naufragio, o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante, e' punito con la reclusione fino a due anni.
La reclusione non e' inferiore a un anno se il colpevole ha trasgredito ad una particolare ingiunzione dell'Autorita' diretta alla rimozione del pericolo.

Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro 
Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a un milione.

Art. 452 Delitti colposi contro la salute pubblica 
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 e' punito:
1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte (1);
2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l'ergastolo;
3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l'articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.
Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Titolo VII: DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA
Capo I: DELLA FALSITA' IN MONETE, IN CARTE DI PUBBLICO CREDITO E IN VALORI DI BOLLO

Art. 453 Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate 
E' punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire un milione a sei milioni;
1) chiunque contraffa' monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori;
2) chiunque altera in qualsiasi modo monete genuine, col dare ad esse l'apparenza di un valore superiore;
3) chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, ma di concerto con chi l'ha eseguita ovvero con un intermediario, introduce nel territorio dello Stato o detiene o spende o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate;
4) chiunque, al fine di metterle in circolazione, acquista o comunque riceve da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte o alterate.

Art. 454 Alterazione di monete 
Chiunque altera monete della qualita' indicata nell'articolo precedente, scemandone in qualsiasi modo il valore, ovvero, rispetto alle monete in tal modo alterate, commette alcuno dei fatti indicati nei numeri 3 e 4 del detto articolo, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire duecentomila a un milione.

Art. 455 Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate 
Chiunque, fuori dei casi preveduti dai due articoli precedenti, introduce nel territorio dello Stato, acquista o detiene monete contraffatte o alterate, al fine di metterle in circolazione, ovvero le spende o le mette altrimenti in circolazione, soggiace alle pene stabilite nei detti articoli ridotte da un terzo alla meta'.

Art. 456 Circostanze aggravanti 
Le pene stabilite negli articoli 453 e 455 sono aumentate se dai fatti ivi preveduti deriva una diminuzione nel prezzo della valuta o dei titoli di Stato, o ne e' compromesso il credito nei mercati interni o esteri.

Art. 457 Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede 
Chiunque spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate, da lui ricevute in buona fede, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire due milioni.

Art. 458 Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete 
Agli effetti della legge penale, sono parificate alle monete le carte di pubblico credito.
Per "carte di pubblico credito" si intendono, oltre quelle che hanno corso legale come moneta, le carte e cedole al portatore emesse dai Governi, e tutte le altre aventi corso legale emesse da istituti a cio' autorizzati.

Art. 459 Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati 
Le disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 si applicano anche alla contraffazione o alterazione di valori di bollo e alla introduzione nel territorio dello Stato, o all'acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti; ma le pene sono ridotte di un terzo.
Agli effetti della legge penale si intendono per "valori di bollo" la carta bollata, le marche da bollo, i francobolli e gli altri valori equiparati a questi da leggi speciali.

Art. 460 Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo 
Chiunque contraffa' la carta filigranata che si adopera per la fabbricazione delle carte di pubblico credito o di valori di bollo, ovvero acquista, detiene o aliena tale carta contraffatta, e' punito, se il fatto non costituisce un piu' grave reato, con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire seicentomila a due milioni.

Art. 461 Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata 
Chiunque fabbrica, acquista, detiene o aliena filigrane o strumenti destinati esclusivamente alla contraffazione o alterazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata e' punito, se il fatto non costituisce un piu' grave reato, con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire duecentomila a un milione.

Art. 462 Falsificazione di biglietti di pubblica impresa di trasporto 
Chiunque contraffa' o altera biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, acquista o detiene al fine di metterli in circolazione, o mette in circolazione tali biglietti contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da lire ventimila a quattrocentomila.

Art. 463 Casi di non punibilita' 
Non e' punibile chi, avendo commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli precedenti, riesce, prima che l'Autorita' ne abbia notizia, a impedire la contraffazione, l'alterazione, la fabbricazione o la circolazione delle cose indicate negli articoli stessi.

Art. 464 Uso di valori di bollo contraffatti o alterati 
Chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nella alterazione, fa uso di valori di bollo contraffatti o alterati e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire un milione.
Se i valori sono stati ricevuti in buona fede, si applica la pena stabilita nell'articolo 457, ridotta di un terzo.

Art. 465 Uso di biglietti falsificati di pubbliche imprese di trasporto 
Chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, fa uso di biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto, contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire ventimila a quattrocentomila.
Se i biglietti sono stati ricevuti in buona fede, si applica soltanto la multa fino a lire sessantamila.

Art. 466 Alterazione di segni nei valori di bollo o nei biglietti usati e uso degli oggetti cosi' alterati 
Chiunque cancella o fa in qualsiasi modo scomparire, da valori di bollo o da biglietti di strade ferrate o di altre di pubbliche imprese di trasporto, i segni appostivi per indicare l'uso gia' fattone, e' punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire ventimila a quattrocentomila.
Alla stessa pena soggiace chi, senza essere concorso nell'alterazione, fa uso dei valori di bollo o dei biglietti alterati. Si applica la sola multa fino a lire sessantamila, se le cose sono state ricevute in buona fede.

Capo II: DELLA FALSITA' IN SIGILLI O STRUMENTI O SEGNI DI AUTENTICAZIONE, CERTIFICAZIONE O RICONOSCIMENTO

Art. 467 Contraffazione del sigillo dello Stato e uso del sigillo contraffatto 
Chiunque contraffa' il sigillo dello Stato, destinato a essere apposto sugli atti del Governo, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo da altri contraffatto, e' punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da lire duecentomila a quattro milioni.

Art. 468 Contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli o strumenti contraffatti 
Chiunque contraffa' il sigillo di un ente pubblico o di un pubblico ufficio, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo contraffatto, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
La stessa pena si applica a chi contraffa' altri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione, fa uso di tali strumenti.

Art. 469 Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione 
Chiunque, con mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti, contraffa' le impronte di una pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso della cosa che reca l'impronta contraffatta, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 470 Vendita o acquisto di cose con impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati preveduti dagli articoli precedenti, pone in vendita o acquista cose sulle quali siano le impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione, soggiace alle pene rispettivamente stabilite per i detti reati.

Art. 471 Uso abusivo di sigilli e strumenti veri 
Chiunque, essendosi procurati i veri sigilli o i veri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ne fa uso a danno altrui, o a profitto di se' o degli altri, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire seicentomila.

Art. 472 Uso e detenzione di misure o pesi con falsa impronta 
Chiunque fa uso, a danno altrui, di misure o di pesi con la impronta legale contraffatta o alterata, o comunque alterati, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.
La stessa pena si applica a chi nell'esercizio di una attivita' commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, detiene misure o pesi con l'impronta legale contraffatta o alterata, ovvero comunque alterati.
Agli effetti della legge penale, nella denominazione di "misure" o di "pesi" e' compreso qualsiasi strumento per misurare o pesare.

Art. 473 Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali 
Chiunque contraffa' o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattro milioni.
Alla stessa pena soggiace chi contraffa' o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.
Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprieta' intellettuale o industriale.

Art. 474 Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi 
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti preveduti dall'articolo precedente, introduce nel territorio dello Stato per farne commercio, detiene per vendere, o pone in vendita, o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire quattro milioni.
Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 475 Pena accessoria 
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dai due articoli precedenti importa la pubblicazione della sentenza.

Capo III: DELLA FALSITA' IN ATTI

Art. 476 Falsita' materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici 
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, e' punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsita' concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione e' da tre a dieci anni.

Art. 477 Falsita' materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative 
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, contraffa' o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validita', e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 478 Falsita' materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti 
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall'originale, e' punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se la falsita' concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione e' da tre a otto anni.
Se la falsita' e' commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena e' della reclusione da uno a tre anni.

Art. 479 Falsita' ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici 
Il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto e' stato da lui compiuto o e' avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', soggiace alle pene stabilite nell'articolo 476.

Art. 480 Falsita' ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative 
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

Art. 481 Falsita' ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessita' 
Chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense o di un altro servizio di pubblica necessita' attesta falsamente in un certificato, fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire centomila a un milione.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto e' commesso a scopo di lucro.

Art. 482 Falsita' materiale commessa dal privato 
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 e' commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell'esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 483 Falsita' ideologica commessa dal privato in atto pubblico 
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non puo' essere inferiore a tre mesi.

Art. 484 Falsita' in registri e notificazioni 
Chiunque, essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all'ispezione all'Autorita' di pubblica sicurezza, o a fare notificazioni all'Autorita' stessa circa le proprie operazioni industriali commerciali o professionali, scrive o lascia scrivere false indicazioni e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Art. 485 Falsita' in scrittura privata 
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, e' punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata.

Art. 486 Falsita' in foglio firmato in bianco. Atto privato 
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l'obbligo o la facolta' di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, e' punito, se del foglio faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Si considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato ad essere riempito.

Art. 487 Falsita' in foglio firmato in bianco. Atto pubblico 
Il pubblico ufficiale, che, abusando di un foglio firmato in bianco del quale abbia il possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l'obbligo o la facolta' di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479 e 480.

Art. 488 Altre falsita' in foglio firmato in bianco. Applicabilita' delle disposizioni sulle falsita' materiali 
Ai casi di falsita' su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti dai due articoli precedenti, si applicano le disposizioni sulle falsita' materiali in atti pubblici o in scritture private.

Art. 489 Uso di atto falso 
Chiunque, senza essere concorso nella falsita', fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo.
Qualora si tratti di scritture private, chi commette il fatto e' punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.

Art. 490 Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri 
Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico o una scrittura privata veri soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli artt. 476, 477, 482 e 485, secondo le distinzioni in essi contenute.
Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo precedente.

Art. 491 Documenti equiparati agli atti pubblici agli effetti della pena 
Se alcuna delle falsita' prevedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore, in luogo della pena stabilita per la falsita' in scrittura privata nell'articolo 485, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476 e nell'articolo 482.
Nel caso di contraffazione o alterazione di alcuno degli atti suddetti, chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsita', soggiace alla pena stabilita nell'articolo 489 per l'uso di atto pubblico falso.

Art. 491 bis Documenti informatici 
Se alcuna delle falsita' previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le scritture private. A tal fine per documento informatico si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 3, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 492 Copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti 
Agli effetti delle disposizioni precedenti, nella denominazione di "atti pubblici" e di "scritture private" sono compresi gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo degli originali mancanti.

Art. 493 Falsita' commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico 
Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsita' commesse da pubblici ufficiali si applicano altresi' agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni.

Art. 493 bis Casi di perseguibilita' a querela 
I delitti previsti dagli articoli 485 e 486 e quelli previsti dagli articoli 488, 489 e 490, quando concernono una scrittura privata, sono punibili a querela della persona offesa.
Si procede d'ufficio, se i fatti previsti dagli articoli di cui al precedente comma riguardano un testamento olografo (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Capo IV: DELLA FALSITA' PERSONALE

Art. 494 Sostituzione di persona 
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a se' o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualita' a cui la legge attribuisce effetti giuridici, e' punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno.

Art. 495 Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri 
Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identita' o lo stato o altre qualita' della propria o dell'altrui persona e' punito con la reclusione fino a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico.
La reclusione non e' inferiore ad un anno:
1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
2) se la falsa dichiarazione sulla propria identita', sul proprio stato o sulle proprie qualita' personali e' resa da un imputato all'Autorita' giudiziaria, ovvero se per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.
La pena e' diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per se' o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.

Art. 496 False dichiarazioni sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri 
Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identita', sullo stato o su altre qualita' della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale, o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire un milione.

Art. 497 Frode nel farsi rilasciare certificati del casellario giudiziale e uso indebito di tali certificati 
Chiunque si procura con frode un certificato del casellario giudiziale o un altro certificato penale relativo ad altra persona, ovvero ne fa uso per uno scopo diverso da quello per cui esso e' domandato, e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.

Art. 498 Usurpazione di titoli o di onori 
Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale e' richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, e' punito con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Alla stessa pena soggiace chi si arroga dignita' o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualita' inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza.

 

Codice Penale

 

Libro secondo: DEI DELITTI IN PARTICOLARE
Titolo VIII: DEI DELITTI CONTRO L'ECONOMIA PUBBLICA, L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO
Capo I: DEI DELITTI CONTRO L'ECONOMIA PUBBLICA

Art. 499 Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione
Chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale o far venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo, e' punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa non inferiore a lire quattro milioni.

Art. 500 Diffusione di una malattia delle piante o degli animali
Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se la diffusione avviene per colpa, la pena e' della multa da lire duecentomila a quattro milioni.

Art. 501 Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio
Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.
Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.
Le pene sono raddoppiate:
1) se il fatto e' commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;
2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto e' commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 27 novembre 1976, n. 787.

Art. 501 bis Manovre speculative su merci
Fuori dei casi previsti dall'articolo precedente, chiunque, nell'esercizio di qualsiasi attivita' produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessita', in modo atto a determinare la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.
Alla stessa pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell'esercizio delle medesime attivita', ne sottrae alla utilizzazione o al consumo rilevanti quantita'.
L'autorita' giudiziaria competente e, in caso di flagranza, anche gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedono al sequestro delle merci, osservando le norme sull'istruzione formale. L'autorita' giudiziaria competente dispone la vendita coattiva immediata delle merci stesse nelle forme di cui all'articolo 625 del codice di procedura penale.
La condanna importa l'interdizione dall'esercizio di attivita' commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell'autorita' e la pubblicazione della sentenza (1) .
(1)Articolo aggiunto dalla L. 27 novembre 1976, n. 787.

Art. 502 Serrata e sciopero per fini contrattuali
Il datore di lavoro che, col solo scopo di imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, e' punito con la multa non inferiore a lire due milioni (1).
I lavoratori addetti a stabilimenti, aziende o uffici, che, in numero di tre o piu', abbandonano collettivamente il lavoro, ovvero lo prestano in modo da turbarne la continuita' o la regolarita', col solo scopo di imporre ai datori di lavoro patti diversi da quelli stabiliti, ovvero di opporsi a modificazioni di tali patti o, comunque, di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sono puniti con la multa fino a lire duecentomila (1).
(1) Con sentenza n. 29 del 4 maggio 1960 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del primo e del secondo comma di questo articolo, in riferimento agli artt. 39 e 40 Cost.

Art. 503 Serrata e sciopero per fini non contrattuali
Il datore di lavoro o i lavoratori, che per fine politico commettono, rispettivamente, alcuno dei fatti preveduti dall'articolo precedente, sono puniti con la reclusione fino a un anno e con la multa non inferiore a lire due milioni, se si tratta di un datore di lavoro, ovvero con la reclusione fino a sei mesi e con la multa fino a lire duecentomila, se si tratta di lavoratori (1).
(1) Con sentenza n. 290 del 27 dicembre 1974 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo nella parte in cui punisce anche lo sciopero politico che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranita' popolare.

Art. 504 Coazione alla pubblica Autorita' mediante serrata o sciopero
Quando alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 502 e' commesso con lo scopo di costringere l'Autorita' a dare o ad omettere un provvedimento, ovvero con lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, si applica la pena della reclusione fino a due anni (1).
(1) Con sentenza n. 165 del 13 giugno 1983 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo nella parte in cui punisce lo sciopero il quale ha lo scopo di costringere l'autorita' a dare o ad omettere un provvedimento o lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, a meno che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranita' popolare.

Art. 505 Serrata o sciopero a scopo di solidarieta' o di protesta
Il datore di lavoro o i lavoratori, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commettono uno dei fatti preveduti dall'articolo 502 soltanto per solidarieta' con altri datori di lavoro o con altri lavoratori ovvero soltanto per protesta, soggiacciono alle pene ivi stabilite.

Art. 506 Serrata di esercenti di piccole industrie o commerci
Gli esercenti di aziende industriali o commerciali, i quali, non avendo lavoratori alla loro dipendenza, in numero di tre o piu' sospendono collettivamente il lavoro per uno degli scopi indicati nei tre articoli precedenti, soggiacciono alle pene ivi rispettivamente stabilite per i datori di lavoro, ridotte alla meta' (1).
(1) Con sentenza n. 222 del 17 luglio 1975 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo in relazione all'art. 505, nella parte in cui punisce la sospensione del lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende industriali o commerciali che non hanno lavoratori alla loro dipendenza.

Art. 507 Boicottaggio
Chiunque, per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505, mediante propaganda o valendosi della forza e autorita' di partiti, leghe o associazioni, induce una o piu' persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro, ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali, e' punito con la reclusione fino a tre anni.
Se concorrono fatti di violenza o minaccia, si applica la reclusione da due a sei anni (1).
(1) Con sentenza n. 84 del 17 aprile 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo per la parte relativa all'ipotesi della propaganda qualora questa non assuma dimensioni tali ne' raggiunga un grado tale di intensita' e di efficacia da risultare veramente notevole.

Art. 508 Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio
Chiunque, col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro, invade od occupa l'altrui azienda agricola o industriale, ovvero dispone di altrui macchine, scorte, apparecchi o strumenti destinati alla produzione agricola o industriale, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
Soggiace alla reclusione da sei mesi a quattro anni e alla multa non inferiore a lire un milione, qualora il fatto non costituisca un piu' grave reato, chi danneggia gli edifici adibiti ad azienda agricola o industriale, ovvero un'altra delle cose indicate nella disposizione precedente.

Art. 509 Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro (1)
Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme emanate dagli organi corporativi, e' punito con la sanzione amministrativa da lire duecentomila a lire un milione (2) .
Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale rifiuta o, comunque, omette di eseguire una decisione del magistrato del lavoro, pronunciata su una controversia relativa alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro, e' punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave reato, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni (3) .
(1) Rubrica cosi' modificata dall'art. 1, lett. a) , D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.
Testo della rubrica prima della modifica apportata dall'art. 1, lett. a), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758
(Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro e delle decisioni del magistrato del lavoro)
(2) Comma cosi' modificato dall'art. 1, lett. b), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.
Testo del comma 1 prima della modificata apportata dall'art. 1, lett. b), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758
Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme emanate dagli organi corporativi, e' punito con la multa fino a lire un milione.
(3) Comma abrogato dall'art. 1, lett. c), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.


Art. 510 Circostanze aggravanti
Quando i fatti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono commessi in tempo di guerra, ovvero hanno determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari, le pene stabilite negli articoli stessi sono aumentate.

Art. 511 Pena per i capi, promotori e organizzatori
Le pene stabilite per i delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono raddoppiate per i capi, promotori od organizzatori; e, se sia stabilita dalla legge la sola pena pecuniaria, e' aggiunta la reclusione da sei mesi a due anni.

Art. 512 Pena accessoria
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti importa l'interdizione da ogni ufficio sindacale per la durata di anni cinque.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO

Art. 513 Turbata liberta' dell'industria o del commercio
Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l'esercizio di un'industria o di un commercio e' punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un piu' grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Art. 513 bis Illecita concorrenza con minaccia o violenza
Chiunque nell'esercizio di un'attivita' commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia, e' punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena e' aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attivita' finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici (1).
(1)Articolo aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.

Art. 514 Frodi contro le industrie nazionali
Chiunque, ponendo in vendita o mettendo altrimenti in circolazione, sui mercati nazionali o esteri, prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, cagiona un nocumento all'industria nazionale, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire un milione.
Se per i marchi o segni distintivi sono state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprieta' industriale, la pena e' aumentata e non si applicano le disposizioni degli articoli 473 e 474.

Art. 515 Frode nell'esercizio del commercio
Chiunque, nell'esercizio di una attivita' commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualita' o quantita', diversa da quella dichiarata o pattuita, e' punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire quattro milioni.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena e' della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a lire duecentomila.

Art. 516 Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire due milioni.

Art. 517 Vendita di prodotti industriali con segni mendaci
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualita' dell'opera o del prodotto, e' punito, se il fatto non e' preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni.

Capo III: DISPOSIZIONE COMUNE AI CAPI PRECEDENTI

Art. 518 Pubblicazione della sentenza
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli artt. 501, 514, 515, 516 e 517 importa la pubblicazione della sentenza.

Titolo IX: DEI DELITTI CONTRO LA MORALITA' PUBBLICA E IL BUON COSTUME
Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA LIBERTA' SESSUALE

Art. 519 Della violenza carnale
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi si congiunge carnalmente con persona la quale al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole ne e' l'ascendente o il tutore, ovvero e' un'altra persona a cui il minore e' affidato per ragioni di cura, di educazione, d'istruzione, di vigilanza o di custodia;
3) e' malata di mente, ovvero non e' in grado di resistergli a cagione delle proprie condizioni d'inferiorita' psichica o fisica, anche se questa e' indipendente dal fatto del colpevole;
4) e' stata tratta in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66

Art. 520 Congiunzione carnale commessa con abuso della qualita' di pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, che, fuori dei casi preveduti nell'articolo precedente, si congiunge carnalmente con una persona arrestata o detenuta, di cui ha la custodia per ragione del suo ufficio, ovvero con persona che e' a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'Autorita' competente, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica se il fatto e' commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di qualsiasi autorita' sopra taluna delle persone suddette.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 521 Atti di libidine violenti
Chiunque, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, commette su taluno atti di libidine diversi dalla congiunzione carnale soggiace alle pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
Alle stesse pene soggiace chi, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, costringe o induce taluno a commettere gli atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 522 Ratto a fine di matrimonio
Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae o ritiene, per fine di matrimonio, una donna non coniugata, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
Se il fatto e' commesso in danno di una persona dell'uno o dell'altro sesso, non coniugata, maggiore degli anni quattordici e minore degli anni diciotto, la pena e' della reclusione da due a cinque anni.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 523 Ratto a fine di libidine
Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae o ritiene, per fine di libidine, un minore, ovvero una donna maggiore di eta', e' punito con la reclusione da tre a cinque anni.
La pena e' aumentata se il fatto e' commesso a danno di persona che non ha ancora compiuto gli anni diciotto ovvero di una donna coniugata.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 524 Ratto di persona minore degli anni quattordici o inferma, a fine di libidine o di matrimonio
Le pene stabilite nei capoversi dei due articoli precedenti si applicano anche a chi commette il fatto ivi preveduto, senza violenza, minaccia o inganno, in danno di persona minore degli anni quattordici o malata di mente, o che non sia, comunque, in grado di resistergli, a cagione delle proprie condizioni d'infermita' psichica o fisica, anche se questa e' indipendente dal fatto del colpevole.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 525 Circostanze attenuanti
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono diminuite se il colpevole, prima della condanna, senza avere commesso alcun atto di libidine in danno della persona rapita, la restituisce spontaneamente in liberta', riconducendola alla casa donde la tolse o a quella della famiglia di lei, o collocandola in un altro luogo sicuro, a disposizione della famiglia stessa.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 526 Seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata
Chiunque, con promessa di matrimonio, seduce una donna minore di eta', inducendola in errore sul proprio stato di persona coniugata, e' punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Vi e' seduzione quando vi e' stata congiunzione carnale.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Capo II: DELLE OFFESE AL PUDORE E ALL'ONORE SESSUALE

Art. 527 Atti osceni
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni e' punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Se il fatto avviene per colpa, la pena e' della multa da lire sessantamila a seicentomila.

Art. 528 Pubblicazioni e spettacoli osceni
Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri atti osceni di qualsiasi specie, e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.
Tale pena si applica inoltre a chi:
1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicita' atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo;
2) da' pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenita'.
Nel caso preveduto dal n. 2, la pena e' aumentata se il fatto e' commesso nonostante il divieto dell'Autorita'.

Art. 529 Atti e oggetti osceni: nozione
Agli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo, che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.

Art. 530 Corruzione di minorenni
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli 519, 520 e 521, commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni sedici, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni sedici a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole, o su altri.
La punibilita' e' esclusa se il minore e' persona gia' moralmente corrotta.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66

Art. 531 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 532 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 533 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 534 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 535 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 536 Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

Art. 537 Tratta di donne e di minori commessa all'estero
I delitti preveduti dai due articoli precedenti sono punibili anche se commessi da un cittadino in territorio estero (1).
(1) In quanto le convenzioni internazionali lo prevedano (art. 3, L. 20 febbraio 1958, n. 75).

Art. 538 Misure di sicurezza
Alla condanna per il delitto preveduto dall'articolo 531 puo' essere aggiunta una misura di sicurezza detentiva. La misura di sicurezza detentiva e' sempre aggiunta nei casi preveduti dagli articoli 532, 533, 534, 535 e 536.

Capo III: DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI

Art. 539 Eta' della persona offesa
Quando i delitti preveduti in questo titolo sono commessi in danno di un minore degli anni quattordici, il colpevole non puo' invocare a propria scusa l'ignoranza dell'eta' dell'offeso.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 540 Rapporto di parentela
Agli effetti della legge penale, quando il rapporto di parentela e' considerato come elemento costitutivo o come circostanza aggravante o attenuante o come causa di non punibilita', la filiazione illegittima e' equiparata alla filiazione legittima.
Il rapporto di filiazione illegittima e' stabilito osservando i limiti di prova indicati dalla legge civile, anche se per effetti diversi dall'accertamento dello stato delle persone.

Art. 541 Pene accessorie ed altri effetti penali
La condanna per alcuno dei delitti preveduti in questo titolo importa la perdita della potesta' dei genitori o della autorita' maritale o l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla cura, quando la qualita' di genitore, di marito, di tutore o di curatore e' elemento costitutivo o circostanza aggravante.
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 521, 530, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 importa la perdita del diritto agli alimenti e dei diritti successori verso la persona offesa.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 542 Querela dell'offeso
I delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530 sono punibili a querela della persona offesa.
La querela proposta e' irrevocabile.
Si procede tuttavia d'ufficio:
1) se il fatto e' commesso dal genitore o dal tutore, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio;
2) se il fatto e' connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 543 Diritto di querela
Quando la persona offesa muore prima che la querela sia proposta da lei o da coloro che ne hanno la rappresentanza a norma degli articoli 120 e 121, il diritto di querela spetta ai genitori e al coniuge.
Tale disposizione non si applica se la persona offesa ha rinunciato, espressamente o tacitamente, al diritto di querelarsi.
Articolo abrogato dall'art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 544 Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

Titolo X: DEI DELITTI CONTRO LA INTEGRITA' E LA SANITA' DELLA STIRPE

Art. 545 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 546 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 547 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 548 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 549 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 550 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 551 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 552 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 553 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 554 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Art. 555 Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

Titolo XI: DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA
Capo I: DEI DELITTI CONTRO IL MATRIMONIO

Art. 556 Bigamia
Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La pena e' aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla liberta' dello stato proprio o di lei.
Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, e' dichiarato nullo, ovvero e' annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato e' estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Art. 557 Prescrizione del reato
Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall'articolo precedente decorre dal giorno in cui e' sciolto uno dei due matrimoni o e' dichiarato nullo il secondo per bigamia.

Art. 558 Induzione al matrimonio mediante inganno
Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio e' punito, se il matrimonio e' annullato a causa dell'impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da lire quattrocentomila a due milioni.

Art. 559 Adulterio
La moglie adultera e' punita con la reclusione fino a un anno (1).
Con la stessa pena e' punito il correo dell'adultera (1).
La pena e' della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina (2).
Il delitto e' punibile a querela del marito (2).
(1) Con sentenza n. 126 del 19 dicembre 1968 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del primo e del secondo comma.
(2) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del terzo e del quarto comma.


Art. 560 Concubinato
Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, e' punito con la reclusione fino a due anni.
La concubina e' punita con la stessa pena.
Il delitto e' punibile a querela della moglie (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Art. 561 Casi di non punibilita'. Circostanza attenuante
Nel caso preveduto dall'articolo 559, non e' punibile la moglie quando il marito l'abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non e' punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell'altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.
Se il fatto e' commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell'altro coniuge o per mutuo consenso, la pena e' diminuita (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Art. 562 Pena accessoria e sanzione civile
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell'autorita' maritale (1).
Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice puo', sull'istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell'interesse del coniuge offeso e della prole (2).
Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non e' presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale (2).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del primo comma nella parte relativa alla perdita dell'autorita' maritale per effetto della condanna per il delitto di concubinato.
(2) Con la sentenza di cui alla nota precedente la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del secondo e del terzo comma.


Art. 563 Estinzione del reato
Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.
Estinguono altresi' il reato:
1) la morte del coniuge offeso;
2) l'annullamento del matrimonio del colpevole adulterino o di concubinato.
L'estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO LA MORALE FAMILIARE

Art. 564 Incesto
Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena e' della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto e' commesso da persona maggiore di eta', con persona minore degli anni diciotto, la pena e' aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della potesta' dei genitori o della tutela legale.

Art. 565 Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica
Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicita' sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, e' punito con la multa da lire duecentomila a un milione.

Capo III: DEI DELITTI CONTRO LO STATO DI FAMIGLIA

Art. 566 Supposizione o soppressione di stato
Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi, mediante l'occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

Art. 567 Alterazione di stato
Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsita'.


Art. 568 Occultamento di stato di un fanciullo legittimo o naturale riconosciuto
Chiunque depone o presenta un fanciullo, gia' iscritto nei registri dello stato civile come figlio legittimo o naturale riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 569 Pena accessoria
La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della potesta' dei genitori o della tutela legale.

Capo IV: DEI DELITTI CONTRO L'ASSISTENZA FAMILIARE

Art. 570 Violazione degli obblighi di assistenza familiare
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potesta' dei genitori, alla tutela legale, o alla qualita' di coniuge, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di eta' minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato e' commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (1) .
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto e' preveduto come piu' grave reato da un'altra disposizione di legge.
(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 571 Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

Art. 572 Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

Art. 573 Sottrazione consensuale di minorenni
Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potesta' dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volonta' del medesimo genitore o tutore, e' punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
La pena e' diminuita, se il fatto e' commesso per fine di matrimonio; e' aumentata, se e' commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

Art. 574 Sottrazione di persone incapaci
Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la patria potesta', al tutore, o al curatore, o chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volonta' dei medesimi, e' punito, a querela del genitore esercente la potesta' dei genitori, del tutore o curatore, con la reclusione da uno a tre anni.
Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso, per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.
Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

Titolo XII: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA
Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA VITA E L'INCOLUMITA' INDIVIDUALE

Art. 575 Omicidio
Chiunque cagiona la morte di un uomo e' punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

Art. 576 Circostanza aggravanti. Pena di morte
. Si applica la pena di morte (1) se il fatto preveduto dall'articolo precedente e' commesso:
1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel n. 2 dell'articolo 61;
2) contro l'ascendente o il discendente, quando occorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando e' adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi e' premeditazione;
3) dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;
4) dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;
5) nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 520 e 521.
E' latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel n. 6 dell'articolo 61.
(1) La pena di morte e' stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

Art. 577 Altre circostanze aggravanti. Ergastolo
Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo 575 e' commesso:
1) contro l'ascendente o il discendente;
2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;
3) con premeditazione;
4) con concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.
La pena e' della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto e' commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo o contro un affine in linea retta.

Art. 578 Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale
La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto e' determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, e' punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena puo' essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale (1).
(1)Articolo cosi' sostituito dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

Art. 579 Omicidio del consenziente
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui e' punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto e' commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizione di deficienza psichica, per un'altra infermita' o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

Art. 580 Istigazione o aiuto al suicidio
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, e' punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta e' minore degli anni quattordici o comunque e' priva della capacita' d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

Art. 581 Percosse
Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

Art. 582 Lesione personale
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto e' punibile a querela della persona offesa (1).
(1)Articolo cosi' modificato dalla L. 26 gennaio 1963, n. 24. Il secondo comma e' stato successivamente cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 583 Circostanze aggravanti
La lesione personale e' grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;
3) se la persona offesa e' una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto (1).
La lesione personale e' gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacita' di procreare, ovvero una permanente e grave difficolta' della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;
5) l'aborto della persona offesa (1).
(1) Numero abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 124.

Art. 584 Omicidio preterintenzionale
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, e' punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

Art. 585 Circostanze aggravanti
Nei casi preveduti dagli artt. 582, 583 e 584, la pena e' aumentata da un terzo alla meta', se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 576; ed e' aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577, ovvero se il fatto e' commesso con armi o con sostanze corrosive.
Agli effetti della legge penale, per "armi" s'intendono:
1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale e' l'offesa alla persona;
2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali e' dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.
Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

Art. 586 Morti o lesioni come conseguenza di altro delitto
Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.

Art. 587 Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

Art. 588 Rissa
Chiunque partecipa a una rissa e' punito con la multa fino a lire seicentomila.
Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, e' della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l'uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

Art. 589 Omicidio colposo
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena e' della reclusione da uno a cinque anni.
Nel caso di morte di piu' persone, ovvero di morte di una o piu' persone e di lesioni di una o piu' persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non puo' superare gli anni dodici (1).
(1) Articolo cosi' modificato dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.

Art. 590 Lesioni personali colpose
Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale e' punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.
Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione duecentomila; se e' gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni quattrocentomila.
Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentottantamila a un milione duecentomila; e la pena per lesioni gravissime e' della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione duecentomila a due milioni quattrocentomila (1).
Nel caso di lesioni di piu' persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non puo' superare gli anni cinque.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (2).
(1) Comma aggiunto dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.
(2) Comma cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.


Art. 591 Abbandono di persone minori o incapaci
Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.
La pena e' della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed e' da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Le pene sono aumentate se il fatto e' commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.

Art. 592 Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

Art. 593 Omissione di soccorso
Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente e di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'Autorita', e' punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'Autorita'.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena e' aumentata; se ne deriva la morte, la pena e' raddoppiata.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO L'ONORE

Art. 594 Ingiuria
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena e' della reclusione fino a un anno o della multa fino a lire due milioni, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di piu' persone.

Art. 595 Diffamazione
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con piu' persone, offende l'altrui reputazione, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena e' della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni.
Se l'offesa e' recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicita', ovvero in atto pubblico, la pena e' della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione.
Se l'offesa e' recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorita' costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Art. 596 Esclusione della prova liberatoria
Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non e' ammesso a provare, a sua discolpa, la verita' o la notorieta' del fatto attribuito alla persona offesa.
Tuttavia, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l'offensore possono, d'accordo prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giuri' d'onore il giudizio sulla verita' del fatto medesimo.
Quando l'offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato, la prova della verita' del fatto medesimo e' pero' sempre ammessa nel procedimento penale:
1) se la persona offesa e' un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue funzioni;
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa e' tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento penale;
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verita' o la falsita' del fatto ad esso attribuito.
Se la verita' del fatto e' provata o se per esso la persona, a cui il fatto e' attribuito e', per esso condannata dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore della imputazione non e' punibile, salvo che i modi usati non rendano per se' stessi applicabili le disposizioni dell'articolo 594, comma primo, ovvero dell'articolo 595 comma primo (1).
(1) Articolo cosi' modificato dal D.Lgs.Lgt. 14 novembre 1944, n. 288.

Art. 596 bis Diffamazione col mezzo della stampa
Se il delitto di diffamazione e' commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all'editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57 bis e 58 (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 595.

Art. 597 Querela della persona offesa ed estinzione del reato
I delitti preveduti dagli articoli 594 e 595 sono punibili a querela della persona offesa.
Se la persona offesa e l'offensore hanno esercitato la facolta' indicata nel capoverso dell'articolo precedente, la querela si considera tacitamente rinunciata o rimessa.
Se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre la querela, o se si tratta di offesa alla memoria del defunto, possono proporre querela i prossimi congiunti, l'adottante e l'adottato. In tali casi, e altresi' in quello in cui la persona offesa muoia dopo aver proposta la querela, la facolta' indicata nel capoverso dell'articolo precedente, spetta ai prossimi congiunti, all'adottante e all'adottato.

Art. 598 Offese in scritti e discorsi pronunciati dinnanzi alle Autorita' giudiziarie o amministrative
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinnanzi all'Autorita' giudiziaria, ovvero dinnanzi a un'autorita' amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice, pronunciando nella causa, puo', oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, e' fatta sulle medesime annotazione della sentenza.

Art. 599 Ritorsione e provocazione
Nei casi preveduti dall'articolo 594, se le offese sono reciproche, il giudice puo' dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori.
Non e' punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all'offensore che non abbia proposto querela per le offese ricevute.

Capo III: DEI DELITTI CONTRO LA LIBERTA' INDIVIDUALE
Sezione I: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITA' INDIVIDUALE

Art. 600 Riduzione in schiavitu'
Chiunque riduce una persona in schiavitu', o in una condizione analoga alla schiavitu', e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 601 Tratta e commercio di schiavi
Chiunque commette tratta o comunque fa commercio di schiavi o di persone in condizione analoga alla schiavitu' e' punito con la reclusione da cinque a venti anni.

Art. 602 Alienazione e acquisto di schiavi
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, aliena o cede una persona che si trova in stato di schiavitu' o in una condizione analoga alla schiavitu', o se ne impossessa o ne fa acquisto o la mantiene nello stato di schiavitu', o nella condizione predetta, e' punito con la reclusione da tre a dodici anni.

Art. 603 Plagio
Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni (1).
(1) Con sentenza n. 96 del 9 aprile 1981 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Art. 604 Fatto commesso all'estero in danno di cittadino italiano
Le disposizioni di questa sezione si applicano altresi', quando il fatto e' commesso all'estero in danno di cittadino italiano.

Sezione II: DEI DELITTI CONTRO LA LIBERTA' PERSONALE

Art. 605 Sequestro di persona
Chiunque priva taluno della liberta' personale e' punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
La pena e' della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto e' commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge;
2) da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.

Art. 606 Arresto illegale
Il pubblico ufficiale che procede ad un arresto, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, e' punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 607 Indebita limitazione di liberta' personale
Il pubblico ufficiale, che, essendo preposto o addetto a un carcere giudiziario o ad uno stabilimento destinato all'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, vi riceve taluno senza un ordine dell'Autorita' competente, o non obbedisce all'ordine di liberazione dato da questa Autorita', ovvero indebitamente protrae l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, e' punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 608 Abuso di autorita' contro arrestati o detenuti
Il pubblico ufficiale, che sottopone a misure di rigore non consentite dalla legge una persona arrestata o detenuta di cui egli abbia la custodia, anche temporanea o che sia a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'Autorita' competente, e' punito con la reclusione fino a trenta mesi.
La stessa pena si applica se il fatto e' commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di una qualsiasi autorita' sulla persona custodita.

Art. 609 Perquisizione e ispezione personali arbitrarie
Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, esegue una perquisizione o un'ispezione personale, e' punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 609 bis Violenza sessuale
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorita', costringe taluno a compiere o subire atti sessuali e' punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorita' fisica o psichica della persona offesa al momento dei fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Articolo aggiunto dell'art. 3, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 ter Circostanze aggravanti
La pena e' della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609-bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualita' di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della liberta' personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
La pena e' della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto e' commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.
Articolo aggiunto dall'art. 4, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 quater Atti sessuali con minorenne
Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e' affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza.
Non e' punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di eta' tra i soggetti non e' superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravita' le pena e' diminuita fino a due terzi.
Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.
Articolo aggiunto dall'art. 5, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 quinquies Corruzione di minorenne
Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 sexies Ignoranza dell'eta' della persona
Quando i delitti previsti negli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, nonche' nel caso del delitto di cui all'articolo 609-quinquies, il colpevole non puo' invocare, a propria scusa, l'ignoranza dell'eta' della persona offesa.
Articolo aggiunto dall'art. 7, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609-septies Querela di parte
I delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater sono punibili a querela della persona offesa.
Salvo quanto previsto dall'articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela e' di sei mesi.
La querela proposta e' irrevocabile.
Si procede tuttavia d'ufficio:
1) se il fatto di cui all'articolo 609-bis e' commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici;
2) se il fatto e' commesso dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore e' affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;
3) se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni;
4) se il fatto e' connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio;
5) se il fatto e' commesso nell'ipotesi di cui all'articolo 609-quater, ultimo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 8, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 octies Violenza sessuale di gruppo
La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di piu' persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis.
Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo e' punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La pena e' aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter.
La pena e' diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena e' altresi' diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'articolo 112.
Articolo aggiunto dall'art. 9, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609 nonies Pene accessorie ed altri effetti penali
La condanna per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies comporta:
1) la perdita della potesta' del genitore, quando la qualita' di genitore e' elemento costitutivo del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa.
Articolo aggiunto dall'art. 10, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Art. 609-decies Comunicazione al tribunale per i minorenni
Quando si procede per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quinquies e 609-octies commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall'articolo 609-quater, il procuratore della Repubblica ne da' notizia al tribunale per i minorenni.
Nei casi previsti dal primo comma l'assistenza effettiva e psicologica della persona offesa minorenne e' assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'autorita' giudiziaria che procede.
In ogni caso al minorenne e' assicurata l'assistenza dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali.
Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresi' l'autorita' giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento.
Articolo aggiunto dall'art. 11, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

Sezione III: DEI DELITTI CONTRO LA LIBERTA' MORALE

Art. 610 Violenza privata
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa e' punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena e' aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.

Art. 611 Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato
Chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare altri a commettere un fatto costituente reato e' punito con la reclusione fino a cinque anni.
La pena e' aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.

Art. 612 Minaccia
Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno e' punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire centomila.
Se la minaccia e' grave, o e' fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena e' della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.

Art. 613 Stato di incapacita' procurato mediante violenza
Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato d'incapacita' d'intendere o di volere, e' punito con la reclusione fino a un anno.
Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 579 non esclude la punibilita'.
La pena e' della reclusione fino a cinque anni:
1) se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato;
2) se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto.

Sezione IV: DEI DELITTI CONTRO LA INVIOLABILITA' DEL DOMICILIO

Art. 614 Violazione di domicilio
Chiunque si introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volonta' espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, e' punito con la reclusione fino a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volonta' di chi ha diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.
La pena e' da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto e' commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole e' palesemente armato.

Art. 615 Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, s'introduce o si trattiene nei luoghi indicati nell'articolo precedente, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalita' prescritte dalla legge, la pena e' della reclusione fino a un anno.

Art. 615 bis Interferenze illecite nella vita privata
Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chi rivela o diffonde mediante qualsiasi mezzo d'informazione al pubblico le notizie o le immagini, ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione d'investigatore privato (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 8 aprile 1974, n. 98.

Art. 615 ter Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico
Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volonta' espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, e' punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualita' di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se e' palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanita' o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena e', rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto e' punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio (1).
(1)Articolo aggiunto dall'art. 4, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 615 quater Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, e' punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a lire dieci milioni.
La pena e' della reclusione da uno a due anni e della multa da lire dieci milioni a venti milioni se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell'articolo 617 quater (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 4, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 615 quinquies Diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico
Chiunque diffonde, comunica o consegna un programma informatico da lui stesso o da altri redatto, avente per scopo o per effetto il danneggiamento di un sistema informatico o telematico, dei dati o dei programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero l'interruzione, totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, e' punito con la reclusione sino a due anni e con la multa sino a lire venti milioni (1).
(1)Articolo aggiunto dall'art. 4, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Sezione V: DEI DELITTI CONTRO LA INVIOLABILITA' DEI SEGRETI

Art. 616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza
Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prendere o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, e' punito, se il fatto non e' preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, e' punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un piu' grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza" si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza (1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 5, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 617 Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Chiunque, fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione d'investigatore privato (1).
(1)Articolo cosi' sostituito dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.

Art. 617 bis Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine d'intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone e' punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.

Art. 617 ter Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o telefonica ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o telefonica vera, anche solo occasionalmente intercettata, e' punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.

Art. 617 quater Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche
Chiunque fraudolentamente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra piu' sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.
I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.
Tuttavia si procede d'ufficio e la pena e' della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e' commesso:
1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessita';
2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualita' di operatore del sistema;
3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 617 quinquies Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche
Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra piu' sistemi, e' punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617 quater (1).
(1)Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 617 sexies Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche
Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, forma falsamente ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra piu' sistemi, e' punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617 quater (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 618 Rivelazioni del contenuto di corrispondenza
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 616, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela, in tutto o in parte, e' punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.

Art. 619 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi e dei telefoni
L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale, abusando di tale qualita', commette alcuno dei fatti preveduti dalla prima parte dell'articolo 616, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, e' punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave reato, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da lire sessantamila a un milione.

Art. 620 Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni
L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, che, avendo notizia, in questa sua qualita', del contenuto di una corrispondenza aperta, o di una comunicazione telegrafica, o di una conversazione telefonica, lo rivela senza giusta causa ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una persona diversa da quelle tra le quali la comunicazione o la conversazione e' interceduta, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 621 Rivelazione del contenuto di documenti segreti
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, e' punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma e' considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi (1).
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.
(1) Comma aggiunto dall'art. 7, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 622 Rivelazione di segreto professionale
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, e' punito, se dal fatto puo' derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.

Art. 623 Rivelazione di segreti scientifici o industriali
Chiunque, venuto a cognizione per ragione del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, e' punito con la reclusione fino a due anni.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.

Art. 623 bis Altre comunicazioni e conversazioni
Le disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dall'art. 8, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Titolo XIII: DEI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
Capo I: DEI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
MEDIANTE VIOLENZA ALLE COSE O ALLE PERSONE

Art. 624 Furto
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se' o per altri e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da lire sessantamila a un milione.
Agli effetti della legge penale, si considera "cosa mobile" anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico.

Art. 625 Circostanze aggravanti
La pena e' della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire duecentomila a due milioni:
1) se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione;
2) se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
3) se il colpevole porta indosso armi o narcotici, senza farne uso;
4) se il fatto e' commesso con destrezza, ovvero strappando la cosa di mano o di dosso alla persona;
5) se il fatto e' commesso da tre o piu' persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualita' di pubblico ufficiale o d'incaricato di un pubblico servizio;
6) se il fatto e' commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi, ove si somministrano cibi o bevande;
7) se il fatto e' commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessita' o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilita', difesa o reverenza;
8) se il fatto e' commesso su tre o piu' capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Se concorrono due o piu' delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni e della multa da lire quattrocentomila a tre milioni.

Art. 626 Furti punibili a querela dell'offeso
Si applica la reclusione fino a un anno ovvero la multa fino a lire quattrocentomila e il delitto e' punibile a querela della persona offesa:
1) se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l'uso momentaneo, e' stata immediatamente restituita (1);
2) se il fatto e' commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente bisogno;
3) se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto.
Tali disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate nei nn. 1, 2, 3 e 4 dell'articolo precedente.
(1) Con sentenza n. 1085 del 13 dicembre 1988 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo numero nella parte in cui non estende la disciplina ivi prevista alla mancata restituzione, dovuta a caso fortuito o forza maggiore, della cosa sottratta.

Art. 627 Sottrazione di cose comuni
Il comproprietario, socio o coerede che, per procurare a se' o ad altri un profitto, s'impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene, e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila (1).
Non e' punibile chi commette il fatto su cose fungibili, se il valore di esse non eccede la quota a lui spettante.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 628 Rapina
Chiunque, per procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, e' punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire un milione a quattro milioni.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione per assicurare a se' o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a se' o ad altri l'impunita'.
La pena e' della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da lire due milioni a lire sei milioni:
1) se la violenza o minaccia e' commessa con armi, o da persona travisata, o da piu' persone riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d'incapacita' di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia e' posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416 bis (1).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 14 ottobre 1974, n. 497. Il numero 3 e' stato successivamente aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646. La multa e' stata aumentata dall'art. 8, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.

Art. 629 Estorsione
Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a se' o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da lire un milione a quattro milioni (1).
La pena e' della reclusione da sei a venti anni e della multa da lire due milioni a lire sei milioni, se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente (2).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 8, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
(2) Comma cosi' modificato dalla L. 14 ottobre 1974, n. 497.


Art. 629 bis Altre attivita' estorsive
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la pena prevista dall'articolo 629, primo comma, si applica nei confronti di chiunque realizzi profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis. La pena e' aumentata se i fatti sono commessi da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416 bis (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 9, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.

Art. 630 Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione
Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per se' o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, e' punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole e' punito con la reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la liberta', senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene previste dall'art. 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena e' della reclusione da sei a quindici anni.
Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di fuori del caso previsto dal comma precedente, per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l'autorita' di polizia o l'autorita' giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell'ergastolo e' sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.
Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma e' sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma e' sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono piu' circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non puo' essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.
I limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati allorche' ricorrono le circostanze attenuanti di cui al quinto comma del presente articolo (1).
(1) Articolo gia' sostituito dal D.L. 21 marzo 1978, n. 59 e successivamente cosi' sostituito dalla L. 30 dicembre 1980, n. 894.

Art. 631 Usurpazione
Chiunque, per appropriarsi, in tutto o in parte dell'altrui cosa immobile, ne rimuove o altera i termini e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattrocentomila (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 632 Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi
Chiunque, per procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto, devia acque, ovvero immuta nell'altrui proprieta' lo stato dei luoghi, e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattrocentomila (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 633 Invasione di terreni o edifici
Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto e' commesso da piu' di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da piu' di dieci persone, anche senza armi.

Art. 634 Turbativa violenta del possesso di cose immobili
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, turba, con violenza alla persona o con minaccia, l'altrui pacifico possesso di cose immobili, e' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecetomila a seicentomila.
Il fatto si considera compiuto con violenza o minaccia quando e' commesso da piu' di dieci persone.

Art. 635 Danneggiamento
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui e' punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire seicentomila.
La pena e' della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d'ufficio, se il fatto e' commesso:
1) con violenza alla persona o con minaccia;
2) da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero, ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli artt. 330, 331 e 333 (1);
3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico all'esercizio di un culto, o su altre delle cose indicate nel n. 7 dell'articolo 625;
4) sopra opere destinate all'irrigazione;
5) sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento.
(1) Con sentenza n. 119 del 6 luglio 1970 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del secondo comma di questo articolo nella parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilita' d'ufficio il fatto che il reato sia commesso da lavoratori in occasione di sciopero e da datori di lavoro in occasione di serrata.

Art. 635 bis Danneggiamento di sistemi informatici e telematici
Chiunque distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui, ovvero programmi, informazioni o dati altrui, e' punito, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se ricorre una o piu' delle circostanze di cui al secondo comma dell'articolo 635, ovvero se il fatto e' commesso con abuso della qualita' di operatore del sistema, la pena e' della reclusione da uno a quattro anni (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 9, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 636 Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo
Chiunque introduce o abbandona animali in gregge o in mandria nel fondo altrui e' punito con la multa da lire ventimila a duecentomila.
Se l'introduzione o l'abbandono di animali, anche non raccolti in gregge o in mandria, avviene per farli pascolare nel fondo altrui, la pena e' della reclusione fino a un anno o della multa da lire quarantamila a quattrocentomila.
Qualora il pascolo avvenga, ovvero dalla introduzione o dall'abbandono degli animali il fondo sia stato danneggiato, il colpevole e' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire centomila a un milione.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa (1).
(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 637 Ingresso abusivo nel fondo altrui
Chiunque senza necessita' entra nel fondo altrui recinto da fosso, da siepe viva o da un altro stabile riparo e' punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire duecentomila.

Art. 638 Uccisione o danneggiamento di animali altrui
Chiunque senza necessita' uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri e' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire seicentomila.
La pena e' della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio, se il fatto e' commesso su tre o piu' capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Non e' punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.

Art. 639 Deturpamento e imbrattamento di cose altrui
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui e' punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire duecentomila.

Art. 639 bis
Casi di esclusione dalla perseguibilita' a querela
Nei casi previsti negli articoli 631, 632, 633 e 636 si procede d'ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi, o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO MEDIANTE FRODE

Art. 640 Truffa
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se' o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni:
1) se il fatto e' commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto e' commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorita'.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante (1).
(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 640 bis Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
La pena e' della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunita' europee (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 19 marzo 1990, n. 55.

Art. 640 ter Frode informatica
Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalita' su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a se' o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto e' commesso con abuso della qualita' di operatore del sistema.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma o un'altra circostanza aggravante (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 10, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

Art. 641 Insolvenza fraudolenta
Chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla e' punito, a querela della persona offesa, qualora la obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire un milione.
L'adempimento della obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.

Art. 642 Fraudolenta distruzione della cosa propria e mutilazione fraudolenta della propria persona
Chiunque, al fine di conseguire per se' o per altri il prezzo di un'assicurazione contro infortuni, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprieta' e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a lire due milioni.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine predetto, cagiona a se' stesso una lesione personale, o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta dall'infortunio.
Se il colpevole consegue l'intento, la pena e' aumentata.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il fatto e' commesso all'estero, in danno di un assicuratore italiano, che eserciti la sua industria nel territorio dello Stato; ma il delitto e' punibile a querela della persona offesa.

Art. 643 Circonvenzione di persone incapaci
Chiunque, per procurare a se' o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermita' o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, e' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire quattrocentomila a quattro milioni.

Art. 644 Usura
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se' o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilita', interessi o altri vantaggi usurari, e' punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilita' facendo dare o promettere, a se' o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresi' usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalita' del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilita', ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficolta' economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla meta':
1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attivita' professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprieta' immobiliari;
3) se il reato e' commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato e' commesso in danno di chi svolge attivita' imprenditoriale, professionale o artigianale;
5) se il reato e' commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui e' cessata l'esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, e' sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilita' di cui il reo ha la disponibilita' anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 1, comma 1, L. 7 marzo 1996, n. 108.

Art. 644 bis Usura impropria
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 644, approfittando delle condizioni di difficolta' economica o finanziaria di persona che svolge una attivita' imprenditoriale o professionale, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se' o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o altri vantaggi usurari, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori dei casi di concorso nel delitto previsto dal comma precedente, procura ad una persona che svolge una attivita' imprenditoriale professionale e che versa in condizioni di difficolta' economica o finanziaria una somma di denaro o un'altra cosa mobile, facendo dare o promettere, a se' o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
Si applica la disposizione del terzo comma dell'articolo 644.
Articolo aggiunto dall'art. 11 quinquies, comma 2, D.L. 2 giugno 1992, n. 306 e successivamente abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 7 marzo 1996, n. 108.

Art. 644 ter Prescrizione del reato di usura
La prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale.
Articolo aggiunto dall'art. 11, L. 7 marzo 1995, n. 108.

Art. 645 Frode in emigrazione
Chiunque, con mendaci asserzioni o con false notizie, eccitando taluno ad emigrare, o avviandolo a paese diverso da quello nel quale voleva recarsi, si fa consegnare o promettere, per se' o per altri, denaro o altra utilita', come compenso per farlo emigrare, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a due milioni.
La pena e' aumentata se il fatto e' commesso a danno di due o piu' persone.

Art. 646 Appropriazione indebita
Chiunque, per procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, e' punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni.
Se il fatto e' commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena e' aumentata.
Si procede d'ufficio se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell'articolo 61.

Art. 647 Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito
E' punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a seicentomila:
1) chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull'acquisto della proprieta' di cose trovate;
2) chiunque, avendo trovato un tesoro, si appropria, in tutto o in parte, la quota dovuta al proprietario del fondo;
3) chiunque si appropria cose, delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito.
Nei casi preveduti dai numeri 1 e 3, se il colpevole conosceva il proprietario della cosa che si e' appropriata, la pena e' della reclusione fino a due anni e della multa fino a lire seicentomila.

Art. 648 Ricettazione
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a se' o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque s'intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, e' punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa da lire un milione a lire venti milioni.
La pena e' della reclusione sino a sei anni e della multa sino a lire un milione, se il fatto e' di particolare tenuita'.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non e' imputabile o non e' punibile (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 22 maggio 1975, n. 152.

Art. 648 bis Riciclaggio
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilita' provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, con altro denaro, altri beni o altre utilita', ovvero ostacola l'identificazione della loro provenienza dai delitti suddetti, e' punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni.
La pena e' aumentata quando il fatto e' commesso nell'esercizio di un'attivita' professionale.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648 (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 19 gennaio 1990, n. 55.

Art. 648 ter Impiego di denaro, beni o utilita' di provenienza illecita
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attivita' economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilita' provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, e' punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni.
La pena e' aumentata quando il fatto e' commesso nell'esercizio di un'attivita' professionale.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648 (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 19 marzo 1990, n. 55.

Capo III: DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI

Art. 649 Non punibilita' a querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti
Non e' punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dallo stesso titolo in danno:
1) del coniuge non legalmente separato;
2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell'adottante, o dell'adottato;
3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.

Libro terzo: DELLE CONTRAVVENZIONI IN PARTICOLARE
Titolo I: DELLE CONTRAVVENZIONI DI POLIZIA
Capo I: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA POLIZIA DI SICUREZZA
Sezione I: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'ORDINE PUBBLICO E LA TRANQUILLITÀ PUBBLICA
§ 1: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'INOSSERVANZA DEI PROVVEDIMENTI DI POLIZIA E LE MANIFESTAZIONI SEDIZIOSE E PERICOLOSE

Art. 650 Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità 
Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila.

Art. 651 Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale 
Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila.

Art. 652 Rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto 
Chiunque, in occasione di un tumulto o di un pubblico infortunio o di un comune pericolo, ovvero nella flagranza di un reato, rifiuta, senza giusto motivo, di prestare il proprio aiuto o la propria opera, ovvero di dare le informazioni o le indicazioni che gli siano richieste da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire seicentomila.
Se il colpevole dà informazioni o indicazioni mendaci, è punito con l'arresto da uno a sei mesi ovvero con l'ammenda da lire sessantamila a un milioneduecentomila.

Art. 653 Formazione di corpi armati non diretti a commettere reati 
Chiunque, senza autorizzazione, forma un corpo armato non diretto a commettere reati è punito con l'arresto fino a un anno.

Art. 654 Grida e manifestazioni sediziose 
Chiunque, in una riunione che non sia da considerare privata a norma del n. 3 dell'art. 266, ovvero in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico, compie manifestazioni o emette grida sediziose è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a un anno.

Art. 655 Radunata sediziosa 
Chiunque fa parte di una radunata sediziosa di dieci o più persone è punito, per il solo fatto della partecipazione, con l'arresto fino a un anno.
Se chi fa parte della radunata è armato, la pena è dell'arresto non inferiore a sei mesi.
Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'Autorità, o per obbedire ad essa, si ritira dalla radunata.

Art. 656 Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico
Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire seicentomila.

Art. 657 Grida o notizie atte a turbare la tranquillità pubblica o privata 
Chiunque, con lo scopo di smerciare o distribuire scritti o disegni in luogo pubblico ovvero aperto o esposto al pubblico, annuncia o grida notizie, dalle quali possa essere turbata la tranquillità pubblica o privata, è punito con l'ammenda fino a lire duecentomila.

Art. 658 Procurato allarme presso l'Autorità 
Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire ventimila a un milione.

Art. 659 Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone 
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire seicentomila.
Si applica l'ammenda da lire duecentomila a un milione a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità.

Art. 660 Molestia o disturbo alle persone 
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione.

Art. 661 Abuso della credulità popolare 
Chiunque, pubblicamente cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto può derivare un turbamento dell'ordine pubblico, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire due milioni.

§ 2: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA VIGILANZA SUI MEZZI DI PUBBLICITÀ

Art. 662 Esercizio abusivo dell'arte tipografica 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, o senza osservare le prescrizioni della legge, esercita l'arte tipografica, litografica, fotografica, o un'altra qualunque arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire sessantamila a un milione.
Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 663 Vendita, distribuzione o affissione abusiva di scritti o disegni 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vende o distribuisce o mette comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l'autorizzazione richiesta dalla legge, è punito con l'arresto fino a un mese e con l'ammenda fino a lire cinquantamila.
Alla stessa pena soggiace chiunque, senza licenza dell'Autorità e senza osservarne le prescrizioni, in luogo pubblico aperto o esposto al pubblico, affigge scritti o disegni, o fa uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazioni al pubblico, o comunque colloca iscrizioni o disegni.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano all'affissione di scritti o disegni fuori dai luoghi destinati dall'autorità competente (1).
(1) Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 663 bis Divulgazione di stampa clandestina 
Salvo che il fatto non costituisca reato più grave, chiunque in qualsiasi modo divulga stampe o stampati pubblicati senza l'osservanza delle prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica, è punito con l'ammenda fino a lire duecentocinquantamila o con l'arresto fino ad un anno (1).
(1) Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.

Art. 664 Distruzione o deterioramento di affissioni 
Chiunque stacca, lacera o rende comunque inservibili o illeggibili scritti o disegni, fatti affiggere dalle Autorità civili o da quelle ecclesiastiche, è punito con l'ammenda fino a lire seicentomila.
Se si tratta di scritti o disegni fatti affiggere da privati, nei luoghi e nei modi consentiti dalla legge o dall'Autorità, la pena è dell'ammenda fino a lire duecentomila.

§ 3: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA VIGILANZA SU TALUNE INDUSTRIE E SUGLI SPETTACOLI PUBBLICI

Art. 665 Agenzie di affari ed esercizi pubblici non autorizzati o vietati 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, o senza la preventiva dichiarazione alla medesima, quando siano richieste, apre o conduce agenzie di affari, stabilimenti o esercizi pubblici, ovvero per mercede alloggia persone, o le riceve in convitto o in cura, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione.
Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, le pene dell'arresto e dell'ammenda si applicano congiuntamente.
Qualora, ottenuta la licenza, non si osservino le altre prescrizioni della legge o dell'Autorità, la pena è dell'arresto fino a tre mesi o dell'ammenda fino a lire seicentomila.
Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 666 Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o trattenimenti di qualsiasi natura, o apre circoli o sale da ballo o di audizione, è punito con l'ammenda da lire ventimila a un milione.
Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, la pena è dell'arresto fino a un mese (1).
(1) Con sentenza n. 56 del 15 aprile 1970 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del questore.

Art. 667 Esecuzione abusiva di azioni destinate a essere riprodotte col cinematografo 
Chiunque fa eseguire in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico azioni destinate a essere riprodotte col cinematografo, senza averne dato preventivo avviso all'Autorità, è punito con l'ammenda da lire duecentomila a un milione.
Alla stessa pena soggiace chi fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, ovvero esporta o fa comunque commercio di pellicole cinematografiche, senza averne dato il preventivo avviso all'Autorità.
Se alcuno dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti è commesso contro il divieto dell'Autorità, la pena è dell'arresto fino a un mese.
Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 668 Rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive 
Chiunque recita in pubblico drammi o altre opere, ovvero dà in pubblico produzioni teatrali di qualunque genere, senza averli prima comunicati all'Autorità, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire seicentomila.
Alla stessa pena soggiace chi fa rappresentare in pubblico pellicole cinematografiche, non sottoposte prima alla revisione dell'Autorità.
Se il fatto è commesso contro il divieto dell'Autorità, la pena pecuniaria e la pena detentiva sono applicate congiuntamente.
Il fatto si considera commesso in pubblico se ricorre taluna delle circostanze indicate nei nn. 2 e 3 dell'articolo 266.

§ 4: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA VIGILANZA SUI MESTIERI GIROVAGHI E LA PREVENZIONE DELL'ACCATTONAGGIO

Art. 669 Esercizio abusivo di mestieri girovaghi 
Chiunque esercita un mestiere girovago senza la licenza dell'Autorità o senza osservare le altre prescrizioni stabilite dalla legge, è punito con la sanzione amministrativa da lire ventimila a lire cinquecentomila.
Alla stessa pena soggiace il genitore o il tutore che impiega in mestieri girovaghi un minore degli anni diciotto, senza che questi abbia ottenuto la licenza o abbia osservato le altre prescrizioni di legge.
La pena è della sanzione amministrativa (1) da lire ventimila a lire cinquantamila e può essere ordinata la libertà vigilata:
1) se il fatto è commesso contro il divieto della legge o dell'Autorita;
2) se la persona che esercita abusivamente il mestiere di girovago ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non colposo.
(1) Sanzione così modificata dall'art. 33, L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 670 Mendicità 
Chiunque mendica in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con l'arresto fino a tre mesi.
La pena è dell'arresto da uno a sei mesi se il fatto è commesso in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà.

Art. 671 Impiego di minori nell'accattonaggio 
Chiunque si vale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, la quale sia sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, ovvero permette che tale persona mendichi, o che altri se ne valga per mendicare, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
Qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, la condanna importa la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori o dall'ufficio di tutore.

Sezione II: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'INCOLUMITÀ PUBBLICA
 § 1: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'INCOLUMITÀ DELLE PERSONE NEI LUOGHI DI PUBBLICO TRANSITO O NELLE ABITAZIONI

Art. 672 Omessa custodia e malgoverno di animali 
Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa (1) da lire cinquantamila a lire cinquecentomila.
Alla stessa pena soggiace:
1) chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi gli animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l'incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta;
2) Chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l'incolumità delle persone.
(1) Sanzione così modificata dall'art. 33, L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 673 Omesso collocamento o rimozione di segnali o ripari 
Chiunque omette di collocare i segnali o i ripari prescritti dalla legge o dall'Autorità per impedire pericoli alle persone in un luogo di pubblico transito, ovvero rimuove i segnali o i ripari suddetti, o spegne i fanali collocati come segnali, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire un milione.
Alla stessa pena soggiace chi rimuove apparecchi o segnali diversi da quelli indicati nella disposizione precedente e destinati a un servizio pubblico o di pubblica necessità, ovvero spegne i fanali della pubblica illuminazione.

Art. 674 Getto pericoloso di cose 
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila.

Art. 675 Collocamento pericoloso di cose 
Chiunque, senza le debite cautele, pone o sospende cose, che, cadendo in un luogo di pubblico transito, o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, possano offendere o imbrattare o molestare persone, è punito con l'ammenda fino a lire duecentomila.

Art. 676 Rovina di edifici o di altre costruzioni 
Chiunque ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un'altra costruzione, che poi, per sua colpa, rovini, è punito con l'ammenda non inferiore a lire duecentomila.
Se dal fatto è derivato pericolo alle persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi ovvero dell'ammenda non inferiore a lire seicentomila.

Art. 677 Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina 
Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con l'ammenda non inferiore a lire duecentomila.
Alla stessa pena soggiace chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.
Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a lire seicentomila.

§ 2: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI INFORTUNI NELLE INDUSTRIE O NELLA CUSTODIA DI MATERIE ESPLODENTI

Art. 678 Fabbricazione o commercio abusivi di materie esplodenti 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità o senza le prescritte cautele, fabbrica o introduce nello Stato, ovvero tiene in deposito o vende o trasporta materie esplodenti o sostanze destinate alla composizione o alla fabbricazione di esse, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda fino a lire quattrocentottantamila.

Art. 679 Omessa denuncia di materie esplodenti 
Chiunque omette di denunciare all'Autorità che egli detiene materie esplodenti di qualsiasi specie, ovvero materie infiammabili, pericolose per la loro qualità o quantità, è punito con l'arresto fino a dodici mesi o con l'ammenda fino a lire settecentoventimila.
Soggiace all'ammenda fino a lire quattrocentottantamila chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano materie esplodenti, omette di farne denuncia all'Autorità.
Nel caso di trasgressione all'ordine legalmente dato dall'Autorità, di consegnare, nei termini prescritti, le materie esplodenti, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni o dell'ammenda da lire settantaduemila a un milioneduecentomila.

Art. 680 Circostanze aggravanti 
Le pene per le contravvenzioni prevedute dai due articoli precedenti sono aumentate se il fatto è commesso da alcuna delle persone alle quali la legge vieta di concedere la licenza, ovvero se questa è stata negata o revocata.

Art. 681 Apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento 
Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell'Autorità a tutela della incolumità pubblica, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda non inferiore a lire duecentomila.

Sezione III: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI TALUNE SPECIE DI REATI
§ 1: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA TUTELA PREVENTIVA DEI SEGRETI

Art. 682 Ingresso arbitrario in luoghi, ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato 
Chiunque si introduce in luoghi, nei quali l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto da tre mesi a un anno, ovvero con l'ammenda da lire centomila a seicentomila.

Art. 683 Pubblicazione delle discussioni o delle deliberazioni segrete di una delle Camere 
Chiunque, senza autorizzazione, pubblica col mezzo della stampa, o con un altro dei mezzi indicati nell'articolo 662, anche per riassunto, il contenuto delle discussioni o delle deliberazioni segrete, del Senato o della Camera dei deputati, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila (1).
(1)Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 684 Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale 
Chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, è punito con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila (1).
(1) Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 685 Indebita pubblicazione di notizie concernenti un procedimento penale 
Chiunque pubblica i nomi dei giudici, con l'indicazione dei voti individuali che ad essi si attribuiscono nelle deliberazioni prese in un procedimento penale, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire cinquantamila a duecentomila (1).
(1) Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

§ 2: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DELL'ALCOOLISMO E DEI DELITTI COMMESSI IN STATO DI UBRIACHEZZA

Art. 686 Fabbricazione o commercio abusivi di liquori o droghe, o di sostanze destinate alla loro composizione 
Chiunque, contro il divieto della legge, ovvero senza osservare le prescrizioni della legge o dell'autorità, fabbrica o introduce nello Stato droghe, liquori o altre bevande alcooliche ovvero detiene per vendere o vende droghe, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da lire centomila a un milione (1).
Alla stessa pena soggiace chi, senza osservare le prescrizioni della legge o dell'Autorità, fabbrica o introduce nello Stato sostanze destinate alla composizione di liquori o droghe.
(1) Comma così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 687 Consumo di bevande alcooliche in tempo di vendita non consentita 
Chiunque acquista o consuma, in un esercizio pubblico, bevande alcooliche fuori del tempo in cui ne è permessa la vendita, è punito con la sanzione amministrativa (1) fino a lire centomila.
(1) Sanzione così modificata dall'art. 33, L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 688 Ubriachezza 
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta ubriachezza è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire ventimila a quattrocentomila.
La pena è dell'arresto da tre a sei mesi se il fatto è commesso da chi ha già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale.
La pena è aumentata se la ubriachezza è abituale.

Art. 689 Somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente 
L'esercente un'osteria o un altro pubblico spazio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un'altra infermità, è punito con l'arresto fino a un anno.
Se dal fatto deriva l'ubriachezza, la pena è aumentata.
La condanna importa la sospensione dall'esercizio.

Art. 690 Determinazione in altri dello stato di ubriachezza 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, cagiona la ubriachezza altrui, somministrando bevande alcooliche, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire sessantamila a seicentomila.

Art. 691 Somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza 
Chiunque somministra bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta ubriachezza, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
Qualora il colpevole sia esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o bevande, la condanna importa la sospensione dall'esercizio.

Libro terzo: DELLE CONTRAVVENZIONI IN PARTICOLARE
Titolo I: DELLE CONTRAVVENZIONI DI POLIZIA
Capo I: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA POLIZIA DI SICUREZZA
Sezione III: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI TALUNE SPECIE DI REATI
§ 3: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA

Art. 692 Detenzione di misure e pesi illegali 
Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, o in uno spaccio aperto al pubblico, detiene misure o pesi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ovvero usa misure o pesi senza osservare le prescrizioni di legge, è punito con l'ammenda da lire ventimila a quattrocentomila.
Se il colpevole ha già riportato una condanna per delitti contro il patrimonio, o contro la fede pubblica, o contro l'economia pubblica, l'industria o il commercio, o per altri delitti della stessa indole, può essere sottoposto alla libertà vigilata.

Art. 693 Rifiuto di monete aventi corso legale 
Chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa (1) fino a lire sessantamila.
(1) Sanzione così modificata dall'art. 33, L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 694 Omessa consegna di monete riconosciute contraffatte 
Chiunque avendo ricevuto come genuine, per un valore complessivo non inferiore a lire venti, monete contraffatte o alterate, non le consegna all'Autorita entro tre giorni da quello in cui ne ha conosciuto la falsità o l'alterazione, indicandone la provenienza se la conosce, è punito con la sanzione amministrativa (1) fino a lire quattrocentomila.
(1) Sanzione così modificata dall'art. 33, L. 24 novembre 1981, n. 689.

§ 4: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI DELITTI CONTRO LA VITA E L'INCOLUMITÀ INDIVIDUALE

Art. 695 Fabbricazione o commercio non autorizzati di armi 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, fabbrica o introduce nello Stato, o esporta, o pone comunque in vendita armi, ovvero ne fa raccolta per ragioni di commercio o di industria, è punito con l'arresto fino a tre anni e con l'ammenda fino a lire due milioni quattrocentomila.
Non si applica la pena dell'arresto, qualora si tratti di collezioni di armi artistiche, rare o antiche.

Art. 696 Vendita ambulante di armi 
Chiunque esercita la vendita ambulante di armi è punito con l'arresto fino a tre anni e con l'ammenda fino a lire due milioni quattrocentomila.

Art. 697 Detenzione abusiva di armi 
Chiunque detiene armi o munizioni senza averne fatto denuncia all'Autorità, quando la denuncia è richiesta, è punito con l'arresto fino a dodici mesi o con l'ammenda fino a lire settecentoventimila.
Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia all'autorità, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire cinquecentomila (1).
(1) Comma così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 698 Omessa consegna di armi 
Chiunque trasgredisce all'ordine, legalmente dato dall'Autorità, di consegnare nei termini prescritti le armi o le munizioni da lui detenute, è punito con l'arresto non inferiore a nove mesi o con l'ammenda non inferiore a lire duecentoquarantamila.

Art. 699 Porto abusivo di armi 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, quando la licenza è richiesta, porta un'arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi.
Soggiace all'arresto da diciotto mesi a tre anni chi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un'arma per cui non è ammessa licenza.
Se alcuno dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti è commesso in luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte o in luogo abitato, le pene sono aumentate.

Art. 700 Circostanze aggravanti 
Nei casi preveduti dagli articoli precedenti, la pena è aumentata qualora concorra taluna delle circostanze indicate nell'articolo 680.

Art. 701 Misura di sicurezza 
Il condannato per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti può essere sottoposto alla libertà vigilata.

Art. 702 Articolo abrogato dall'art. 9, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

Art. 703 Accensioni ed esplosioni pericolose 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d'artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l'ammenda fino a lire duecentomila.
Se il fatto è commesso in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell'arresto fino a un mese.

Art. 704 Armi 
Agli effetti delle disposizioni precedenti, per "armi" si intendono:
1) quelle indicate nel n. 1 del capoverso dell'articolo 585;
2) le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, e i gas asfissianti o accecanti.

§ 5: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA PREVENZIONE DI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO

Art. 705 Commercio non autorizzato di cose preziose 
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità o senza osservare le prescrizioni della legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose, o compie su esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, arti o attività, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire centomila a due milioni.

Art. 706 Commercio clandestino di cose antiche 
Chiunque esercita il commercio di cose antiche o usate, senza averne prima fatto dichiarazione all'Autorità, quando la legge la richiede, o senza osservare le prescrizioni della legge, è punito con l'ammenda da lire ventimila a seicentomila.
Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.

Art. 707 Possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli 
Chiunque, essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, o per mendicità o essendo ammonito o sottoposto a una misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta, è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l'attuale destinazione, è punito con l'arresto da sei mesi a due anni.
La Corte costituzionale, con sentenza 2 febbraio 1971, n. 14, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta.

Art. 708 Possesso ingiustificato di valori 
Chiunque, trovandosi nelle condizioni personali indicate nell'articolo precedente, è colto in possesso di denaro o di oggetti di valore, o di altre cose non confacenti al suo stato, e dei quali non giustifichi la provenienza, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 luglio 1968, n. 110, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misure di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 2 novembre 1996, n. 370, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso articolo.

Art. 709 Omessa denuncia di cose provenienti da delitto 
Chiunque, avendo ricevuto denaro o acquistato o comunque avuto cose provenienti da delitto, senza conoscerne la provenienza, omette, dopo averla conosciuta, di darne immediato avviso all'Autorita è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione.

Art. 710 Vendita o consegna di chiavi o grimaldelli a persona sconosciuta 
Chiunque fabbrica chiavi di qualsiasi specie su richiesta di persona diversa dal proprietario o possessore del luogo o dell'oggetto a cui le chiavi sono destinate, o da un incaricato di essi, ovvero, esercitando il mestiere di fabbro, chiavaiuolo o un altro simile mestiere, consegna o vende a chicchessia grimaldelli o altri strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire ventimila a duecentomila.

Art. 711 Apertura arbitraria di luoghi o di oggetti 
Chiunque, esercitando il mestiere di fabbro o di chiavaiuolo, ovvero un altro simile mestiere, apre serrature o altri congegni analoghi apposti a difesa di un luogo o di un oggetto, su domanda di chi non sia da lui conosciuto come proprietario o possessore del luogo o dell'oggetto, o come un loro incaricato, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire ventimila a quattrocentomila.

Art. 712 Acquisto di cose di sospetta provenienza 
Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire ventimila.
Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.

Art. 713 Misura di sicurezza 
Il condannato per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti può essere sottoposto alla libertà vigilata.

§ 6: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA CUSTODIA DI MINORI O DI PERSONE DETENUTE

Art. 714 Abrogato dalla L. 13 maggio 1978, n. 180.

Art. 715 Abrogato dalla L. 13 maggio 1978, n. 180.

Art. 716 Omesso avviso all'Autorità della evasione o fuga di minori 
Il pubblico ufficiale o l'addetto a uno stabilimento destinato alla esecuzione di pene o di misure di sicurezza, ovvero ad un riformatorio pubblico, che omette di dare immediato avviso all'Autorità dell'evasione o della fuga di persona ivi detenuta o ricoverata, è punito con l'ammenda da lire ventimila a lire quattrocentomila (1).
La stessa disposizione si applica a chi per legge o per provvedimento dell'Autorità è stata affidata una persona a scopo di custodia o di vigilanza.
(1) Comma così modificato dalla L. 13 maggio 1978, n. 180.

Art. 717 Abrogato dalla L. 13 maggio 1978, n. 180.

Capo II: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA POLIZIA AMMINISTRATIVA SOCIALE
Sezione I: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA POLIZIA DEI COSTUMI

Art. 718  Esercizio di giuochi di azzardo 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, tiene un giuoco d'azzardo o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a lire quattrocentomila.
Se il colpevole è un contravventore abituale o professionale, alla libertà vigilata può essere aggiunta la cauzione di buona condotta.

Art. 719 Circostanze aggravanti 
La pena per il reato preveduto dall'articolo precedente è raddoppiata:
1) se il colpevole ha istituito o tenuto una casa da giuoco;
2) se il fatto è commesso in un pubblico esercizio;
3) se sono impegnate nel giuoco poste rilevanti;
4) se fra coloro che partecipano al giuoco sono persone minori degli anni diciotto.

Art. 720 Partecipazione a giuochi di azzardo 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, senza esser concorso nella contravvenzione preveduta dall'articolo 718, è colto mentre prende parte al giuoco d'azzardo, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione.
La pena è aumentata:
1) nel caso di sorpresa in una casa da giuoco o in un pubblico esercizio;
2) per coloro che hanno impegnato nel giuoco poste rilevanti.

Art. 721 Elementi essenziali del giuoco d'azzardo. Case da giuoco 
Agli effetti delle disposizioni precedenti:
sono "giuochi di azzardo" quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria;
sono "case da giuoco" i luoghi di convegno destinati al giuoco d'azzardo, anche se privati, e anche se lo scopo del giuoco è sotto qualsiasi forma dissimulato.

Art. 722 Pena accessoria e misura di sicurezza 
La condanna per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti importa la pubblicazione della sentenza. È sempre ordinata la confisca del denaro esposto nel giuoco e degli arnesi od oggetti ad esso destinati.

Art. 723 Esercizio abusivo di un giuoco non d'azzardo 
Chiunque, essendo autorizzato a tenere sale da giuoco o da bigliardo, tollera che vi si facciano giuochi non d'azzardo, ma tuttavia vietati dall'Autorità, è punito con l'ammenda da lire diecimila a duecentomila.
Nei casi preveduti dai numeri 3 e 4 dell'articolo 719, si applica l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda da lire centomila a un milione.
Per chi sia colto mentre prende parte al giuoco, la pena è dell'ammenda fino a lire centomila.

Art. 724 Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti 
Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato, è punito con l'ammenda da lire ventimila a seicentomila (1).
Alla stessa pena soggiace chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 440 del 18 ottobre 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma limitatamente alle parole "o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato".

Art. 725 Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza 
Chiunque espone alla pubblica vista o, in luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o distribuisce scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto figurato, che offende la pubblica decenza, è punito con l'ammenda da lire ventimila a due milioni.

Art. 726 Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire ventimila a quattrocentomila.
Soggiace all'ammenda fino a lire centomila chi in un luogo pubblico o aperto al pubblico usa linguaggio contrario alla pubblica decenza.

Art. 727 Maltrattamento di animali 
Chiunque incrudelisce verso animali o senza necessità li sottopone a eccessive fatiche o a torture, ovvero li adopera in lavori ai quali non siano adatti per malattia o per età, è punito con l'ammenda da lire ventimila a seicentomila (1).
Alla stessa pena soggiace chi, anche per solo fine scientifico o didattico, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, sottopone animali vivi a esperimenti tali da destare ribrezzo.
La pena è aumentata, se gli animali sono adoperati in giuochi o spettacoli pubblici, i quali importino strazio o sevizie.
Nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, se il colpevole è un conducente di animali, la condanna importa la sospensione dell'esercizio del mestiere, quando si tratta di un contravventore abituale o professionale.
(1) L'ammenda è stata elevata nel minimo a lire cinquecentomila e nel massimo a lire 3 milioni dall'art. 5, comma 5, della legge 14 agosto 1991, n. 281.

Sezione II: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA POLIZIA SANITARIA

Art. 728 Trattamento idoneo a sopprimere la coscienza o la volontà altrui 
Chiunque pone taluno, col suo consenso, in stato di narcosi o d'ipnotismo, o esegue su lui un trattamento che ne sopprima la coscienza o la volontà, è punito, se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità della persona, con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda da lire sessantamila a un milione.
Tale disposizione non si applica se il fatto è commesso, a scopo scientifico o di cura, da chi esercita una professione sanitaria.

Art. 729 Abrogato dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685.

Art. 730 Somministrazione a minori di sostanze velenose o nocive 
Chiunque, essendo autorizzato alla vendita o al commercio di medicinali, consegna a persona minore degli anni sedici sostanze velenose o stupefacenti, anche su prescrizione medica, è punito con l'ammenda fino a lire un milione.
Soggiace all'ammenda fino lire duecentomila chi vende o somministra tabacco a persona minore degli anni quattordici.

Titolo II: DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'ATTIVITÀ SOCIALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 731 Inosservanza dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori 
Chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, di impartirgli o di fargli impartire l'istruzione elementare è punito con l'ammenda fino a lire sessantamila.

Art. 732 Omesso avviamento dei minori a lavoro 
Chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore che ha compiuto gli anni quattordici e deve trarre dal lavoro il proprio sostentamento, omette, senza giusto motivo, di avviarlo al lavoro è punito con l'ammenda fino a lire sessantamila.

Art. 733 Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale 
Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda non inferiore a lire quattro milioni.
Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata.

Art. 734 Distruzione o deturpamento di bellezze naturali 
Chiunque, mediante ostruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'Autorità, è punito con l'ammenda da lire due milioni a dodici milioni.

Art. 734 bis Divulgazione delle generalità o dell'immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale 
Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 609bis, 609ter, 609quater, 609quinquies e 609octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l'immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l'arresto da tre a sei mesi.
Articolo aggiunto dall'art. 12, L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

 

 

 

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