Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Madrid come Londra: stop ai lavoratori dell'est, Il Manifesto, 01/11/06

Madrid come Londra: stop ai lavoratori dell'est, Il Manifesto, 01/11/06

Madrid come Londra: stop ai lavoratori dell'est


Frontiere chiuse per bulgari e rumeni, anche se dal primo gennaio faranno parte dell'Ue. Una decisione analoga potrebbe essere presa molto presto anche dall'Italia
Alberto D'Argenzio
Bruxelles
Anche la Spagna di Zapatero ha deciso di chiudere le sue frontiere ai lavoratori bulgari e rumeni che dal primo gennaio diventeranno a tutti gli effetti cittadini comunitari. Cittadini di serie B in questo caso. La decisione, che può avere importanti ripercussioni tanto in Italia quanto in Portogallo, è in realtà un piccolo giallo. Ieri pomeriggio il ministro degli esteri Miguel Angel Moratinos annunciava l'intenzione di chiudere le porte sfruttando così una clausola del Trattato di adesione che permette ad ogni capitale di decidere unilateralmente di preservare il proprio mercato del lavoro dal pericolo dei nuovi entrati per un periodo, nel caso di Bulgaria e Romania, di due anni prorogabili poi fino a un lustro. Quasi contemporaneamente alle dichiarazioni di Moratinos, Jesus Caldera, ministro del lavoro sempre per Zapatero, assicurava che il governo «non ha ancora preso alcuna decisione». Caldera propone inoltre una soluzione a metà: «Dobbiamo fare qualcosa di flessibile visto che dobbiamo proteggere il nostro mercato del lavoro, ma stabilendo quei meccanismi di flessibilità necessari quando si necessita mano d'opera». Caldera sembra quindi indicare la via delle quote o dei permessi temporali, soluzioni che tornerebbero assai utili al settore alberghiero, della ristorazione, della costruzione e in agricoltura, gli ambiti in cui si muove la mano d'opera rumena. A quel che sembra, Moratinos non è della stessa idea, al pari dei due maggiori sindacati, la Ugt e Cc.Oo, che hanno chiesto a Zapatero di imporre una moratoria di due anni, come avvenne nel 2004 per polacchi, cechi, slovacchi, ungheresi, sloveni e baltici.
Il governo non ha chiarito ieri l'incertezza, ma qualora prevalesse la posizione del titolare agli esteri, la Spagna andrebbe a fare compagnia a Regno unito e Irlanda, mentre anche Austria, Germania, Belgio e Francia sembrano intenzionate ad alzare barriere, anche se non lo hanno ancora formalizzato a Bruxelles. Se la decisione di Londra e Dublino colpisce perché il primo maggio 2004 solo loro e Stoccolma avevano aperto ai lavoratori degli otto paesi dell'est che facevano il loro ingresso nella Ue, la chiusura possibile di Madrid ci riguarda molto più da vicino perché potrebbe influenzare direttamente Lisbona e soprattutto Roma, due capitali che non hanno preso al momento alcuna decisione. Le implicazioni sul Portogallo sono di carattere geografico, quelle sull'Italia numeriche. Per una questione linguistica, l'emigrazione rumena predilige infatti l'Italia, con il 29% del totale, e quindi la Spagna, con il 22%. I Bulgari si muovono invece soprattutto per vicinanza geografica e religiosa, la più grande comunità si trova in Grecia, 200.000 unità, ma sono numerosissimi anche in Spagna, 80.000, ed Italia, 60.000. Le cifre sono quelle dei permessi ufficiali e pertanto sono puramente indicative.
In questo gioco a chiudere, il governo italiano e Romano Prodi in particolare si trovano in una posizione difficile. Alla vigilia dell'ultimo storico allargamento e come Presidente della Commissione, il Professore aveva invitato gli allora 15 ad aprire le loro frontiere, un richiamo basato sul sacrosanto diritto alla libera circolazione dei lavoratori (articolo 39 del Trattato) ma che veniva raccolto solo da tre paesi. Ora Prodi non sa ancora bene che fare. «Esamineremo la questione da vicino - affermava il premier mercoledì scorso - perché i rumeni rappresentano la prima comunità di immigrati in Italia. Ho appoggiato la politica delle porte aperte, ma questo caso è molto complicato visto che molti paesi hanno annunciato che non garantiranno il libero accesso ai lavoratori rumeni. Proveremo - concludeva Prodi - a risolvere questo problema con gli altri paesi europei».