Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator La denuncia nel rapporto annuale di Antigone, «Pestaggi e troppe morti dentro le carceri italiane», L'Arena 14/11/06

La denuncia nel rapporto annuale di Antigone, «Pestaggi e troppe morti dentro le carceri italiane», L'Arena 14/11/06

 
 

Roma. Pestaggi, vessazioni psicologiche, violenze e umiliazioni reiterate all’interno di carceri sovraffollate, con detenuti costretti a vivere in condizioni igieniche critiche, in prigioni dove il diritto alla difesa non è sempre garantito e le cure mediche sono insufficienti. Così viene descritto il sistema penitenziario italiano nel rapporto annuale «Dentro ogni carcere», realizzato dall’Osservatorio dell’associazione Antigone tra 208 istituti di pena in Italia.
Solo nel 2005 - denuncia Patrizio Gonella, presidente di Antigone e autore insieme a Igea Lanza di Scalea di un capitolo dedicato ai maltrattamenti - sarebbero 300 i casi di detenuti morti nelle carceri italiane, e nonostante «l’amministrazione penitenziaria non abbia fornito dati a riguardo, di questi 60 sono i suicidi, 57 uomini e 3 donne».
Diversi i risvolti processuali e le inchieste aperte in seguito a denunce di detenuti. Ad Ascoli Piceno la stessa Antigone si è costituita parte civile nel processo ad alcuni operatori penitenziari rinviati a giudizio in seguito alla morte di un detenuto. Casi simili anche negli istituti di Biella, Caltanissetta, ma anche Firenze, Forlì, Roma e Napoli. Per Patrizio Gonnella, però, gli abusi iniziano ancora prima dell’ingresso in carcere, al momento dell’arresto, con insulti e maltrattamenti, soprattutto nei confronti degli stranieri, in questure e comandi dei carabinieri.
Nel volume oltre ad un’analisi dei dati sulla popolazione carceraria e sulle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena, si affrontano anche possibili strategie politiche per fronteggiare ad una «situazione critica». Antigone sottolinea la necessità di «risposte sociali a difficoltà che nascono nella società, una vera azione preventiva delle condotte criminali, e una svolta rispetto all’approccio meramente proibizionista adottato sin d’ora, per esempio, riguardo l’uso di sostanze stupefacenti». Ma soprattutto «alternative al sistema della detenzione