Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Cardinal Martino: «Non possiamo scegliere l’immigrato cristiano», Liberazione, 15/11/06

Cardinal Martino: «Non possiamo scegliere l’immigrato cristiano», Liberazione, 15/11/06

Cardinal Martino: «Non possiamo scegliere l’immigrato cristiano»

 
Messaggio del Papa per i rifugiati. «Situazione peggiorata»
Fulvio Fania
Città del Vaticano
Costruire un muro tra Messico e Stati Uniti per tenere alla larga gli immigrati che arrancano dal sud e dal centro America verso il miraggio a stelle e strisce è «un programma disumano» ed «è magnifico» che i vescovi delle due parti del continente abbiano contestato la decisione di Bush e abbiano anzi «coraggiosamente» annunciato che non rispetteranno un provvedimento così ingiusto. Il cardinale Renato Martino, già presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace e da qualche tempo anche di quello per i migranti, è sempre soddisfatto quando può cantarle forte senza timore di venir smentito subito dai colleghi di curia. Contro quel muro del Messico, infatti, cantano già i documenti degli episcopati americani. «Io parlo di tutti i muri», aggiunge però il porporato, con evidente riferimento all’altra barriera costruita da Israele in Palestina.

Il Vaticano presenta il messaggio di Ratzinger per la prossima giornata mondiale dei migranti e insiste soprattutto sulla tragedia dei rifugiati. «La situazione - scrive Benedetto XVI - è peggiorata rispetto al passato soprattutto per il ricongiungimento delle famiglie». Venti milioni di persone, quattro milioni i palestinesi, altri 24 sfollati all’interno di singoli paesi, ammassati in campi della disperazione alle periferie delle città africane. «Quando raccontai la situazione che avevo visto in Uganda - racconta Martino - Giovanni Paolo II stentò a crederci». Il messaggio di Ratzinger è incentrato sulla condizione delle famiglie dei rifugiati. Non dovette rifugiarsi in Egitto, per sfuggire ad Erode, anche la Sacra Famiglia? Monsignor Agostino Marchetto, segretario del dicastero vaticano, descrive la disperazione di famiglie in cui «lo sfruttamento sessuale dei figli e delle donne sembra diventare un meccanismo di sopravvivenza». «Ci sono più schiavi oggi che all’epoca della schiavitù», sottolinea Martino mentre chiede a tutti gli stati di sottoscrivere la convenzione internazionale per i lavoratori migranti.

Il cardinale è abile ad aggirare le insidie delle domande ma non per questo sfugge alla sostanza. Diversi vescovi, tra cui il cardinale Biffi, hanno sostenuto che tra gli immigrati sbarcati in Italia dovrebbero avere la precedenza i cattolici e gli altri cristiani, a scapito degli islamici. Martino invece ribatte: «Credo che non si possa scegliere il migrante che si preferisce». Una parte delle gerarchie, inoltre, insiste sulla “reciprocità” di diritti tra l’Europa e i paesi di provenienza dell’immigrazione, specialmente per la libertà religiosa. Insomma, si dovrebbero negare le moschee in Italia finché non saranno concesse le chiese in Arabia saudita. Anche a questo proposito Martino ribadisce: «Non dobbiamo stare ad aspettare la reciprocità perché abbiamo da affrontare delle emergenze». Piuttosto, secondo il cardinale, una certa reciprocità dobbiamo chiederla agli stessi immigrati, nel senso del rispetto di «tradizioni, simboli e religione» dei paesi che li ospitano. Ciò non significa tuttavia proibire l’uso del velo agli islamici. Martino, infatti, osserva «che c’è velo e velo» e soltanto quello che copre intreramente il volto contravviene alle leggi italiane.

Il messaggio del Papa per i rifugiati e i migranti risente dell’influsso del dicastero vaticano “Giustizia e pace”. Ma intanto - facciamo notare al cardinale - il Papa striglia la chiesa tedesca perché eccede in attività sociale trascurando “l’annuncio evangelico” e la prima enciclica sull’amore richiama tutto il volontariato cattolico alla sua particolare identità. Martino, che ha girato molti paesi e governi per presentare il Compendio della dottrina sociale - ha incontrato anche Castro -, nega ovviamente che ci sia un richiamo all’ordine rispetto alla vocazione sociale di missionari e volontari. «La distinzione tra dottrina sociale ed evangelizzazione - ci risponde - non c’è e non deve esserci. Profezia e denuncia vanno assieme».