Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Dopo l'indulto, mano alle riforme, Il Manifesto 12/11/06

Dopo l'indulto, mano alle riforme, Il Manifesto 12/11/06

Carceri Non abbiamo bisogno di nuove prigioni, ma di restituire vera legalità al nostro sistema penale
Patrizio Gonnella*
L'ultimo rapporto di Antigone è una fotografia di interni carcerari. Di galere ne abbiamo fotografate 208, con le loro mura scrostate, i bagni alla turca, le docce fredde, le celle interrate. Carceri diverse l'una dall'altra, luoghi dove la violenza è sistematica (fortunatamente pochi), luoghi dove la violenza è tollerata (molti), luoghi dove la violenza è impedita (pochi anch'essi). Carceri dove lavora un'umanità varia, composta da operatori penitenziari di estrazione culturale molto differente. C'è chi crede in una cultura giuridica democratica e ha una visione illuminata della pena; c'è chi è ormai caduto in una condizione di burn out professionale; c'è chi timbra burocraticamente il cartellino; c'è chi sostiene che la Costituzione sia carta straccia.

E poi ci sono i detenuti. Dopo l'indulto sono scesi a 38mila. Ne sono usciti 24mila e più negli ultimi tre mesi. Il tutto nella diffusa indignazione di coloro (media, magistrati, politici) che ingiustamente, smentendo se stessi e le proprie posizioni precedenti, nonché inventando allarmi sociali, hanno gettato fango sul provvedimento di clemenza. Per colpa loro è oggi difficile parlare di amnistia. L'amnistia è invece un atto necessario per evitare di impegnare la magistratura in procedimenti che non avranno alcun esito.
Dopo l'indulto, come ha detto il presidente Napolitano all'indomani della sua approvazione, ci vogliono riforme strutturali. È questa un'occasione unica e imperdibile per mettere mano a un progetto di riforma complessiva del sistema. Va scritto un nuovo codice penale che riduca le fattispecie di reato, riduca le pene, diversifichi le sanzioni. Vanno abrogate la legge ex-Cirielli sulla recidiva, la Fini-Giovanardi sulle droghe, la Bossi-Fini (Fini è sempre presente quando si tratta di restringere le libertà) sull'immigrazione. Va istituita la figura del garante delle persone private della libertà, va introdotto il crimine di tortura nel nostro ordinamento penale, vanno tolti dal carcere i bambini con le loro madri. Vanno applicate le leggi esistenti in materia di sanità e lavoro. Vanno ristrutturate le carceri assicurando condizioni di vita dignitose. Non abbiamo bisogno di nuove carceri. Abbiamo bisogno di restituire legalità al sistema, di ricostruire una cultura giuridica che veda nella pena non più la via primaria per la vendetta sociale. Se non ora, quando?
* Presidente di Antigone

Padova
Affollamento assurdo
Capienza regolamentare 98; detenuti presenti 226 (48 liberati dall'indulto). L'edificio, costruito negli anni '60 con materiali scadenti, è in stato di avanzato degrado, affollato all'inverosimile. Le zone di passaggio sono state sistemate grazie ai detenuti che hanno frequentato corsi di imbianchino e piastrellista. La situazione dell'istituto è invivibile: le celle singole - dove si sta in 3 in 8,5 m² - hanno i servizi senza separazione, cui si aggiungono scarsa pulizia e arredo fatiscente. Nelle celle da 4 si arriva anche a 12 detenuti. Gli spazi comuni interni scarseggiano: l'area con biblioteca, sala-cinema e cappella è inagibile perché ci piove dentro. Gli spazi esterni sono ampi: 8.000 m² divisi tra un campo sportivo, una struttura chiusa per i giochi di squadra e un giardino per i colloqui estivi. A fianco dell'istituto sorge una nuova struttura su 3 piani, costruita secondo nuovi criteri, non ultimata per mancanza di fondi. La popolazione detenuta è in massima parte straniera (80%) e tossicodipendente (60%, quasi tutti stranieri). Solo il 15% dei detenuti sconta una condanna definitiva A fronte di questa realtà, che nel 2005 ha fatto registrare 3 suicidi e una rivolta, ci sono 2 educatori, di cui 1 a part-time, e 1 psicologo per l'osservazione. Il Sert è presente con medico, infermiere e due psicologi. Le attività sono gestite in collaborazione con associazioni esterne. Nuoro
Violenze e furti
«Mettiti in ginocchio, prega la Madonna e bacia la bandiera italiana». Questi gli ordini diretti a B. M., detenuto islamico marocchino, da P. S., agente di polizia penitenziaria rinviato a giudizio dalla Procura della Repubblica di Nuoro per violenza privata, con l'aggravante - si legge nell'ordinanza firmata dai magistrati - «della minore difesa, essendo la persona offesa detenuta e non in grado di difendersi in alcun modo». L'episodio è stato riferito ai giudici nel marzo 2006 durante l'avvio di un'inchiesta su una serie di furti avvenuti all'interno della struttura carceraria: furti che sarebbero stati commessi, secondo l'ipotesi dei magistrati, dagli stessi agenti di custodia.
I fatti risalgono al 22 ottobre del 2002. Dai verbali della polizia e dagli interrogatori dei detenuti emerge che due reclusi nordafricani sarebbero stati picchiati da un gruppo di agenti. Nell'ordinanza di rinvio a giudizio si legge anche che un altro agente avrebbe minacciato di morte alcuni detenuti, dicendo loro che sarebbe stato facile «farli sparire» denunciando una falsa evasione. L'udienza preliminare si è tenuta il 15 giugno 2006. Sono dieci gli agenti di polizia penitenziaria rinviati a giudizio.
 

Napoli-Poggioreale
Condizioni disastrose
Capienza regolamentare 1.387; detenuti presenti 2.357 (1.069 liberati con l'indulto). Il carcere è del 1908 e presenta condizioni generali di scarsa vivibilità: nelle celle convivono fino a 18 persone, mancano spazi per la socialità, all'esterno vi è un passeggio in cemento e manca l'area verde. In alcuni reparti le celle sono in condizioni fatiscenti. I reparti sono 12, fra cui transessuali, tossicodipendenti e protetti, Alta Sicurezza, isolamento, infermeria psichiatrica, giovani adulti. Vi è un centro clinico, le condizioni dell'assistenza sanitaria sono critiche. Da pochi anni si usa il metadone, ma solo per pochissimi detenuti. La richiesta di visita medica può essere fatta, ogni giorno, solo da un detenuto per cella. I detenuti sono in cella quasi tutto il giorno: gli orari dell'«aria» sono 10-11 e 13-14 e le attività praticamente nulle. I lavori sono quelli domestici e lavora in pratica 1 detenuto su 15. Sono presenti i tre livelli di scuola, le superiori non stabilmente. I detenuti lamentano costi medio-alti e scarsa qualità per cucina e sopravvitto. Negli ultimi anni si sono spesso verificati episodi di autolesionismo e dal 2001 vi sono stati 4 suicidi. Ci sono state interrogazioni parlamentari su presunte violenze in carcere compiute a danno dei detenuti da personale della polizia penitenziaria. Il clima all'interno del carcere è di tensione e la disciplina molto rigida, come ha più volte segnalato il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti nei suoi rapporti sull'Italia.