Sono i piccoli figli di donne carcerate. 42 in tutta Italia
Con le norme attuali, a tre anni devono lasciare la madre
Quei bambini dietro le sbarre
una legge potrebbe liberarli
Un ddl in discussione prevede la detenzione in case famiglia
protette, senza sbarre alle finestre e con guardie in borghese
di ANNA MARIA DE LUCA
BAMBINI in carcere, in attesa di una legge che li liberi. Sono 42 in
tutta Italia, venti soltanto a Roma. Da più di un anno alla Camera
giace un disegno di legge che permetterebbe di porre fine alla loro
detenzione in quanto figli di donne carcerate. Ma mentre i tempi della
politica procedono lenti, i piccoli continuano a vivere dietro le
sbarre. Questa mattina, l'associazione Antigone e Rifondazione hanno
presentato alla Camera un video girato nel nido di Rebibbia, dove
vivono diciassette bimbi rom e tre stranieri. Un tentativo per
convincere il mondo della politica ad accelerare i ritmi di risoluzione
del problema. Nella speranza che le immagini sappiano convincere più
delle parole.
Il ddl "in panchina" interverrebbe nel perfezionare la legge
Finocchiaro (40/01). Infatti il problema da affrontare riguarda non le
madri condannate in via definitiva - per le quali sono già previste
misure alternative aldilà degli ordinari limiti - ma quelle in attesa
di giudizio. Per loro, il testo approvato in Commissione giustizia
della Camera il 13 dicembre del 2006 prevede la possibilità di scontare
la pena con i propri figli in case famiglia protette. Con personale in
borghese al posto delle divise, senza sbarre alle finestre. Per
alleviare ai bambini il disagio della carcerazione.
Oggi nelle sezioni nido sono rinchiusi, tra divise e sbarre, bimbi
molto piccoli, in attesa di compiere il loro terzo anno. Un compleanno
drammatico, perché segna il distacco dalle madri per l'affidamento alle
famiglie. Con la nuova legge, invece, alloggeranno presso le case
famiglia tutte le detenute - sia quelle condannate in via definitiva
che quelle in attesa di giudizio - che hanno figli con meno di dieci
anni. E, in caso di malattia del piccolo, si prevede che
l'autorizzazione ad accompagnare il bimbo in ospedale possa essere
concessa anche dal direttore dell'istituto e non solo dal magistrato di
sorveglianza. Affinché non accada mai più quel che è successo questa
estate a Rebibbia, dove due detenute straniere si sono trovate
costrette a partorire nell'infermeria del carcere perché la
magistratura di sorveglianza non ha fatto in tempo ad autorizzare il
trasferimento in ospedale.
La situazione varia da città a città. "Si va da realtà come Roma -
spiega Gennaro Santoro di "Antigone" e del settore carcere di Prc -
dove il sabato i bambini di Rebibbia vengono portati fuori dai
volontari per vivere un giorno di normalità - a realtà come Avellino,
dove non esiste una convenzione tra carcere e asili pubblici e quindi i
bambini restano sempre rinchiusi". A Milano, in attesa
dell'approvazione del disegno di legge, è stata aperta una casa
famiglia senza sbarre né divise. Roma, Firenze e Venezia stanno
cercando di seguire la stessa via.
(
17 ottobre 2007)