arrivederci rom
Niente nomadi, siamo la capitale
Nel patto per la sicurezza su Roma, previsti quattro «villaggi della solidarietà» al di fuori del raccordo anulare. Così la città sarà ripulita dagli «zingari»
Giovanna Boursier
Roma
Nelle cronache del 1400 si legge che era vietato ai rom accamparsi dentro le mura cittadine. Li chiamavano con disprezzo Zingari , Zigeuner , Tziganes , e dovevano mettere le loro tende fuori dal confine urbano. Dentro ci stavano i cittadini, ma i rom non lo erano. Per loro era il secolo dell'arrivo in Europa, dopo la grande migrazione dall'India intorno all'anno Mille, e questi gruppi nomadi e colorati che approdavano in Germania, Italia, Francia, Belgio, incutevano paura, stimolavano odii atavici, non fosse altro che per la loro diversità di abitudini e costumi. Poi ci sono stati altri secoli. E, come è normale, con il tempo le cose dovrebbero cambiare. Maria Teresa d'Austria, nel 1700, fu la prima a parlare di "integrazione", con una visione totalmente arcaica e reazionaria, ma che per la prima volta diceva che esistevano come popolo, purtroppo aggiungendo che era fatto di "diversi" che dovevano diventare "uguali". Ma poi ci sono stati ancora altri secoli. In cui il concetto di integrazione sembrava diventato centrale anche quando (quasi sempre) era utilizzato per interventi completamente sbagliati: si legiferava nel modo peggiore ma ci si premurava di dar conto di concetti come solidarietà, tutela, sostegno. Adesso si capisce che, in verità, non c'era nulla di tutto questo. E che le comunità rom, in nome di un falso nomadismo che ha permesso di rinchiuderli in categorie inesistenti, venivano semplicemente isolate e imprigionate nei campi, veri e propri ghetti ai margini delle città. Perchè altrimenti non si spiega perché ieri il ministro degli interni, Giuliano Amato, ha potuto tranquillamente presentare e firmare il patto per la sicurezza del governo di centrosinistra. E farlo, oltreché a Milano, a Roma, con un sindaco di centrosinistra, e presidenti di provincia e regione pure di centrosinistra. Eppure c'erano tutti, a legiferare come fossimo nel Medioevo, dicendo, sostanzialmente, i rom fuori dalle città. Oggi, al posto delle mura, c'è il raccordo anulare, e infatti hanno scritto che entro un anno tutti gli insediamenti rom abusivi saranno abbattuti e sostituiti da quattro "villaggi della solidarietà", mille posti ciascuno, da costruire fuori dalla cinta urbana, oltre il raccordo anulare, appunto. E questi villaggi della solidarietà saranno controllati e vigilati da un centinaio di agenti specializzati del Viminale. Con premura anche di stanziare immediatamente i fondi pubblici, che solo a Roma e nel Lazio non sono pochi: per l'intera operazione sicurezza la Regione ha messo subito a disposizione undici milioni di euro e il Comune altri quattro. Verrebbe da chiedere conto di tutto quello che hanno fatto negli anni precedenti gli stessi e altri amministratori quando costruivano altri campi, alle volte li chiamavano nello stesso modo, "villaggi della solidarietà", e oggi li sgomberano. Come Villa Troili, attrezzata con i containers dalla giunta Rutelli, o Foro Boario, dove vivevano un centinaio di persone e non troppo male, con le roulottes e persino una tenda che faceva da chiesa, dove i bambini andavano a scuola e li trovavi sorridenti e dove, un mese fa, sono arrivate le ruspe e adesso tutti vivono sul greto del Tevere. Verrebbe anche da chiedere se hanno letto i dati sulla città: perché quattro per mille persone fa quattromila, e a Roma gli insediamenti abusivi sono un'ottantina e le persone che ci vivono almeno diecimila. E verrebbe infine da chiedere se invece che affrontare davvero il problema, per esempio con una politica seria della casa anche per i rom, e riconoscendoli come minoranza etnica con una cultura da difendere, non sia più semplice arraffare consensi cavalcando emergenze criminalità più o meno false. Mentre i mezzi di informazione scrivono "rom" prima di tutto nei fatti di cronaca come quello di Giuliano, ma non lo scrivono a proposito della bambina rom uccisa da un napoletano. Le parole, che fanno a pugni, senza dubbio indicano politiche. Che dicono siete pericolosi, non avete diritti e se ne avete dovete riguadagnarveli ogni giorno, per esempio se siete cittadini lo siete meno degli altri, e poi siete accattoni, ladri, criminali, forse anche asociali. Come dicevano altri che hanno fatto altri campi. Ad Auschwitz, ad esempio, dove il sindaco di Roma va tutti gli anni, insieme ai ragazzi delle scuole superiori. Li accompagna nella speranza che quella storia non si ripeta. Parla con loro della deportazione, poi torna a Roma e firma queste cose. aRoma, sgombero di rom al Tiburtino.