Sui giornali si parla sempre di sicurezza declamando dati che creano panico tra la gente e tacendone altri. Il dibattito sull'aumento dei reati predatori post indulto dimostra, ancora una volta, la scorrettezza delle Istituzioni e dei media rispetto un tema assai delicato
Sui giornali si parla sempre di sicurezza declamando dati che creano panico tra la gente e tacendone altri. Il dibattito sull'aumento dei reati predatori post indulto dimostra, ancora una volta, la scorrettezza delle Istituzioni e dei media rispetto un tema assai delicato. Si citano a sproposito il dossier 2006 sull'andamento dei delitti del ministero dell'Interno e il rapporto "Banche e Sicurezza 2007" dell'Osservatorio sulla sicurezza fisica dell'Associazione bancaria italiana sostenendo che l'indulto ha causato un forte aumento delle rapine. Secondo un articolo de La Stampa dell'8 maggio, ad esempio, il Viminale afferma che «nel periodo agosto-ottobre 2006 si è registrato rispetto all'anno precedente un incremento di 1.952 rapine e di 28.830 furti». Che questo aumento sia (anche) effetto dell'indulto, viene confermato dal dato che fino al luglio scorso, e cioè prima dell'entrata in vigore del provvedimento di clemenza, «tali fenomeni presentavano una leggera flessione». Fin qui tutto bene, ma sia il Viminale che i media hanno trascurato altri elementi e altri dati che avrebbero potuto restituire ai cittadini un quadro più nitido sull'andamento dei delitti predatori nel nostro paese.
Cito testualmente quanto riportato dalla stessa introduzione del rapporto "Banche e Sicurezza 2007": «Rapine in banca in leggera crescita, ma a ritmo più lento rispetto agli anni passati. Nel corso del 2006, infatti, ne sono state compiute 2.774… con un lieve incremento dell'1,4% rispetto all'anno precedente. Un dato, questo, che conferma una tendenza al miglioramento, considerati gli aumenti ben più consistenti degli anni addietro: +1,9% nel 2005 e +10,5% nel 2004». Vieppiù. Se passiamo all'analisi della serie storica 1995-2005 relativa all'andamento delle rapine, secondo i dati ufficiali del Viminale risulta che dal 1995 ad oggi si è avuta una crescita delle denunce (+55,6%) e che il tasso di rapine in Italia è in costante crescita. Se sulle rapine si tacciono gli aspetti che dimostrano palesemente come l'indulto abbia potuto influire solo marginalmente sull'aumento rilevato nel secondo semestre 2006, per quanto riguarda i dati sull'andamento degli omicidi e dei furti si riscontra che, sempre nel decennio 1995-2005, i primi sono diminuiti e i secondi restano costanti. Eppure i media giurano che l'aumento degli immigrati clandestini ha causato un aumento dei crimini di maggior allarme sociale, dimenticando che una massa di carcerizzazioni dei migranti riguardano irregolarità del soggiorno (10mila nel solo 2005!). Un commentatore leale avrebbe - come minimo -dovuto imputare la crescita della popolazione carceraria, a tasso di crimini invariati, alle leggi criminogene relative all'immigrazione e agli stupefacenti, susseguitesi in questi anni.
Passando all'esecuzione delle pene, i cronisti dimenticano sempre che i detenuti per reati di mafia sono solo il 2,5% del totale e quelli per reati contro la pubblica amministrazione il 3,5%. Il resto è un arcipelago di micro-criminalità con uno "standard sociale" da far tremare i polsi (non ai media): il 64% ha un grado di istruzione tra analfabeta e licenza media inferiore, senza reddito e possibilità di pagarsi fior di avvocati per scampare il carcere. E ancora. Si enfatizzano i reati commessi durante l'esecuzione della pena all'esterno del carcere, dimenticando che la percentuale di recidivi tra coloro che beneficiano di misure alternative al carcere è di gran lunga inferiore rispetto a coloro che dopo la detenzione carceraria vengono liberati alla scadenza della pena (il 19% contro il 68%!). Si potrebbe dire allora che più resti in carcere più rischi di ricaderci.
A conti fatti - un detenuto in carcere costa 300 euro al giorno - un legislatore attento dovrebbe partire dai numeri (e non dalle ideologie o dalla propaganda) e spiegare alla gente che la sicurezza in generale è garantita dalla sicurezza sociale. E che il carcere, così come previsto dalla riforma del codice penale scritta dalla commissione Pisapia, è una "extrema ratio" di un sistema giuridico più efficiente, con maggiore velocità dei processi e soprattutto maggiori investimenti in politiche sociali di prevenzione e sicurezza dei diritti minimi di tutti.