Se i ragazzi rifiutano il lavoro dei genitori
"I figli degli immigrati non vogliono più fare i lavori dei genitori, e questo tra qualche anno sarà un problema per interi settori dell'economia". Lo ha detto ieri il ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero, intervenendo a un convegno promosso dall'Ambasciata tedesca e dal Goethe Institut. Il rischio, ha spiegato Ferrero, è la chiusura in comunità-ghetto per salvaguardare i propri interessi. Per evitare questa deriva, secondo il ministro, è fondamentale investire sull'integrazione anziché puntare soltanto sulla sicurezza
ROMA - "L'obiettivo più importante? Evitare la formazione di comunità chiuse, di ghetti che portino a un nuovo apartheid sociale”. Questo in sintesi il messaggio lanciato ieri a Roma dal ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, nel suo intervento al convegno sull'integrazione degli immigrati promosso dall'Ambasciata tedesca e dal Goethe Institut.
Il ministro Ferrero è tornato a parlare di temi a lui cari davanti a una platea mezza italiana e mezza tedesca. E soprattutto alla presenza dei suoi colleghi tedeschi e in particolare di Maria Bohmer, ministro per l'immigrazione della Repubblica federale.
Ferrero ha evitato di ripercorrere le cifre dell'immigrazione fornite da Franco Pittau, responsabile del Dossier immigrazione della Caritas, e ha preferito concentrarsi sui "fenomeni”, spiegando che l'Italia - anche da un punto di vista legislativo - sta attraversando un delicato periodo di passaggio. Si sta cercando di cambiare una legislazione sull'immigrazione che ha dimostrato nei fatti di essere sbagliata.
Ferrero ha detto per esempio che l'Italia non ha mai investito sull'integrazione degli immigrati, ma ha sempre preferito puntare sui problemi della sicurezza. E' la prima volta con questo governo – ha ricordato il ministro – che si decide di stanziare qualche risorsa (50 milioni di euro) per l'integrazione.
Ferrero ha anche spiegato di aver chiesto un incontro al direttore della Rai per poter lanciare un programma simile a quello che andava di moda negli anni Sessanta (il famoso “Non è mai troppo tardi” del maestro Manzi). Quel programma era rivolto agli italiani adulti che per lavorare avevano dovuto abbandonare la scuola. Ora si tratta di fare la stessa cosa a favore degli immigrati presenti in Italia.
Ma il più grande rischio che si corre oggi in tema di immigrazione – ha detto Ferrero durante il convegno del Goethe – è quello relativo ai valori e ai comportamenti delle seconde e terze generazioni di immigrati. Il rischio vero è la chiusura in comunità-ghetto che possono essere viste dai giovani come l'unico modo per salvaguardare i propri interessi. Deve essere invece lo Stato nazionale a garantire i diritti e l'integrazione degli immigrati.
L'Italia spende però ancora troppo poco per le politiche di integrazione: “Siamo in una fase di passaggio – ha spiegato Ferrero ai suoi colleghi tedeschi – . Si tratta di cambiare molte leggi e nello stesso tempo di aggiornare i nostri strumenti culturali. I giovani delle seconde generazioni di immigrati, per esempio, non vogliono più fare i lavori dei genitori e questo, tra qualche anno, sarà un vero problema per interi settori dell'economia italiana”.
Molto importante, per Ferrero, anche la sfera religiosa. Si tratta di arrivare a una legge sulla libertà religiosa, visto che in Italia è ancora vigente una legge del 1929 sui “culti ammessi”. Una legge retaggio di un periodo che non c'è più e che alla luce delle grandi trasformazioni sociali e dell'ingresso prepotente dell'immigrazione sembra essere davvero un'epoca preistorica.
(redattore sociale)