Mentre si celebrava la giornata del rifugiato si svolgevano in Sicilia i funerali dei migranti annegati in mare nel tentativo di raggiungere le coste della “Fortezza Europa”. A Favara, in provincia di Agrigento sono stati sepolti undici uomini senza nome, le bare segnate soltanto da un numero, con una breve cerimonia alla quale hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni locali e delle associazioni antirazziste siciliane. Al rito religioso cattolico è seguita una breve cerimonia funebre celebrata dall’Imam di Favara. Scarsa la partecipazione della cittadinanza.
L’amministrazione comunale di Favara si è impegnata a garantire la sepoltura all’interno del cimitero cittadino, in mezzo agli italiani, e non in una zona separata. Durante la celebrazione del rito funebre si sono ricordate le responsabilità a livello nazionale ed europeo alle quali vanno ascritte le stragi di migranti nel Canale di Sicilia.
Continua intanto lo stillicidio di corpi recuperati in mare, e proseguono i funerali di migranti nei paesi dell’Agrigentino, una donna è stata sepolta nella stessa giornata di oggi ad Agrigento, e domani 21 giugno due uomini saranno sepolti nel paese di Ravanusa.
Dopo Lampedusa, dove esiste ancora una parte del cimitero occupata dalle salme dei senza nome, altri paesi siciliani stanno dando ospitalità e pietà ai corpi di coloro verso i quali da vivi non si è avuta alcuna pietà, durante il loro viaggio di avvicinamento al Mediterraneo e poi durante la traversata fatale.
Dagli immigrati che sbarcano si apprendono storie sempre più tragiche, di figli strappati alle braccia delle madri al momento dell’imbarco sulle coste libiche, di abusi e di prevaricazioni subiti durante il periodo di attesa, nei paesi di transito, di giornate tragiche trascorse in mare, senza cibo ed acqua, in attesa di un salvataggio che non sempre arriva tempestivamente. I conflitti di competenza tra Malta, la Libia e l’Italia, e il rischio che si possa configurare come agevolazione dell’immigrazione clandestina qualsiasi intervento di salvataggio operato da mezzi civili, stanno richiedendo un costo sempre più elevato in termini di vite umane, malgrado l’impegno della marina italiana nelle operazioni di salvataggio. Per sfuggire ai controlli radar si utilizzano imbarcazioni sempre più piccole e rotte sempre più pericolose al punto che spesso non rimane neppure traccia dei naufragi, come si è verificato appena pochi giorni fa nel canale di Sicilia. Nei confronti dei migranti sospesi tra le onde si usa il pugno di ferro, in nome del contrasto dell’immigrazione clandestina, con l’obiettivo di respingere le carrette del mare verso i porti di partenza, mentre tutti riconoscono ormai che siamo in presenza di flussi misti, composti da migranti economici e potenziali richiedenti asilo, che avrebbero comunque, in ogni caso, diritto a sbarcare e ad entrare nel territorio nazionale. Nella giornata in cui si celebrano i diritti dei rifugiati si dimentica la negazione sostanziale del diritto di asilo nei paesi di transito del Nord-africa, quegli stessi paesi con i quali l’Italia, ancora nel gennaio scorso ( con l’Egitto) ha stipulato accordi di riammissione ed intese segrete di collaborazione di polizia.
Gli accordi di riammissione con i paesi nordafricani sono basati sul presupposto che questi paesi, ad eccezione della Libia, hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Quando poi si va a considerare la dimensione effettiva del diritto di asilo in questi stati si verifica come il diritto di asilo venga riconosciuti in poche centinaia di casi. Non si può ritenere sufficiente l’adesione formale alla Convenzione di Ginevra, se poi i singoli stati si comportano in modo da violare i principi essenziali di quella convenzione, e neppure consentono il tempestivo intervento dei funzionari dell’ACNUR.
In questo quadro, può costituire la premessa per gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona il coinvolgimento nelle pattuglie Frontex di unità navali di paesi che non rispettano i diritti dei richiedenti asilo, come Malta e la Libia. Va data assoluta priorità all’obbligo di salvaguardia della vita umana in mare.
Ma l’umanità non si può affermare soltanto in acque internazionali. Non si dovranno più verificare espulsioni o respingimenti verso paesi che non garantiscono i diritti fondamentali della persona umana, a partire dal diritto di asilo. Piuttosto che finanziare campi di detenzione amministrativa nei paesi di transito, strutture che diventano luoghi di abusi e di traffici di ogni tipo, occorre istituire, negli stessi paesi di transito, veri e propri centri di accoglienza per i richiedenti asilo.
Bisogna estendere l’istituto dell’asilo extraterritoriale, dare quindi la effettiva possibilità di presentare una richiesta di asilo nei paesi di transito e di garantire un rigoroso rispetto del principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra.