Tante ragioni per abolire l'ergastolo dal nostro ordinamento giudiziario. Dalla Costituzione alle norme di diritto internazionale fino alla consuetudine in uso nei paesi europei più avanzati, Gran Bretagna e Francia in testa
Introduzione
L'ergastolo é una pena inumana, che toglie all'uomo la speranza, che confligge in modo inconciliabile con il principio costituzionale della umanità e della finalità rieducativa della pena (art.27, co.3 Costituzione).
La ragione profonda per la sua abolizione risiede nei principi supremi della Costituzione, nel principio "personalista", secondo il quale la persona è il fine ultimo del nostro ordinamento e la dignità umana non può essere calpestata fino a prevedere una pena disumana quale è l'ergastolo
Ne consegue pertanto l'illegittimità di una pena, quale quella dell'ergastolo, che in ragione del suo carattere perpetuo, priva il condannato di ogni possibilità di reinserimento sociale, attribuendo così alla sanzione criminale la sola funzione di neutralizzazione, stigma e negazione perenne al reo del suo status di persona.
Funzione, questa, significativamente espressa dalle sanzioni accessorie conseguenti de jure all'irrogazione dell'ergastolo: l'interdizione legale - vera e propria morte civile, capitis deminutio, privazione dello status di persona in quanto parte di una collettività e di un ordinamento politico, giuridico e sociale cui l'individuo si rapporta costantemente - e la pubblicazione della sentenza di condanna, ai sensi dell'articolo 36 del codice penale, nel comune dove fu pronunciata, nel locus commissi delicti, o nel luogo dell'ultima residenza del reo. Tale pena accessoria esprime significativamente la funzione di stigmatizzazione attribuita all'ergastolo, pena esemplare quanto infamante, disumana quanto premoderna.
La pena perpetua - analogamente alla pena capitale, cui del resto il diritto romano assimilava l'ergastolo - priva il condannato per sempre del suo status inalienabile di persona, come tale parte dell'ordinamento giuridico e solo temporaneamente assoggettabile a misure privative della libertà personale, legittime unicamente nella misura in cui siano funzionali al reinserimento sociale del reo.
Già Cesare Beccarla definì l'ergastolo nel 1764 come pena di schiavitù perpetua, come pena più dolorosa e crudele della pena di morte in quanto non concentrata in un momento ma estesa sopra tutta la vita".
D'altra parte il codice penale francese del 28 settembre 1791, pur prevedendo la pena di morte, aveva abolito l'ergastolo, ritenuto, molto più della pena capitale, disumano, illegittimo, inaccettabile nella misura in cui rende l'uomo schiavo, realizzando di fatto una ipotesi di servitù coatta, legittimata in nome di una pretesa superiore ed inviolabile ragion di Stato.
L'ergastolo, dunque, non è una pena assimilabile alla reclusione in quanto da essa qualitativamente diversa e assai più assimilabile alla pena di morte.
Del resto, anche autorevoli personalità della nostra storia repubblicana, tra i quali Palmiro Togliatti, Aldo Moro e Pietro Ingrao si sono espressi a favore dell'abolizione del fine pena:mai.
Bisogna poi ricordare che già durante i lavori dell' Assemblea costituente fu espresso un significativo indirizzo nel senso di cui sopra e voci autorevoli si levarono, soprattutto da parte di coloro che avevano sofferto lunghissimi anni di detenzione durante il fascismo, contro la reclusione a vita. Al problema non fu dato tuttavia un diretto sbocco a livello costituzionale, poiché si ritenne che esso dovesse essere affrontato e risolto dal legislatore ordinario nell'ambito di una revisione del sistema delle pene.
La necessita` di interventi nella materia fu, quindi, sollevata in diverse legislature (IV, V, VIII, IX, X, XIII e XIV), ma i numerosi progetti di legge di impronta abolizionista - che pur avevano registrato un'ampia convergenza di forze politiche - non si tradussero in legge.
In particolare, dopo un ampio e proficuo confronto su un disegno di legge di iniziativa della senatrice Ersilia Salvato, il 30 aprile 1998, venne approvato dal Senato della Repubblica un testo condiviso da gran parte dei gruppi parlamentari che, purtroppo, non venne mai approvato dalla Camera dei deputati (atto Senato n. 211, XIII legislatura).
IL CONTESTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO.
Non si ravvisano norme internazionali che vietino esplicitamente la pena dell'ergastolo. Tuttavia, il divieto di irrogazione di pene contrarie al senso di umanità e lesive della dignità umana, il carattere necessariamente rieducativo della pena, i princìpi di proporzionalità tra reato e pena sono parametri cogenti di legittimità della sanzione penale - sanciti come tali anche da numerose norme di diritto internazionale e sopranazionale - che portano a ritenere illegittima la pena dell'ergastolo.
I principi sopra richiamati sono esplicitamente contenuti nelle seguenti norme internazionali: gli articoli 1, 4, 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000; gli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 19 dicembre 1966, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881; l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848; gli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché l'articolo 1 della Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e l'articolo 1 della Raccomandazione (2006) del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006.
Ne consegue quindi la necessità, giuridica, politica, morale, di abolire una pena, quale quella dell'ergastolo, contraria ai princìpi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, dello jus cogens di matrice internazionalistica e sopranazionale, ma soprattutto con il paradigma costituivo dello Stato di diritto, quale sistema politico fondato sul rispetto dei diritti umani e delle garanzie e libertà fondamentali; veri e propri parametri e ad un tempo limiti di legittimità dell'esercizio statuale del potere punitivo.
D'altronde, bisogna tener presente che l'abolizione della pena detentiva perpetua è avvenuta in numerosi ordinamenti extraeuropei (Brasile) ed europei (Norvegia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina - Repubblica Srpska).
Secondo le statistiche SPACE I del Consiglio d'Europa nel 2005, inoltre, vi sono diversi paesi dove la pena perpetua, pur essendo prevista in astratto, non è in concreto applicata (Olanda, Polonia, Serbia, Albania, Ungheria).
Sempre secondo tali statistiche, nell'ambito del consiglio d'Europa, il maggiore tasso di ergastoli in corso di esecuzione si riscontra nell'Irlanda del nord. Seguono, nell'ordine, Scozia, Grecia, Inghilterra, Turchia, Belgio, Lussemburgo, Malta, Finlandia e Italia.
D'altra parte vi è da rilevare che nei paesi UE dove è prevista la pena perpetua, i relativi sistemi giuridici prevedono norme più favorevoli rispetto l'ordinamento italiano.
A titolo di esempio, la pena dell'ergastolo è prevista nell'ordinamento francese (art. 131-1 del nuovo codice penale), tedesco (§ 38, comma 1, del codice penale) ed inglese (Criminal Justice Act 1991). Tuttavia negli ordinamenti di tali Paesi si prevede rispettivamente che:
1) il giudice possa stabilire una pena detentiva temporanea, comunque non inferiore a due anni in luogo dell'ergastolo (art. 132-18 del nuovo codice penale francese);
2) il giudice possa sospendere condizionalmente l'esecuzione della pena dell'ergastolo se sono stati scontati quindici anni di pena, se il particolare grado di colpevolezza del condannato non impone l'ulteriore esecuzione, se è possibile assumersi la responsabilità di verificare che il condannato al di fuori dell'esecuzione della pena non commetterà altri reati e se il condannato acconsente (§ 57-a del codice penale tedesco);
3) il Ministro degli Interni britannico (Home Secretary) può autorizzare il rilascio del condannato ad una pena detentiva di durata indeterminata decorso un periodo minimo di detenzione stabilito dal giudice, ove sia cessata la pericolosità dello stesso condannato. I condannati all'ergastolo per omicidio di un poliziotto o agente di custodia, per omicidio a scopi terroristici o durante una rapina o uno stupro, o per omicidio di un bambino, sono normalmente detenuti per almeno venti anni.
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE [2] E CONCLUSIONI
La pena perpetua è stata ritenuta legittima dalla Consulta nella misura in cui, paradossalmente, il reo possa beneficiare della liberazione condizionale e delle misure previste dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, cosiddetta «legge Gozzini». Tale argomento dimostra quindi al contrario come la legittimità della pena perpetua sia subordinata al fatto che non sia poi in realtà tale, che sia cioè limitata ed interrotta da benefici che consentano al condannato una possibilità di reinserimento sociale, quale esito del percorso rieducativo, teso alla riacquisizione dei valori condivisi dalla società e dall'ordinamento giuridico di riferimento. L'aporia sottesa all'argomento della Corte lascia tuttavia sussistere l'illegittimità dell'ergastolo in relazione all'aleatorietà, alla casualità, all'assoluta assenza di certezza che caratterizzano le ipotesi di concessione all'ergastolano dei benefici previsti dalla legge Gozzini, nonché della liberazione condizionale. La concessione di tali benefici è subordinata a circostanze fattuali mutevoli, non certe e non garantite, da apprezzamenti di fatto e prognosi di pericolosità fondati su valutazioni rimesse prevalentemente all'esame non del giudice, ma di esperti, come tali esterni a quella «cultura della giurisdizione» le cui caratteristiche garantiscono la terzietà, la legalità, la giurisdizionalità della decisione in materia de libertate. Tali profili evidenziano quindi la contrarietà dell'ergastolo ai princìpi di stretta legalità e certezza della pena, nonché di giurisdizionalità necessaria di ogni misura restrittiva della libertà personale.
Inoltre, il carattere fisso ed immodificabile della comminatoria edittale dell'ergastolo viola palesemente i princìpi di eguaglianza-ragionevolezza, di proporzionalità tra reato e pena, di individualizzazione della sanzione criminale, nonché di colpevolezza per il fatto. L'assenza, nel caso della comminatoria dell'ergastolo, di una cornice edittale entro cui modulare la risposta sanzionatoria adeguata al caso concreto, impedisce di fatto al giudice di esercitare la doverosa funzione di commisurazione della pena, in relazione alle caratteristiche del fatto di reato, del suo disvalore penale, dell'elemento soggettivo, e degli altri criteri di cui all'articolo 133 del codice penale.
Per altro verso l'esperienza insegna che, in generale, la gravità della pena, oltre un certo limite, non ha affatto efficacia preventiva, la quale è invece assicurata dal restringimento delle aree di impunità , dall'efficienza, nonché dalla rapidità del processo.
L'abolizione della pena dell'ergastolo ha dunque non solo la funzione di ricondurre il nostro ordinamento giuridico al rispetto di quella che Noberto Bobbio chiamava pre-regola del gioco democratico - ovvero il rispetto della dignità della persona umana è un meta principio che nessuna maggioranza, neanche l'unanimità dei consociati o dei politici, può negare.
La necessità di liberarsi dall'ergastolo ha anche un valore simbolico: può rappresentare infatti il punto di partenza dell'auspicata riforma organica del sistema delle pene, oggi ancorata al Codice Rocco del 1930, appesantita dalla legislazione di emergenza e da un codice di procedura che rende lenti i procedimenti e consegna all'Italia il primato UE per la inefficienza della giustizia sia a discapito della vittima del reato sia a discapito di chi è sottoposto ad un procedimento penale in stato detentivo.
Per queste ragioni si plaude l'iniziativa legislativa degli onorevoli Boccia e Giordano (vedi nota 1) e le linee guida di riforma del codice penale consegnate al Ministro della giustizia Mastella da parte della Commissione di riforma del codice penale presieduta dall'avv. Pisapia. Perché tali iniziative prevedono la cancellazione del fine pena: mai, e lasciano trasparire la volontà di riformare organicamente il sistema penale. Ma è ora che dalle buone intenzioni si passi immediatamente ai fatti per evitare che anche l'attuale legislatura si concluda con un nulla di fatto, senza che la pena dell'ergastolo sia espunta dal nostro ordinamento e senza una riforma organica del sistema penale che risponda ai canoni dell'efficienza, dell'efficacia e dell'eguaglianza. Se non ora, quando?
[1] Il presente lavoro si basa, in buona parte, sulle relazioni e sui lavori parlamentari relativi a 3 disegni di legge aventi ad oggetto l'abolizione della pena dell'ergastolo: atto Senato n. 211, XIII legislatura, prima firmataria on. Salvato; atto Camera n. 1748, XV legislatura, primo firmatario on. Giordano; atto Senato n. 1198, XV legislatura, prima firmataria on. Boccia.
[2] Giurisprudenza costituzionale
- Corte costituzionale, sentenza 7 novembre 1974 n. 26
- Corte costituzionale, sentenza 2 aprile 1980, n. 50
- Corte costituzionale, sentenza 9 febbraio 1981, n. 23
- Corte costituzionale, sentenza 27 settembre 1983, n. 274, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, pp. 799-831, con nota di E. Fassone, Riduzioni di pena ed ergastolo: un contributo all'individuazione della pena costituzionale, ed in Foro it., 1984, I, 18-30, con nota di V. Grevi, Sulla configurabilità di una liberazione condizionale "anticipata" per i condannati all'ergastolo
- Corte costituzionale, sentenza 22 aprile 1991, n. 176
- Corte costituzionale, sentenza 27 aprile 1994, n. 168
*Gruppo Rifondazione comunista al Senato
**Responsabile carceri Rifondazione comunista
*** Coordinatore Campagna Antigone-PRC "Il carcere dopo l'indulto"