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«Anche noi rom vogliamo parlare basta decidere sulle nostre teste»
Il comitato «Rom e sinti insieme» chiede partecipazione. E intanto si muove: «I nostri avvocati stanno valutando la possibilità di impugnare il patto di Milano»
Cinzia Gubbini
Roma
Hanno già messo in campo i loro avvocati. L'obiettivo è valutare la possibilità di impugnare in tribunale, o davanti un organismo di giustizia internazionale, il patto per la legalità e la sicurezza siglato dal comune di Milano - per ora l'unico operante in Italia. «Riteniamo ci siano le premesse per considerare quel patto una discriminazione razziale», spiega Carlo Berini dell'associazione Sucar Drom («Bella strada» in lingua sinta). L'associazione fa parte del comitato «Rom e sinti insieme», un agglomerato di realtà che da anni lavorano con le minoranze rom e sinte in Italia. E' una novità importante - perché è difficile mettere in piedi coordinamenti nazionali di rom e sinti, e questo regge bene - ma anche interessante per l'analisi da cui muove. «Riteniamo che il sistema operato finora nei confronti di rom e sinti sia fallito perché si è sempre basato sul concetto di integrazione delle minoranze nella maggioranza numerica. Il modello che noi proponiamo è quello dell'interazione», dice Berini. A chi alza gli scudi contro i muri valoriali che anche le comunità rom frappongono con il mondo dei «gagè» ( i «non rom») risponde: «Certo che anche i rom devono cambiare, le società che non si muovono sono quelle destinate a morire. D'altro canto va considerato che se i rom e i sinti continuano a esistere dopo secoli di persecuzione, forse sono disposti al cambiamento più di quello che si pensa».
Ieri tre rappresentanti del comitato hanno tenuto una conferenza stampa a Roma proprio davanti Palazzo Chigi. All'interno si svolgeva un convegno sul razzismo e la discriminazione organizzato dall'Unar, l'ufficio contro il razzismo del ministero delle Pari Opportunità. Solo a pochi metri, in Largo Goldoni, nel pomeriggio Forza nuova raccoglieva firme per lo spostamento dei campi nomadi fuori dalla città. Eva Rizzin - ricercatrice universitaria e esponente del Comitato Rom e sinti insieme - ha puntato tutto sulla partecipazione: «Non siamo e non vogliamo essere minoranza senza voce. La verità è che da anni i rom e i sinti in Italia subiscono discriminazioni in tutti i campi, non soltanto in quello abitativo, e la loro partecipazione politica e sociale non è mai stata incentivata». Il comitato, intanto, sta pensando alla possibilità di organizzare una manifestazione nazionale (sarebbe la prima volta) e un convegno internazionale. Per quanto riguarda il patti di «solidarietà e sicurezza», come quello firmato anche a Roma, l'associazione RomAzione ha già inviato una lettera agli organismi internazionali, per metterne in luce gli aspetti più preoccupanti sotto il profilo della discriminazione razziale. «anche noi siamo per la legalità, pensiamo che se qualcuno commette un reato debba pagare, è ovvio - spiega Eva rizzin - ma qui il problema è un altro: si ritiene che se un membro di una famiglia rom commette un reato, allora è tutta la famiglia a dover pagare e, ad esempio, ade essere cacciata da un campo». «Accadrebbe mai una cosa del genere per una famiglia italiana che vive in una casa popolare?», è la provocazione di Berini. «Allora è questo che stiamo dicendo: perché per le famiglie rom e sinte deve esistere un trattamento diverso? Questo tipo di "regolamenti" sono già stati sperimentatai in diversi campi rom, e non hanno portato a nulla. La soluzione? Noi non la conosciamo. Ma pensiamo che può essere trovata solo ragionado insieme, con la partecipazione dei rom e dei sinti».