Schiavi bianchi nei campi di pomodoro
Migliaia di romeni e polacchi a fianco dei clandestini neri
Il Foggiano come l´America coloniale, dove gli schiavi di origine africana erano usati al fianco degli schiavi bianchi, europei. Sono europei anche i romeni e i polacchi - gli schiavi bianchi del terzo millennio - che ormai da qualche settimana sbarcano in massa nel "triangolo senza legge": quello da Cerignola a Candela e su, a nord, oltre San Severo.
E mancano ancora dieci giorni, esattamente, all´inizio della raccolta dei pomodori, quando le campagne della Puglia settentrionale saranno affollate pure da algerini, marocchini, senegalesi, eritrei, tunisini... «Non è cambiato quasi nulla» si stringe nelle spalle Domenico Centrone, il console onorario polacco. Dieci mesi fa, la denuncia de L´espresso a proposito del mercato più sporco dell´Europa agricola.
Centrone non si fa illusioni, nonostante la nuova legge regionale contro il lavoro nero, la prima del Belpaese, quella che il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero vuole addirittura copiare innanzi tutto «per permettere ai clandestini di denunciare in sicurezza gli schiavisti». No, Centrone proprio non abbocca: «Diciamo la verità: è impossibile controllare una per una le campagne del Foggiano, letteralmente assediate da migliaia di stranieri, extracomunitari e non, che sgobbano per quattro soldi e vivono in condizioni disastrose.
A meno che lo Stato non decida di fare scattare un´altra operazione Primavera: sì, come quella che sempre da queste parti portò alla sconfitta dei contrabbandieri. In questo caso si tratterebbe di schierare uomini e mezzi per combattere chi sfrutta, sottopaga e massacra di botte i braccianti». Il diplomatico è preoccupato: «Ho parlato col console generale, a Varsavia, e mi ha confermato che sono 7mila quelli partiti coi bus da diverse città della Polonia alla volta della Puglia».
«Sì, è pienissimo di romeni e polacchi: i primi più dei secondi» puntualizza da Cerignola il direttore della Caritas, don Pasquale Cotugno, che fotografa una situazione disperata: «Dalla Romania in particolare, vedo arrivare molte famiglie con bambini, spesso chiedono l´elemosina, si adattano ad ogni genere di fatica e trovano rifugio a gruppi di dieci o venti all´interno di case maleodoranti, affittano un posto-letto per 200 o 250 euro al mese. Quanto ai polacchi, quelli sono più propensi a piegare la schiena nei campi».
Don Pasquale sembra scoraggiato: «È tutta gente di cui ci occupiamo solo in questo periodo». E impietoso: «Le istituzioni sono completamente assenti. La Regione giusto a Cerignola, ha finanziato l´apertura di un "albergo diffuso" per accogliere come si dovrebbe almeno un centinaio di immigrati. Non credo, però, che il progetto sarà realizzato quest´anno.
È sbagliato comunque, fare nascere questo centro di accoglienza a Tressanti: un borgo lontano dall´abitato. Come farò io, extracomunitario, ad andare in giro per cercare un´occupazione? Significherà ghettizzarli». Un altro di questi alberghi diffusi - il terzo dovrebbe materializzarsi a San Severo - sarà a Foggia, contrada Torre Guiducci. L´assessore comunale all´Immigrazione Michele Del Carmine, promette di inaugurarlo «entro questo mese» e sentitamente ringrazia il governo Vendola: «Ci ha dato il denaro sufficiente, 480mila euro. Così recupereremo una vecchia struttura della Asl sulla via per Manfredonia che era abbandonata da dieci anni. Ne faremo un luogo dignitoso con sessanta posti letto».
Azmi Jarjawi, un palestinese che risiede da ventisei anni in Italia e che per la Cgil nel "triangolo senza legge" veste i panni dell´osservatore speciale, scuote la testa: «L´idea è buona, ma nei tre alberghi diffusi previsti in Daunia avranno una dimora e l´assistenza, sanitaria e legale, non più di 200-250 immigrati. Troppo pochi se pensate che dalla prossima settimana, quella a ridosso del "pomodoro", gli immigrati saranno diventati non meno di 6mila». Per ora, fa sapere Azmi, «le prime segnalazioni ci sono giunte da Trinitapoli, romeni trattati terribilmente, come se fossero bestie da soma. Dovremo darci da fare.
Il guaio è che questi uomini e queste donne hanno paura di venire da noi e di raccontare per filo e per segno le angherie subite: se lo fanno, rischiano di essere picchiati dai caporali. E se non possono muoversi perché si ritrovano con le ossa rotte, non possono neppure lavorare. Sono in grado di guadagnare al massimo 20 euro dopo avere sudato per 14 ore». 1 euro e 42 centesimi ogni sessanta minuti. Benvenuti nella California d´Italia.
Sabato, 7 Luglio 2007