La fabbrica dei falsi permessi in prefettura
Cinque arresti: regolarizzati trecento clandestini a 1.000 euro l'uno
Corruzione nel cuore dell'amministrazione dello Stato. Nel terminale milanese del ministero dell'Interno, la Prefettura. Dove alcuni impiegati si facevano pagare per «regolarizzare» abusivamente gli immigrati irregolari: moltissimi, almeno 300 solo nei pochi mesi tra 2006 e 2007.
Tariffe salate: 1.000 euro a pratica. Soldi detratti dai 4-5 mila degli intermediari del traffico di documenti e dai 10 mila che i committenti si facevano pagare dagli immigrati. Sono i risultati di un'inchiesta condotta dalla procura di Milano che ha portato già all'arresto di due impiegate, fino a poco tempo fa assunte in Prefettura con contratti interinali, del compagno di una delle donne e di due intermediari. Ma l'inchiesta, tra committenti su larga scala, avvocati e perfino poliziotti, conta già 12 indagati.
La «fabbrica» dei falsi nullaosta per clandestini? A Milano stava nel cuore dell'amministrazione dello Stato, nel terminale locale del Ministero dell'Interno deputato a contrastare l'immigrazione clandestina: in Prefettura, dove allo Sportello Unico dell'Ufficio Immigrazione un nullaosta contraffatto per l'ingresso in Italia per motivi di lavoro costava 1.000 euro a pratica, spartiti tra dipendenti infedeli. Soldi detratti dai 4-5 mila euro guadagnati più a monte dall'intermediario di turno, e in cima alla catena dai 10 mila euro che i committenti (stranieri divenuti «grossisti» di documenti) si facevano pagare dai clandestini regolarizzati tramite questo canale fuorilegge.
Moltissimi: con certezza, in base non solo alle indagini ma già alle prime confessioni, almeno 300 soltanto nei pochi mesi tra il 2006 e il 2007. Due impiegate, fino a poco tempo fa assunte in Prefettura con contratti di lavoro interinale, sono state arrestate dal gip Giovanna Verga insieme al compagno di una delle due, e a due intermediari (uno italiano e uno straniero), in un'inchiesta della Procura di Milano che tra committenti su larga scala, avvocati e persino poliziotti, conta già 12 indagati. Uno degli intermediari ha già confessato di aver dato al suo contatto in Prefettura (una delle impiegate arrestate) «la somma di 100 mila euro », e di averne guadagnati altrettanti: «Dai miei "clienti" io prendevo 2.000, e le davo 1.000 euro a pratica».
A casa degli arrestati, come risulta dagli atti depositati ai difensori in vista dei ricorsi al Tribunale del Riesame, sono stati sequestrati un foglio manoscritto con una sorta di «prezziario» dei vari certificati; un'agendina cifre/nomi con l'elenco delle pratiche contraffatte e dei relativi intermediari; un timbro originale della Prefettura, una pen-drive con copie scannerizzate di moduli prelevati dal sistema informatico della Prefettura; pratiche già contraffatte pronte per la consegna.
E soldi, tanti contanti: in un caso 28 mila euro in 56 banconote da 500 euro, in un altro 23 mila euro in una cassetta di sicurezza. Inserendosi abusivamente nel sistema informatico centrale dell'Ufficio Immigrazione e utilizzando moduli e dati relativi a istanze di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari presentate dai rispettivi datori di lavoro, le impiegate arrestate in Prefettura attendevano che la Direzione Provinciale del Lavoro e la Questura effettuassero i controlli di legge e completassero le pratiche con emissione di parere positivo.
A questo punto sostituivano i nominativi originari (veri) con i nomi degli stranieri clandestini da «regolarizzare » attraverso il rilascio di un contraffatto nullaosta a pagamento. E se ora piovono le confessioni, è perché gli interrogatori dei pm Ada Mazzarelli e Alfredo Robledo, e le perquisizioni operate a tambur battente dalla sezione di polizia giudiziaria della Procura, sono riuscite là dove una precedente inchiesta della Squadra Mobile, nell'ambito del fascicolo di un altro pm, aveva appena scalfito la crosta dello scandalo, concludendosi con una richiesta di giudizio di due persone e solo per un documento falso.
Ora la Mobile è alla caccia degli organizzatori di questo canale di documenti falsi in Prefettura. Confessa un intermediario: «Un'impiegata e il suo compagno mi chiedevano di essere pagati con banconote da 500 euro, mi dicevano che altrimenti i soldi non ci stavano nella cassaforte».