All'ergastolo per l'uccisione del padre-padrone che lo picchiava, ha passato una vita all'ospedale psichiatrico
Vito ha già trovato casa
"Ora vorrei vedere il mare"
Se la grazia sarà concessa andrà a Salerno
in una comunità per disabili
di ROBERTO FUCCILLO
NAPOLI - Quando entrò in carcere, di Franco Basaglia ancora non si sapeva nulla. Vito De Rosa, il detenuto per il quale il ministro della Giustizia ha chiesto a Ciampi la grazia, ha vissuto per oltre cinquant'anni a Napoli, ma la città non l'ha mai vista. E' scomparso alla vita civile per mezzo secolo, rinchiuso in quelli che una volta si chiamavano manicomi criminali e oggi sono ingentiliti dalla sigla Opg, Ospedali psichiatrici giudiziari.
Se la grazia chiesta da Castelli gli aprirà i cancelli, De Rosa vedrà una luce che aveva perso a diciassette anni. Per un motivo grave, l'uccisione del padre, di un padre padrone che, narrano le scarse cronache disponibili dell'epoca, lo picchiava a sangue con corde e cinghie perché riteneva che Vito rubasse l'olio prodotto nella tenuta di famiglia. Siamo a Olevano sul Tusciano, un paesino in provincia di Salerno, nei primi Anni Cinquanta. La storia di Vito è segnata tragicamente dal colpo di accetta con il quale uccide il padre. Pochi dubbi, De Rosa viene condannato all'ergastolo.
Il calvario vero inizia dieci anni dopo. In carcere sta sempre peggio, le ispezioni mediche non possono fare a meno di diagnosticargli una forma di schizofrenia. Si scinde anche la sua storia, fra il dramma del crimine e quello dell'incubo. De Rosa lascia la pena "ordinaria" e viene trasferito allo psichiatrico. Finisce nel tunnel, diventa vittima di una doppia impossibilità: se il medico decreta la fine del suo stato di pericolosità sociale torna in un carcere ordinario: avrebbe bisogno di una grazia, ma anche questa rischia di non risolvere il problema perché poi qualcuno che lo accudisca si deve pur trovare.
È in queste condizioni quando la sua vicenda riemerge dalla nebbia delle cronache e dalla cella dell'ospedale San Eframo di Napoli, una struttura nel cuore di Napoli. La vicenda viene riscoperta nella scorsa estate da "Antigone", l'associazione che si batte proprio per i diritti e le condizioni di vita dei reclusi. È il frutto di una visita al San Eframo del responsabile napoletano dell'associazione Dario Dell'Aquila, in compagnia del consigliere regionale di Rifondazione Francesco Maranta. Quest'ultimo in particolare apre una campagna per De Rosa, giungendo fino a produrre una richiesta di grazia al presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Per la verità analoghe richieste erano già state respinte in precedenza. Le stesse autorità dell'Opg, pur dandosi da fare, si erano scontrate con l'impossibilità di liberare De Rosa. Nessun parente si era mai fatto avanti, strutture sanitarie disposte ad accoglierlo non se ne facevano avanti. Ora il calvario sembra finito. E probabilmente non è estraneo alla decisione del ministro il fatto che finalmente De Rosa sembra avere trovato una casa. I contatti, in corso da tempo, dicono che finalmente Vito dovrebbe essere accolto da una comunità di Salerno, i cui volontari si occupano di portatori di handicap, anziani e giovani a rischio. Restano quei cinquanta anni di buco, una vita scomparsa, un oblio nel quale si è ormai confusa persino la sua età vera.
Stando alle cronache dovrebbe avere 67 anni, ma più volte gliene sono stati attribuiti 72, 74 o 76 come nella prima nota con la quale ieri il ministero ha diffuso la notizia della grazia. Forse l'unico ad aver conservato una idea chiara è stato lui, con un desiderio semplice, ripetuto in questi ultimi tempi a chi lo andava a trovare: "Voglio vedere almeno una volta il mare".
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12 ottobre 2003