Se la magistratura ci confermerà che Aldo Bianzino è stato pestato a morte da alcuni agenti di polizia penitenziaria del carcere di Perugia, non vengano a dirci che si trattava di mele marce
Il vento dell'impunità non soffi a Perugia
Patrizio Gonnella*
Se la magistratura ci confermerà che Aldo Bianzino è stato pestato a morte da alcuni agenti di polizia penitenziaria del carcere di Perugia, non vengano a dirci che si trattava di mele marce. Semplicemente, i segnali sono stati interpretati. Non dalle singole mele ma dal sistema tutto.
E i segnali mandati negli anni hanno detto che il carcere è un mondo a parte, che è chiuso, oscuro, non trasparente, che i diritti umani, lì dentro più che fuori, sono carta straccia, che le leggi penitenziarie possono venir non rispettate dallo Stato, che il reato di tortura può non essere introdotto nel nostro codice anche se le convenzioni internazionali lo richiedono, che si può arrivare ad ammazzare senza che il mondo di fuori se ne accorga più di tanto e senza che le inchieste facciano la loro.
Potrebbe partire da Aldo Bianzino una controtendenza. Il sottosegretario Luigi Manconi ha dichiarato che non ci saranno coperture di eventuali responsabili e che l'inchiesta amministrativa è già in corso. Una affermazione meritoria che non avevamo sentito quando sono successi i fatti di Bolzaneto, le violenze di massa nel carcere San Sebastiano a Sassari, la morte di Federico Aldrovandi a Ferrara. L'istituzione statale dovrebbe sempre farsi riconoscere quale un complice di cui fidarsi piuttosto che un nemico da cui difendersi. Affinché ciò possa accadere, la lealtà nel fornire informazioni è la prima cosa da assicurare ai parenti, agli amici, alla stampa, alla società civile. È inconcepibile che di fronte a una morte avvenuta in circostanze tanto dubbie e tragiche un direttore di carcere possa negarsi al telefono o far finta di nulla. È inconcepibile che l'istituzione stessa non provi il desiderio di aprire porte e finestre per tutelare se stessa, la giustizia e la verità.
Lo spirito di corpo ha prodotto nefandezze e coperto violenze. Lo spirito di corpo, padre ignobile della teoria delle mele marce, non ha alcuna valenza positiva. Va contrastato con ogni strumento politico e culturale. Ci sono ancora carceri in giro per l'Italia dove la violenza è praticata. Ce ne sono altre - poche - dove è bandita. Ma nella grande maggioranza essa è sopportata proprio nel nome dello spirito di corpo. Chi predica la tolleranza zero sappia che inevitabilmente la violenza carceraria sarà uno dei modi in cui verrà messa in atto. Nei giorni scorsi il Senato francese ha votato la legge istitutiva di un'autorità indipendente di controllo dei luoghi di detenzione. La sinistra socialista e comunista si è astenuta condividendo il progetto ma ritenendo ci volesse un provvedimento ancora più incisivo a tutela delle persone detenute. «I diritti umani non sono né di destra né di sinistra», ha detto nei giorni scorsi Rachida Dati, ministro della Giustizia francese, commentando entusiasticamente l'approvazione della legge.
In Italia, invece, per i sindaci del Partito Democratico, a non essere né di destra né di sinistra è la loro tanto ambita patinata sicurezza.
* Presidente di Antigone