Meno di una settimana alla grande lotteria che mette in palio 170 mila "biglietti d'ingresso"
Un sistema sostanzialmente ipocrita per i lavoratori immigrati non comunitari
Parte il decreto flussi il "rimedio universale"
Manca meno di una settimana alla grande lotteria del "decreto flussi"
che quest'anno mette in palio
170 mila "biglietti d'ingresso"
per altrettanti lavoratori immigrati non comunitari. Le nuove modalità
che il ministero dell'Interno ha introdotto - invio delle domande per
via telematica - eviteranno le spaventose file davanti agli uffici
postali ma non riusciranno a nascondere la sostanziale ipocrisia di
questo sistema. Come sempre, infatti, a presentare la "domanda
d'ingresso" saranno per la maggior parte lavoratori che già si trovano
in Italia, per i quali il "decreto flussi" è lo strumento più a portata
di mano per ottenere una forma di regolarizzazione.
Che la vera natura del
"decreto flussi" sia questa è un fatto noto a tutti e sostanzialmente
accettato. Se ne parla esplicitamente nei forum dell'immigrazione,
negli stessi pareri dei legali. Ma, naturalmente, esistono le
eccezioni. Per esempio quella di Aziz, 23 anni, marocchino di
Casablanca. Pur avendo vissuto da ragazzo in Italia, ormai da tre anni
è tornato in patria (volontariamente, senza alcun provvedimento di
espulsione) e là, in Marocco, tuttora vive e lavora. Eppure il suo
aspirante datore di lavoro, una connazionale che vive in Italia ormai
da vent'anni ed è in attesa del riconoscimento della cittadinanza, ha
ancora qualche dubbio se presentare la domanda. Strano. Perché la
signora Faduma, 55 anni, anche lei originaria di Casablanca, ha tutte
le carte in regola: la sua piccola impresa, una lavanderia, è
regolarmente registrata, paga le tasse, produce un fatturato adeguato
all'assunzione di un dipendente.
Il dubbio di Faduma non
si fonda nemmeno sulle scarse possibilità che la sua domanda per Aziz
riesca a vincere la gara telematica che si scatenerà alle 8 del mattino
del 15 dicembre (la prima giornata, quella riservata alle 'quote
privilegiate', cioè anche ai marocchini). Le probabilità, è vero, non
sono altissime, ma se no che lotteria sarebbe?
Il problema di Faduma è un altro: Aziz è suo
figlio. E quindi anche lei farebbe un uso improprio del decreto flussi.
Non lo utilizzerebbe come surrogato di sanatoria ma come surrogato di
ricongiungimento familiare. Già, perché essendo Aziz maggiorenne, il
fatto che sia figlio di una coppia che vive in Italia da vent'anni non
gli dà alcun diritto. Né conta il fatto che tutti i suoi fratelli
vivano in Italia. Né che tre anni fa, prima di partire per una vacanza
in patria, avesse presentato la domanda di permesso di soggiorno. Né
che se fosse partito oggi con la ricevuta comprovante la presentazione
della richiesta di rinnovo, sarebbe potuto rientrare senza difficoltà.
Quella di Faduma e di
Aziz è una delle tante situazioni dove una normativa inadeguata, che
fatica a tenere il passo coi cambiamenti sociali, entra in conflitto
col comune buon senso. Davvero non si capisce perché Aziz debba essere
l'unico di tutta la sua famiglia a restare in Marocco.
Ma, per fortuna, c'è il "decreto flussi", il
rimedio universale, l'aspirina della legislazione sull'immigrazione. E'
molto probabile che alla fine Faduma quella domanda la presenti:
bisogna arrangiarsi. D'altra parte, l'adeguarsi ai costumi del paese in
cui si vive è ritenuto da molti una condizione essenziale per ottenerne
la cittadinanza.
(
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