Marco Incagnola , 20 dicembre 2007
Il rapporto sulle istituzioni totali italiane del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura, a cura di Susanna Marietti e Gennaro Santoro, Carta/Edizioni Intra Moenia 2007. In edicola con Carta dal 22 dicembre al 18 gennaio
Roma, stazione Termini. Al binario 13 il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d'Europa ha trovato un box di 2,70 m² privo di qualsiasi arredo usato quale camera di sicurezza per i fermati. Proprio il comando della polizia di Roma Termini è stato teatro di uno dei due "incidenti" menzionati espressamente nel Rapporto del Comitato relativo alle istituzioni totali italiane. Il personale in servizio si è particolarmente "distinto" per essersi rifiutato di fornire il proprio nome e codice identificativo, nonché per aver fatto attendere la delegazione del CPT per quasi un'ora, nascondendo la presenza di due detenuti.
Ma di questa notizia, e delle tante denunce presenti nei rapporti del Comitato relativi all'Italia, la politica e i media italiani sembrano quasi del tutto disinteressati. I diritti umani e le istituzioni soprannazionali non godono evidentemente di grande attenzione nel nostro paese. Poca è la conoscenza che se ne ha, poca l'autorità che si tende ad accordare loro. Non a caso l'Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non prevedere nel suo codice penale il reato di tortura e a non aver istituito il Garante per le persone private della libertà personale. Non a caso quando nel marzo 2007 un nostro connazionale, Mauro Palma, è stato eletto presidente del Comitato sopra menzionato, i giornali italiani sono stati tra i pochi in Europa a non darne notizia.
Il Consiglio d'Europa sin dal 1987 ha istituito il Comitato per la Prevenzione della Tortura che visita i luoghi di detenzione - carceri, centri per stranieri, ospedali psichiatrici giudiziari ecc. - di ben 47 Paesi europei e formula raccomandazioni ai relativi governi.
Finalmente ora possiamo leggere la traduzione in lingua italiana degli ultimi due rapporti (visite del 2004 e nel 2006) sull'Italia del Comitato europeo, nonché le risposte ufficiali fornite al proposito dal nostro governo. È infatti disponibile nelle edicole di molte città italiane Diritti e castigo, a cura di Susanna Marietti e Gennaro Santoro dell'associazione Antigone. Il volume propone anche interventi sul tema della sicurezza e dei diritti, tra cui si segnalano lo scritto inedito di Loïc Waquant e le interviste a Zygmunt Bauman e a Mauro Palma.
I rapporti del Comitato, come accennato, prospettano un quadro alquanto buio del rispetto dei diritti umani nelle istituzioni totali italiane, specie per quel che riguarda la gestione dei centri di permanenza temporanea.
Solo per citare alcuni esempi tratti dal libro, un incidente acclarato e biasimato dal Comitato ha riguardato le dichiarazioni raccolte nel Centro di permanenza temporanea di Ragusa durante la visita del 2006 relative ad « attività sessuali inappropriate » tra uomini del personale del Centro e alcuni ospiti, che avrebbero così beneficiato di qualche vantaggio. Su questo fronte la risposta delle autorità italiane è stata assolutamente inadeguata: anziché pensare a indagini approfondite su questi gravi episodi, ci si è limitati esclusivamente ad ipotizzare l'inserimento di un più alto numero di personale femminile. Non meno grave la denuncia ricevuta dalla delegazione durante la visita al Centro di Crotone. E.W.K, un cittadino iracheno sbarcato a Lampedusa l'11 maggio 2006, durante il trasferimento al Centro di Crotone aveva partecipato ad un fallito tentativo di evasione. L'uomo ha raccontato che, durante la sua permanenza forzata al commissariato di polizia di Crotone, al termine della perquisizione integrale durante la quale è rimasto sempre in manette, è stato accusato di aver ferito un poliziotto. Per questo motivo, ha detto ancora E.W.K, è stato oggetto di violente percosse (calci, schiaffi, manganellate) da parte di cinque poliziotti presenti nella stanza. Trasferito poi in un locale senza finestre, l'uomo è stato sul punto di perdere conoscenza, a causa del dolore. Nelle 24 ore successive, non ha ricevuto né da bere né da mangiare. L'indomani, davanti al Tribunale, dopo aver dichiarato quanto accaduto al giudice, l'uomo è stato rassicurato sul fatto che la sua denuncia sarebbe stata oggetto d'inchiesta. E invece non è accaduto nulla. In base a quanto detto dalle autorità italiane, non esisteva infatti prova del presunto maltrattamento da parte di cinque poliziotti. Di conseguenza, nessun procedimento penale è iniziato. Il cittadino iracheno è stato per giunta rimpatriato.