-
-
Venduti come schiavi L'odissea di 5 tunisini
a.f.
Genova
Ceduti come fossero schiavi da una ditta a un'altra. Privati dello stipendio pur essendo assunti a tempo indeterminato e in regola con il permesso di soggiorno: succede a cinque tunisini impiegati in un'azienda italiana con sede a Napoli, una tra le tante che lavorano in appalto in Fincantieri a Sestri Ponente. L'ennesima storia di sfruttamento contro ogni regola sindacale è emersa grazie al coraggio dei immigrati che hanno denunciato l'accaduto alla Fiom-Cgil. «Questi lavoratori sono entrati in Italia con il permesso di soggiorno garantito dal nuovo decreto dei flussi, hanno trovato un contratto a tempo indeterminato e il datore di lavoro aveva anche assicurato loro un alloggio gratuito - spiega Bruno Manganaro della Fiom-Cgil di Genova - A gennaio invece si sono trovati con un nuovo cartellino per entrare alla Fincantieri in cui risultava il nome di una nuova ditta, per altro a loro sconosciuta. Qualche giorno fa ci hanno cercato e venerdì scorso come Fiom abbiamo inviato una lettera alla vecchia azienda, a quella nuova, alla Fincantieri e alla Direzione provinciale del lavoro e abbiamo formalizzato alla vecchia azienda una diffida a licenziare i lavoratori in regola. E' chiaro che questi rischiano di essere cacciati senza neppure una lettera di licenziamento».
I cinque fanno parte di una piccola comunità di una quarantina di tunisini che lavorano nell'edilizia, nelle riparazioni e nella cantieristica. In particolare i cinque sono operai specializzati nelle posa di tubi. L'assunzione a tempo indeterminato sembrava un'assicurazione per il futuro. Il badge con la foto, nome e cognome un'ulteriore conferma, anche se come tutti i lavoratori in appalto passano dallo sportello di controllo dei lavoratori terzi e non da quella dei dipendenti diretti di Fincantieri. Alla Fincantieri che continua a sfornare navi da crociera di dimensioni sempre più elevate i dipendenti diretti sono infatti 850, mentre si calcola che ci siano 250 ditte in appalto con 2200 lavoratori circa che entrano quotidianamente a costruire pezzi di navi, dallo scafo in poi tutte le rifiniture con competenze che vanno dall'operaio metalmeccanico al falegname. Al gruppo di tunisini in generale è andata bene e hanno trovato situazioni lavorative «normali», mentre ai cinque da gennaio oltre al cambio d'azienda non è più arrivato un euro. E invece dell'alloggio gratuito promesso dal datore di lavoro originario si sono trovati per tutti questi mesi a pagare una pigione. A questo punto la Direzione provinciale del lavoro sta indagando sull'intera questione.