di Gennaro Santoro
Il 7 maggio sarà un giorno di mobilitazione europea per gridare un secco no all’Europa del filo spinato e dei corpi reclusi nei centri di detenzione per cittadini extra Ue. Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento dell'Unione hanno raggiunto un accordo per l’adozione di una direttiva sulla detenzione amministrativa e l’espulsione dei cittadini stranieri, la cosiddetta «direttiva rimpatri», che fornirà regole omogenee in tutti gli Stati membri. Il testo legislativo approderà all’Europarlamento per il voto finale il 4 giugno prossimo.
La nuova direttiva nasce da una proposta approvata il 12 settembre 2007 dalla Commissione Libertà Civili, Giustizia ed Affari Interni (LIBE) del Parlamento Ue con il voto favorevole di tutti i gruppi politici ad esclusione della Sinistra unitaria.
A destare preoccupazione è soprattutto la durata della detenzione amministrativa che potrà arrivare fino a 6 mesi prorogabili, in determinate ipotesi, fino ai 18. Al momento attuale in Italia la detenzione nei Cpt può durare 1 mese (prorogabili fino ad un massimo di 2), mentre in Francia questo tipo di detenzione dura 32 giorni.
Le nuove previsioni affiderebbero ai legislatori nazionali piena discrezionalità per stabilire quando prorogare la detenzione fino ai 18 mesi in quanto ricorrono “rischi di fuga” o una “minaccia per l'ordine pubblico”. Tale discrezionalità e la maggiore durata della detenzione amministrativa legittimeranno la utilizzazione dei centri di detenzione per stranieri come strutture destinate a sanzionare la presenza irregolare, piuttosto che come luoghi nei quali si rimane il tempo strettamente necessario per la esecuzione dell'espulsione.
L’Europa dunque, un tempo culla del diritto e dell’ospitalità per i richiedenti asilo, si appresta a potenziare il suo arsenale legislativo contro i sans papiers, sferrando un attacco senza precedenti al diritto di emigrare. Diritto spesso agito in nome della fame e della povertà, che caratterizzano il nostro mondo globalizzato. Ancora una volta, dunque, solo gli aspetti più repressivi e securitari determinano le politiche europee.
I principi codificati in norme internazionali – come, ad esempio, il non refoulement dei richiedenti asilo (Convenzione di Ginevra del 1951) e l’interesse superiore dell'infanzia (Convenzione Internazionale sui Diritti dell'infanzia 1990) - non sono garantiti da nessuna disposizione specifica della direttiva. Rimane altresì elusa la garanzia del principio sospensivo del ricorso contro la decisione di allontanamento forzato. Così come non sono previste indicazioni soddisfacenti per impedire il trattenimento di minori non accompagnati e per adempiere al principio del non refoulement verso determinati Paesi, come ad esempio la Libia, che sono ben lontani dal rispetto dei diritti fondamentali della persona, e che neppure hanno ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
L’Europa non può e non deve criminalizzare degli esseri umani la cui sola colpa è quella di avere esercitato “il diritto di lasciare il proprio paese”, diritto esplicitamente enunciato dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
Politiche liberticide, di contenimento di corpi reclusi in attesa di espulsioni. Politiche che mirano a costruire un’Europa fortezza, esacerbano le tensioni alimentando il razzismo e la xenofobia. Politiche inefficaci, dispendiose e irriverenti dei diritti minimi della persona. Per queste ragioni non resta che aderire alla mobilitazione che la Federazione francese delle associazioni di Solidarietà con i lavoratori immigrati (FASTI) ha organizzato contro la c.d. direttiva rimpatri per il 7 maggio a Bruxelles (alle 12:30, place Schuman) e nei 27 paesi UE (davanti alle prefetture e ai centri di detenzione).