L'iniziativa di Roma gela Bruxelles
Il Trattato Non può essere sospeso. Ma la Francia potrebbe venire in aiuto al governo italiano
Alberto D'Argenzio
Bruxelles
Il pacchetto sicurezza proposto da Roberto Maroni rischia di finire ai ferri corti con le normative europee. «La sospensione di Schengen è incompatibile con il principio della libera circolazione, questa è un'azione che va giustificata, non possiamo mica chiudere le frontiere perché non ci piacciono i romeni», riassume una fonte diplomatica. E il reato di immigrazione clandestina? «Decidere cosa è reato e cosa non lo è spetta ad ogni Stato membro non alla Ue - chiarisce la fonte - ma se l'Italia dovesse creare il delitto di immigrazione clandestina allora sarebbe la prima volta. Al momento esistono solo delle sanzioni amministrative».
Bruxelles, prima di esprimersi ufficialmente, attende di conoscere bene il contenuto del decreto sicurezza, ma intanto, per quanto ufficiose, fioccano le critiche. «Sospendere Schengen - ribadisce una fonte comunitaria - è come sospendere il Trattato, non si tratta mica solo delle frontiere. La direttiva nasce per ampliare e non per limitare la libera circolazione delle persone». Insomma, l'Europa attende con una certa preoccupazione un decreto che rischia di spostare l'Italia non solo fuori da Schengen, ma anche dalla legge comunitaria.
«Schengen - precisa il diplomatico - si può sospendere con urgenza solo per ragioni ben precise: ordine pubblico, sicurezza nazionale o salute pubblica». Le regole prevedono che ognuno dei paesi dell'area Schengen possa bloccare le proprie frontiere (da un solo determinato valico, aeroporto o porto, fino a tutte le frontiere terrestri, marittime ed aeree) in maniera unilaterale ed urgente solo per avvenimenti straordinari, com'è stato il caso della Francia che si è chiusa subito dopo l'attentato di Londra del 2005. Dopo aver preso una tale decisione, lo Stato ha 30 giorni per spiegare ai soci la ratio di una tale iniziativa. In altri casi - come il G8 di Genova e di Heiligendamm e il matrimonio del Principe Felipe - Italia, Germania e Spagna avevano notificato in anticipo la propria decisione. Altra cosa è ristabilire i controlli alle frontiere, ma anche questa iniziativa si può basare solo su argomenti forti e può avere durata limitata. E se il governo Berlusconi chiedesse di rivedere in toto la direttiva sulla libera circolazione, si troverebbe più o meno isolato: «Le modifiche - assicura Friso Roscam Abbing, portavoce dell'ex commissario Franco Frattini - non si possono fare dall'oggi al domani, tanto più che per ora questa sembra essere un'esigenza solo italiana».
Discorso in parte diverso per l'espulsione di persone concrete. La normativa Ue, entrata in vigore nel 2006 (pochi mesi prima dell'ingresso di Romania e Bulgaria) prevede l'espulsione degli altri comunitari che hanno commesso delitti o che rappresentino una minaccia alla salute o alla sicurezza nazionale. Oppure per chi, dopo esser entrato in un altro Stato membro da almeno 90 giorni, non abbia ancora le risorse necessarie per campare. Un concetto tanto fumoso che dalla Commissione informalmente invitano gli espulsi a trovarsi un avvocato: potrebbero vincere la causa di fronte alla Corte di giustizia del Lussemburgo. Sul fronte dell'allungamento dei tempi di detenzione nei Cpt per gli extracomunitari, l'idea di Maroni di arrivare ai 18 mesi è la stessa della maggioranza degli Stati membri e del Parlamento europeo. La direttiva rimpatri che doveva essere approvata in fretta è però al momento bloccata perché l'Italia e diversi paesi vogliono inasprirne altri aspetti. La discussione ripartirà la settimana prossima e entro l'estate si potrebbe arrivare all'approvazione. Poi però dal primo luglio la Presidenza francese potrebbe aiutare l'Italia: anche Sarkozy come Maroni punta tutto sulla sicurezza. Già ieri Parigi invitava i soci a evitare nuove sanatorie.