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Rom, poteri speciali al prefetto
Dopo l'incontro tra Moratti e Maroni, il prefetto di Milano sarà nominato commissario speciale per l'emergenza rom. Il vice-sindaco promette migliaia di espulsioni coatte
Giorgio Salvetti
Milano
Città sicura. Entro due giorni Roberto Maroni firmerà il decreto che conferisce al prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, i poteri di commissario speciale per l'emergenza rom. Per Milano è questo il punto qualificante e operativo uscito dall'incontro di ieri tra il sindaco Letizia Moratti e il neo-ministro degli interni. Il vice sindaco De Corato esulta e parla già di migliaia di provvedimenti di rimpatrio coatto in Romania. «Ci dev'essere un numero chiuso di rom a Milano - ha detto De Corato - chi non dimostra di avere una casa e un reddito se ne deve andare, e noi abbiamo già accertato 1500 persone in questa condizione».
La nomina di Lombardi è uno dei primi provvedimenti nell'ambito della stretta-spot sulla sicurezza che segna il debutto del governo Berlusconi. E Milano si presta volentieri al gioco. Il sindaco incassa e il Pd sottoscrive la linea dura senza battere ciglio. Il presidente della Provincia Penati ieri alla festa dei City Angels è arrivato addirittura a lanciare l'obiettivo comune: zero campi rom. L'iniziativa di Maroni ha raccolto l'applauso anche del sindaco di Roma Alemanno che ha avuto un cordiale incontro con il collega milanese.
«Si apre una nuova fase - ha scodinzolato la Moratti - dopo due anni molto difficili in cui ho cercato il dialogo con le istituzioni senza vedere risultati concreti, ora si dimostra che la sicurezza è veramente una priorità per questo governo: siamo sollevati». Altro che Prodi. «Anche la nomina del commissario speciale era sul tavolo di Amato ma non l'ha firmata». La Moratti ha inoltre proposto a Maroni di comprendere nel suo pacchetto certezza delle pene, misure più severe per sfruttamento dei minori, truffe agli anziani e violenze sessuali, effettiva espulsione dei clandestini. E Maroni ha celebrato la Moratti come eroina della sicurezza nazionale. «E' stato un confronto molto utile - ha dichiarato - si tratta di proposte molto interessanti. Proprio a Milano il tema della sicurezza è salito all'attenzione grazie alla marcia organizzata lo scorso anno da Moratti». Da dove si comincia a fare pulizia? Ovviamente dagli ultimi, gli zingari.
Per Don Mapelli, della Casa della Carità «il commissario speciale di per sè potrebbe anche non essere una cattiva idea, visto che manca totalmente un governo della situazione rom, certo dipende da cosa farà, se si tratterà solo di poteri di polizia basati su sgomberi ed espulsioni non porterà nulla di buono».
E' singolare che proprio un ministro leghista dia potere al prefetto che rappresenta il governo centrale. La nomina del commissario speciale, implicitamente, significa che sull'argomento gli enti locali non sono stati in grado di governare la situazione. E in effetti a Milano da molti anni sui rom si è giocata una bagarre a fini propagandistici, si è continuata la politica degli sgomberi senza soluzioni che hanno semplicemente spostato e vessato i nomadi costretti a vivere in condizioni sempre più disumane. L'ultimo sgombero del campo inquinato di via Bovisasca ha scatenato la reazione anche del cardinale Tettamanzi che ha accusato palazzo Marino di agire senza il minimo rispetto dei diritti umani.
Un timido tentativo, a dire il vero, era stato compiuto dal sindaco Moratti quando all'inizio del suo mandato aveva provato a stipulare un «patto di legalità» che avrebbe dovuto garantire doveri ma anche diritti ai rom del campo di via Triboniano, il più grande e storico campo del capoluogo lombardo. Quell'esperienza, non esente da aspetti criticabili (si trattava di una sorta di legge speciale per zingari) non si è sviluppata. Poi c'è stato l'incendio razzista del campo rom di Opera. E tutto è diventato tremendamente difficile. Al posto di inorridire davanti al piccolo pogrom anche da sinistra si è cominciato ad agitare l'idea che gli zingari in fondo danno fastidio e che se si perdono le elezioni è perchè si sottovaluta il problemi. Una «riflessione» ancora più di moda dopo la debacle del 13 aprile. Le parole di Penati di ieri non fanno che ripetere lo stesso ritornello.