Sono un decreto legge un disegno di legge ed alcuni decreti legislativi i provvedimenti che compongono il pacchetto sicurezza emanato dal governo durante il Consiglio dei Ministri di mercoledì 21 maggio tenutosi a Napoli.
Se è vero che le stesse norme appaiono come un drastico restringimento dei diritti dei migranti la revisione delle procedure legate ai matrimoni, di quelle al ricongiungimento familiare e la previsione dell’aggravante per chi commetta reati e si trovi in posizione irregolare è altrettanto vero che la loro elaborazione, la scomposizione in diversi provvedimenti, come pure l’efferatezza che caratterizza i loro contenuti, rivelano una certa difficoltà, dettata da diversi fattori. Molte delle disposizioni appaiono difficilmente applicabili: la spesa pubblica, la normativa europea, le esigenze del mercato del lavoro e non da ultime le resistenze e le strategie messe in atto dai “nuovi cittadini” si pongono come ostacoli non di poco conto.
Il dibattito di questi giorni ha fatto emergere comunque molte contraddizioni.
Prima fra tutte la questione che lega indissolubilmente i fenomeni di mobilità ad una loro utilità nei confronti del mercato del lavoro.
Così il dibattito per forza di cose emerso intorno al tema delle badanti (notiamo come neppure i governi precedenti avessero mai affermato con tanta limpidezza la legittimità di alcuno a rimanere senza documenti nel territorio italiano), anche se rende solo in minima parte giustizia al grande “esercito di irregolari” che è costretto al lavoro nero in questo paese, si pone come limite strutturale e consapevole all’adozione e soprattutto alla messa in atto dei provvedimenti annunciati. Norme severe ma necessità di concessioni che fino ad oggi sembravano improponibili. Ciò comunque non ammorbidisce e neppure attenua la gravità delle proposte messe in atto. Ci aiuta però a comprendere come una serie di contraddizioni legate proprio ai fenomeni migratori pongano problemi di governabilità non di poco conto.
Il provvedimento sembra rispondere certo alla fame di sicurezza scatenata dal susseguirsi di emergenze più o meno confezionate in questi mesi, ma fa inevitabilmente i conti con la necessità di proporre, certo sotto mentite spoglie, altrettante compensazioni. Chi potrebbe mai governare un paese con la pretesa di incarcerare circa un milione di persone oltre a tutti i loro favoreggiatori?
Si prospetta qualcosa di simile ad una sanatoria, che il nome di sanatoria non avrà, per non destare sospetti di cedimento da parte dell’attuale esecutivo.
Un assorbimento differenziato che porterà con diverse priorità nell’accesso, badanti, colf, e via via tutte le categorie di lavoratori impiegati irregolarmente ad avere un permesso di soggiorno. Forse il prossimo decreto flussi terrà conto delle vecchie domande presentate attraverso la procedura telematica? Il Ministro del Lavoro Sacconi non si spinge oltre ma ci tiene a sottolineare come per gli stranieri che abbiano effettuato richieste di assunzione il canale differenziato sarà fatto di ostacoli e severi controlli.
Molto si è detto sui ricongiungimenti familiari, individuati dal nuovo governo come strategie di ingresso utilizzate per aggirare i blocchi imposti dalla normativa. “Ci sono troppi clandestini che entrano regolarmente” sembrano dirci come in un lapsus le restrizioni poste alla possibilità di riunirsi in maniera autorizzata con i propri stretti (i requisiti ed i soggetti che possono ricongiungersi sono già molto ferrei).
Ma non tutto quello che è venduto come un inedito giro di vite è propriamente una novità. Se infatti il reato di immigrazione illegale è stato opportunamente rimandato ad un disegno di legge, così da delegare a futuri calcoli di opportunità politica e di governabilità la sua introduzione, le norme che hanno trovato invece posto nel decreto legge, provvedimento dall’effetto immediato, richiamano in larghissima parte quelle già predisposte dall’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato. Lo è per esempio la norma che prevede un aumento fino ad un terzo della pena quando un reato sia commesso da un cittadino non in regola con il titolo di soggiorno, posizione considerata di per sé aggravante. Essere puniti non per ciò che si fa ma per ciò che si è, è quindi un regalo lasciato ai migranti da Amato, Ferrero e altri che troppo poco in questi anni si sono occupati di dare un segno diverso, di inversione di tendenza, ad una legge sull’immigrazione che già abbondantemente si presentava come ingiusta. Ma non solo. La strada aperta dall’ambivalente formula dei “motivi imperativi di ordine pubblico”, sempre discrezionali e arbitrari, hanno aperto la strada all’attuale esecutivo per introdurre tra essi anche la mancata iscrizione anagrafica o semplici comportamenti contrari al decoro urbano ed alla moralità pubblica. La soluzione? I Centri di detenzione aperti anche ai cittadini comunitari.
Su questi ed altri punti del “pacchetto sicurezza” vi proponiamo i contributi dell’Avvocato Marco Paggi (ASGI.), Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo), Marco Revelli (Università del Piemonte), Sandro Chignola (Univerità di Padova), Moustapha Wagne (Coordinamento Migranti Verona)
Vedi anche:
Pacchetto sicurezza - Il decreto legge, il disegno ed i decreti legislativi approvati nel Consiglio dei Ministri di Napoli
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Pacchetto sicurezza – Linea dura, ma non per le badanti
Dal pacchetto sicurezza ai pestaggi neonazisti di Roma
Un’intervista all’Avv. Giovanni Palombarini
"La prima osservazione è generica e va al di là anche dello stesso “pacchetto sicurezza”. Riguarda tutti gli interventi, misure ed iniziative di questo genere: ancora una volta, se la vogliamo mettere in termini di efficienza e di conseguimento dei risultati, si è vittime, questo io ne sono convinto, di quella che veniva chiamata e che io continuo a chiamare “illusione repressiva”.
Cioè, si pensa che di fronte ad un fenomeno sociale di grosse dimensione, di poterlo governare in qualche modo, e non si sa bene da che parte prenderlo, perché l’approccio fino ad oggi è sempre stato abbastanza sbagliato e continua ad essere sbagliato.
Vi è l’illusione che, a fronte di questo tipo di difficoltà, individuando nuovi reati, aumentando le pene, mettendo aggravanti, allungando i tempi di detenzione nei centri di permanenza temporanea, cambiando il loro nome, si risolva il problema.
La verità è che nel nostro paese, già da qualche tempo, nel corso di questi ultimi 10 anni, è cresciuto e si è sviluppato un “diritto penale speciale”, un “diritto penale dello straniero”, che, lasciando perdere altre considerazioni di ordine costituzionale, o addirittura di tipo umanitario, guardandolo solo dal punto di vista dei risultati, non ha prodotto nessun risultato" Continua>>
Un primo commento dell’Avv. Marco Paggi (Melting Pot Europa)
“C’è da dire, questa è una premessa doverosa, che non possiamo che limitarci a commentare i documenti ufficiali diffusi finora dal Ministero dell’Interno, ancora piuttosto vaghi e non redatti in articoli dai quali si evinca la formulazione delle norme introdotte. Nello schema di decreto legge si propongono alcune prime misure. Come prima osservazione occorre soffermarsi sul fatto che il Governo ha scelto di utilizzare lo strumento della legislazione d’urgenza, ossia la formula del decreto legge. Il ricorso alla decretazione d’urgenza non sembra però essere giustificato. La Costituzione Italiana all’art. 77, secondo comma, presuppone che il decreto legge possa essere emanato solo in situazioni di straordinaria necessità ed urgenza. Tale “straordinaria necessità ed urgenza”, al di là delle ideologie o delle valutazioni di opportunità politica, non sembra sussistere in questo caso e con riferimento a queste misure” continua>>
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Un intervento del Prof. Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo)
"La minacciata introduzione del reato di immigrazione clandestina, attraverso un disegno di legge sul quale sono ancora divise le stesse forze di governo, anche se non diventerà mai legge dello stato, ha già avuto un effetto annuncio devastante sul terreno dell’opinione pubblica, che ha criminalizzato tutti gli stranieri irregolari, meno le “utili badanti” per le quali si sta cercando una ipocrita scappatoia. Ma la situazione è ancora più grave se si considera che da subito, per effetto del decreto legge già approvato dal governo, tutte le pene previste dal codice penale per reati comuni come il furto vengono aumentate di un terzo se si tratta di reati commessi da clandestini” continua>>
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Un’intervista al Prof. Sandro Chignola (Università di Padova)
“Leggendo l’esito del Consiglio dei Ministri di ieri mi ritrovo proiettato nelle legislazioni del profondo ’800, quando si cercava di distinguere tra classi pericolose e classi lavoratrici; il tentativo cioè di operare un discrimine netto fra chi risulta disciplinabile al lavoro (quindi socialmente utile) e quella straordinaria massa di popolazione da rigettare ai margini dei circuiti di integrazione della cittadinanza. Questo dispositivo di legge del 2008, che sembra rispondere immediatamente a una logica ottocentesca, fa pensare che la reazione difensiva di fronte all’ingovernabile, ricacci questi politici nei loro ricordi di liceo. Risulta evidente come di fronte ad una fenomenologia incomprimibile come quella legata alla libertà di movimento dei migranti, i politici non sappiano che fare. Lo stesso annuncio, in gran parte retorico e di facciata, dell’introduzione del reato di clandestinità, necessariamente deve produrre anche dispositivi di ammorbidimento di quella stessa logica securitaria che lo sottintende. Quello che perciò ci si aspetta in futuro non potrà essere che un’enorme sanatoria. Di nuovo, il ricorso quindi a tecnologie di governo dei fenomeni migratori costruiti sull’ambivalenza dell’annuncio ad effetto e della gestione reale in termini di "bricolage", di canalizzazione, nel tentativo di cercare di governare ciò che non può essere governato.”continua>>
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Un commento del Prof. Marco Revelli (Università Orientale del piemonte)
“Io ho il presentimento che fra le pieghe di questo pacchetto sicurezza filtrino segnali aberranti, aberranti e tali da sconvolgere elementi portanti della nostra civiltà giuridica e anche per molti aspetti si scardini di fatto la parte della nostra Carta Costituzionale dedicata ai principi fondamentali, qui sta saltando la Costituzione nella sua parte costitutiva, l’articolo 3, quello che afferma il principio di uguaglianza. Quando si attribuisce una aggravante così pesante, tale da aumentare massicciamente la dimensione della pena, e la si attribuisce non ad un comportamento o ad un elemento della disposizione soggettiva di colui che compie l’atto ma alla natura di colui che compie l’atto, il suo essere o non essere cittadino italiano, il suo essere o non essere in regola con una misura amministrativa, quando l’aggravamento della pena è legato non alla modalità di commissione del reato ma alle caratteristiche personali di chi la compie siamo fuori da ogni principio di eguaglianza di fronte alla legge. Abbiamo varcato un limite così come un limite viene varcato quando si pongono condizioni di difficoltà ai matrimoni misti, altro frammento velenosissimo di questo decreto che ricorda le leggi razziali del ’38. In Italia è tornata una norma che pone dei limiti al matrimonio sulla base delle caratteristiche etnico-originarie dei contraenti, siamo al di là di ogni civiltà. Nel meccanismo di produzione di queste norme, nella successione storico-politica con cui si è arrivati a questo superamento del limite colpisce il carattere di relativa continuità con alcune ipotesi e tentativi di modificazione della normativa del Governo precedente. Indubbiamente i nuovi provvedimenti radicalizzano e aggravano dei tratti embrionali che per ora erano stati proposti dall’altro e precedente Governo, il che la dice lunga per certi versi sullo sconvolgimento e sull’annebbiamento che si è prodotto nelle forze di centro-sinistra e soprattutto lascia presagire una debolezza strutturale dell’opposizione a questi processi, dell’opposizione politica, dell’opposizione in se dei parlamentari nel momento in cui sarebbe necessario un grido di ripulso nei confronti dell’imbarbarimento che questo comporta, noi abbiamo delle anatre zoppe per certi versi.”
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Un commento di Moustapa Wagne (Coordinamento Migranti Verona)
Il fatto che essere clandestino sia un reato mi preoccupa molto. Questa aria che sta tirando è un’aria che si basa sul razzismo, gente povera colpita dalla guerra, colpita anche dalla fame, colpita dalla mancanza di democrazia fugge dai paesi di origine per cercare una serenità e questa serenità diventerà anche una condanna. Il Governo sta prendendo un modello razzista nei confronti dei migranti, adesso i migranti sono tutti attenti e stanno guardando con molta attenzione questo pacchetto sulla sicurezza, si è parlato fin dall’inizio di clandestini, si è parlato di reati, si è parlato di condanne, si è parlato di espulsione, però non hanno ancora parlato di chi è qui, lavora ed è integrato e manda avanti l’economia. Questo significa che c’è una chiusura netta nei confronti degli immigrati. La questione delle badanti per esempio, sappiamo bene che i professionisti, gli avvocati, i medici o i politici, ognuno ha una badante clandestina a casa sua. Forse pensando che la badante a casa sua sia più brava di quelli che non sono riusciti ad avere un lavoro. Quello che dovrebbero fare attualmente è di sanare, una sanatoria per tutti coloro che sono già qui, essere clandestini non può essere un reato. Il fatto di dire che clandestino è uguale a delinquente è sbagliato, non è così semplicemente perchè tutti coloro che sono qui e lavorano regolarmente sono sempre passati per un periodo di clandestinità.
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Vedi anche:
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Diritto d’asilo minacciato - Comunicato stampa del Consiglio Italiano per i Rifugiati
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