Appello contro il razzismo di massa
Siamo persone - storici, giuristi, antropologi, sociologi,
filosofi, operatori culturali- che da tempo si occupano di razzismo. Il nostro
vissuto, i nostri studi e la nostra esperienza professionale ci hanno condotto
ad analizzare i processi di diffusione del pregiudizio razzista e i meccanismi
di attivazione del razzismo di massa. Per questo destano in noi vive
preoccupazioni gli avvenimenti di questi giorni - le aggressioni agli
insediamenti rom, le deportazioni, i roghi degenerati in veri e propri pogrom -
e le gravi misure preannunciate dal governo col pretesto di rispondere alla
domanda di sicurezza posta da una parte della cittadinanza. Avvertiamo il
pericolo che possa accadere qualcosa di terribile: qualcosa di nuovo ma non di
inedito.
La violenza razzista non nasce oggi in Italia. Come nel resto
dell'Europa, essa è stata, tra Otto e Novecento, un corollario della
modernizzazione del Paese. Negli ultimi decenni è stata alimentata dagli effetti
sociali della globalizzazione, a cominciare dall'incremento dei flussi migratori
e dalle conseguenze degli enormi differenziali salariali. Con ogni probabilità,
nel corso di questi venti anni è stata sottovalutata la gravità di taluni
fenomeni. Nonostante ripetuti allarmi, è stato banalizzato il diffondersi di
mitologie neo-etniche e si è voluto ignorare il ritorno di ideologie razziste di
chiara matrice nazifascista. Ma oggi si rischia un salto di qualità nella misura
in cui tendono a saltare i dispositivi di interdizione che hanno sin qui
impedito il riaffermarsi di un senso comune razzista e di pratiche razziste di
massa.
Gli avvenimenti di questi giorni, spesso amplificati e distorti dalla
stampa, rischiano di riabilitare il razzismo come reazione legittima a
comportamenti devianti e a minacce reali o presunte. Ma qualora nell'immaginario
collettivo il razzismo cessasse di apparire una pratica censurabile per assumere
i connotati di un «nuovo diritto», allora davvero varcheremmo una soglia
cruciale, al di là della quale potrebbero innescarsi processi non più
governabili.
Vorremmo che questo allarme venisse raccolto da tutti, a
cominciare dalle più alte cariche dello Stato, dagli amministratori locali,
dagli insegnanti e dagli operatori dell'informazione. Non ci interessa in questa
sede la polemica politica. Il pericolo ci appare troppo grave, tale da porre a
repentaglio le fondamenta stesse della convivenza civile, come già accadde nel
secolo scorso - e anche allora i rom furono tra le vittime designate della
violenza razzista. Mai come in questi giorni ci è apparso chiaro come avesse
ragione Primo Levi nel paventare la possibilità che quell'atroce passato
tornasse.
Primi firmatari:
Marco Aime, Rita Bernardini, Alberto
Burgio, Carlo Cartocci, Tullia Catalan, Enzo Collotti, Alessandro Dal Lago,
Giuseppe Di Lello, Angelo D'Orsi, Giuseppe, Faso, Mercedes Frias, Gianluca
Gabrielli, Clara Gallini, Pupa Garribba, Francesco Germinario, Patrizio
Gonnella, Gianfranco Laccone, Maria Immacolata Macioti, Brunello Mantelli,
Giovanni Miccoli, Giuseppe Mosconi, Grazia Naletto, Michele Nani, Salvatore
Palidda, Marco Perduca, Pier Paolo Poggio, Carlo Postiglione, Enrico Pugliese,
Annamaria Rivera, Rossella Ropa, Emilio Santoro, Katia Scannavini, Renate
Siebert, Gianfranco Spadaccia, Elena Spinelli, Diacono Todeschini, Nicola
Tranfaglia, Fulvio Vassallo Paleologo, Barbara Valmorin, Danilo Zolo.