TORINO - Nel 2007 sono circa 1260 i lavoratori che hanno perso la vita: vale a dire uno ogni sette ore. Secondo i dati dell’Inail, altri 913mila hanno subito uno o più infortuni, spesso permanenti e invalidanti. Un record anche nell’ambito dei paesi dell’Unione Europea: i morti tra i lavoratori in Italia superano di due volte quelli francesi, e di ben sei volte quelli della Gran Bretagna. Gli stranieri, in particolare gli extracomunitari, sono tra i soggetti più a rischio. Circa il 17% dei morti nel 2007 erano di nazionalità non italiana.
Gli extracomunitari, spesso costretti a lavorare in nero, difficilmente denunciano i propri infortuni: per la paura concreta di perdere il posto faticosamente conquistato, spesso anche perché provengono da paesi dove le norme contrattuali e di sicurezza sono ancora più labili. Per parlare di un fenomeno, le morti sul lavoro tra gli extracomunitari, la cui portata è spesso ignorata, si è svolto a Torino, organizzato dall’Inail e dal consolato albanese in Piemonte, il convegno “I colori delle morti bianche - Extracomunitari. Tutela e sicurezza sul lavoro”.
Mancanza di formazione e di materiale adeguato, imperizia, mancanza di scrupoli dei datori di lavoro: sono tante le cause di una strage continua, i cui contorni non sono ancora ben definiti. Nei cantieri edili, dove è maggiore l’affluenza di risorse extracomunitarie, si registrano le situazioni più disastrose: i controlli dell’ispettorato del Lavoro mostrano come circa il 40% dei lavoratori risulti in nero, o camuffato con dei contratti globali che oltre a gonfiare il salario effettivamente percepito, non coprono neanche in minima parte l’aspetto della previdenza sociale.
Al convegno di Torino hanno partecipato esponenti politici, dei sindacati, e una delegazione proveniente dall’Albania, composta tra gli altri dall’ex ambasciatore in Italia e oggi vice ministro dell’Integrazione Zef Bushati ed Evelina Koldashi, direttore Generale dell’Issh, corrispettivo albanese dell’Inail, con il quale l’istituto albanese intraprenderà una serie di azioni di aggiornamento e coordinamento. “Anche attraverso iniziative come queste possiamo cambiare l’immagine che in Italia si ha dell’extracomunitario – ha detto Giovanni Firera, console onorario d’Albania in Piemonte - . Bisogna rendersi conto che stiamo parlando di esseri umani, persone che vogliono integrarsi e che oltre a dare hanno anche il diritto a ricevere, in questo caso un trattamento dignitoso in ambito lavorativo. Quando ci si renderà conto di questo non sarà mai troppo tardi”.