Assemblea alla Sapienza con decine di associazioni. Assenti studenti e docenti
Confronto
aperto tra Arci, Acli, Antigone, Cgil, Federazione dei rom e altre
organizzazioni. Per costruire l'opposizione al pensiero unico xenofobo
e per i diritti dei migranti
Il fronte antirazzista
Assemblea alla Sapienza con decine di associazioni. Assenti studenti e docenti
Confronto
aperto tra Arci, Acli, Antigone, Cgil, Federazione dei rom e altre
organizzazioni. Per costruire l'opposizione al pensiero unico xenofobo
e per i diritti dei migranti
Eleonora Martini
ROMA
Forse sono ancora troppo poche, ma le
«Mille voci contro il razzismo» che si sono alzate ieri dall'Aula magna
dell'università di Roma La Sapienza rappresentano gli anticorpi della
democrazia italiana. Quell'unica preziosa risorsa a cui aggrapparsi per
non venire risucchiati dal pensiero unico, dal senso comune razzista
dilagante, dall'ideologia xenofoba che ormai attecchisce come la
gramigna, da quel «consenso popolare che si nutre del linciaggio dei
diritti» prima ancora che delle persone. Per questo, «un consesso di
minoranza» - come l'ha chiamato Gad Lerner, che insieme a Tullia Zevi e
Luciano Eusebi ha introdotto la discussione - può avere un potenziale
inaspettato per contrastare leggi discriminatorie come quelle previste
nel pacchetto sicurezza, imposte in nome di un «popolo» che spesso e
volentieri non è altro che «un'invenzione ideologica televisiva». «È il
razzismo che ci rende insicuri», è il messaggio lanciato dalle
centinaia di persone convenute nel cuore del più antico ateneo romano,
e che hanno voluto cominciare con un minuto di silenzio in tributo alle
150 vittime senza volto e nome dell'ultima tragedia del Mediterraneo.
Vittime per le quali stanno cercando sottoscrizioni per poter
organizzare il recupero delle salme e il loro funerale in patria.
Operatori,
studiosi, giuristi, antropologi, rappresentanti delle comunità
migranti, ex vittime della tratta di schiave, attivisti, medici,
politici, intellettuali e sindacalisti hanno voluto alzare la voce
contro quelle norme volute dal governo Berlusconi che introducono il
reato di immigrazione clandestina, che prolungano la possibilità di
detenere i migranti senza alcun processo fino a 18 mesi in un carcere
chiamato Cpt, che autorizzano censimenti su base etnica con schedature
di massa, che preparano la società ad una militarizzazione del
territorio. Leggi che servono proprio ad «aumentare il senso di
insicurezza», a far crescere la paura dell'immigrato, a «cercare un
capro espiatorio per distogliere l'attenzione», a «frammentare la
società». Perché, hanno fatto notare, «cosa c'è di meglio di una
comunità frammentata per poterla depredare?».
Colpisce perciò che
alle «mille voci» dell'assemblea romana, promossa da un ampio arco di
associazioni della società civile italiana - dall'Arci alle Acli, dalla
Cgil a Magistratura democratica, da Antigone a Giuristi democratici,
dalla Federazione rom e sinti insieme, che ha partecipato con una folta
delegazione, a Libera, Lunaria, Fuoriluogo, Medici contro la tortura,
Confronti, Asgi, Federazione delle chiese evangeliche italiane,
Cantieri sociali, ecc. - non si siano aggiunte quelle degli studenti e
dei docenti universitari. Nemmeno l'ombra di uno dei tanti attivisti
del movimento studentesco romano. Il primo a registrarne l'assenza è
stato proprio il prorettore Piero Marietti, ospite e sostenitore del
convegno di cui ha avviato i lavori. «Nessun ringraziamento, era nostro
dovere essere qui - ha detto Marietti - Vi devo però chiedere scusa
perché con dolore riconosco che quello che manca qui questa mattina è
proprio l'Università». «Un vero peccato - ha sottolineato più avanti
Sveva Haertter, responsabile ufficio migranti della Fiom - che proprio
gli studenti, che pure recentemente hanno subito aggressioni da gruppi
neofascisti, non riescano a trovare il nesso tra la loro lotta e quella
che noi qui sosteniamo». A dire il vero, gli studenti non sono stati
gli unici a snobbare l'appuntamento: nessuna traccia nemmeno del Pd
malgrado alcuni esponenti, soprattutto tra i radicali, avessero
annunciato la loro partecipazione.
Appaluditissima, Tullia Zevi ha
ricordato il clima culturale in cui nacquero le leggi razziali e le
tante similitudini tra il senso di solitudine e disperazione che
provarono gli ebrei e quello che oggi segna la vita di tanti rom e
immigrati. In molti hanno ricordato che «i diritti umani prescindono
dallo status e dal possesso di un documento», e «non conoscono confini
nazionali». Impossibile riportare tutte le voci, ma l'assemblea infine
ha deciso, in questa fase, di concentrare gli sforzi su tre punti, come
ha riassunto il responsabile immigrazione della Cgil, Piero Soldini:
«Primo: chiediamo a governo e parlamento di fermarsi, di non approvare
questo pacchetto sicurezza, facciamo appello affinché venga bocciato in
Senato, e invitiamo a riprendere un confronto vero con
l'associazionismo di base. Secondo: al parlamento europeo di Strasburgo
che domani (oggi, ndr) voterà la direttiva sui rimpatri diciamo che se
si vogliono cercare in Europa regole omogenee per ben governare i
flussi migratori è sbagliato cominciare da norme repressive e penali.
Terzo: è necessario e urgente impostare una campagna culturale che si
rivolga a tutti, soprattutto ai media. Perché si garantiscano spazi di
informazione corretta, plurale e un uso del linguaggio rispettoso della
dignità di ogni essere umano».