Il signor Kalashnikov è stato il primo cittadino-detenuto a ricorrere davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani e a ottenere una condanna di uno Stato (nel suo caso la Russia) per gli effetti tragici del sovraffollamento carcerario. Il signor Izet Sulejmanovic è stato il secondo a ricorrere dinanzi ai giudici europei e a vincere, seppur soli mille euro. In questo caso a essere condannata per trattamenti inumani e degradanti non è stata la Russia ma la nostra Italia. Izet Sulejmanovic per alcuni mesi è stato costretto a vivere nel carcere romano di Rebibbia in soli 2,7 metri quadri. Vivere in un ambiente così ristretto significa non avere spazio per scrivere, per stare seduti, per muoversi. Significa perdere la riservatezza quando si va in bagno.
Significa di fatto stare sempre stesi a letto. Il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura – organismo ufficiale del Consiglio d’Europa - ha affermato che lo spazio minimo per un detenuto in una cella singola non può essere inferiore a sette metri quadri; in una cella multipla ogni detenuto deve avere invece almeno quattro metri quadri a disposizione. La condanna europea è avvenuta nonostante il dissenso – incomprensibile se non per una sorta di spirito di corpo nazionale - del giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky. La capienza regolamentare del nostro sistema penitenziario è di 43 mila posti letto. Una capienza definita in base agli standard minimi del Comitato di Strasburgo. Oggi i detenuti sono oltre 64 mila. Con gli attuali ritmi di crescita saranno 100 mila entro la fine del 2012. Ogni detenuto in più oltre la capienza regolamentare vive in spazi non legali e quindi – a dire della Corte europea – inumani a tal punto da configurare una ipotesi di maltrattamento. A Brescia o a Sassari in otto metri quadri vivono sei o sette detenuti. Ci sono casi in cui si dorme in letti a quattro piani, dove il piano terra coincide proprio con il pavimento. A Bolzano in poco più di dieci metri quadri vivono dodici detenuti. All’Ucciardone di Palermo in sedici metri quadri dormono sedici detenuti. Dormono, perché non possono fare altro. È difficile stare tutti in piedi contemporaneamente. A Poggioreale a Napoli i detenuti sono 2.700, stipati in una prigione con una capienza di 1.300 posti. Di fronte a una situazione così drammatica, il Parlamento italiano introduce nuovi reati creati dal nulla (immigrazione clandestina) e il Ministero della Giustizia presenta un piano di edilizia penitenziaria inutile e privo di copertura finanziaria. È lo stesso Comitato di Strasburgo a sottolineare come l’edilizia penitenziaria non abbia in questi anni mai risolto il problema dell’affollamento, servendo solo ad aumentare i tassi di carcerazione. Siamo in una condizione oggettiva di violazione dei diritti umani certificata da organismi sovranazionali e pare che a nessuno gliene importi nulla. Basterebbe un’unica norma per tornare alla normalità: depenalizzare del tutto il consumo di droghe e decriminalizzare la vita dei consumatori. Libereremmo in questo modo circa 20 mila posti inutilmente occupati da tossicodipendenti e piccoli spacciatori costretti al reato da una legge proibizionista. Oggi il nostro sistema carcerario è definito dagli organismi internazionali oggettivamente disumano e degradante, tanto da giustificare un risarcimento economico. Ora speriamo che la Corte sia inondata di ricorsi che mettano in crisi (di immagine ed economica) il nostro sistema. Noi siamo a disposizione di quei detenuti che vogliano intraprendere azioni giudiziarie contro lo Stato italiano (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Un modo democratico per sovvertire uno Stato ingiusto.
Patrizio Gonnella