Spoleto 8 agosto 2009
Non c’è più spazio? Lo si crea
Non ci si può far trovare impreparati. Stanno arrivando, e saranno in tanti. In questo momento in Umbria è tutto un allestire nuovi reparti e raddoppiare celle. A Spoleto sono arrivati 75 nuovi detenuti e altri ne arriveranno, si parla complessivamente di 300 nuovi arrivi nel carcere di Maiano entro il mese di settembre. Se le previsioni sono giuste pure questo istituto umbro, come quello di Capanne, vedrà raddoppiata la sua popolazione fino a 600 detenuti. Un intero piano lasciato libero su richiesta del Ministero nel padiglione dei “detenuti comuni” è quasi pronto ad ospitarne altri 100. Ma arriveranno “detenuti comuni”, o saranno detenuti di diversa tipologia?
Questa domanda non banale se la fanno tutti quanti, perché Spoleto è una casa di reclusione, strutturata ed organizzata per gestire detenuti in regime di alta e altissima sicurezza, nella quale mescolare circuiti diversi crea gravi problemi nella gestione di tutte le attività, dai colloqui alle attività culturali. Considerando poi che da circa 10 anni il personale di custodia non viene incrementato (330 agenti e 40 GOM – 70 in meno dell’organico assegnato) e che di conseguenza buona parte dell’organico è composto da graduati e da personale vicino al pensionamento, l’ottimismo non trova molto spazio. L’ipotesi più favorevole è che questo piano libero sia occupato da altri detenuti comuni.
Intanto la storia si ripete, a Maiano come a Capanne, celle di nove metri quadri vengono trasformate da singole in doppie.
L’istituto ad oggi è ancora in una situazione di relativa tranquillità ma ancora per poco e chi lavora lì dentro lo sa bene.
Vogliamo ricordare che da oggi entra in vigore il nuovo decreto sulla sicurezza.
Il regime di 41bis sarà ancora più duro da ora in poi. I detenuti potranno “scegliere” ogni mese, se ricevere una telefonata di 10 minuti oppure avere un colloquio. Le ore giornaliere di socialità scendono da due a una come pure quelle di “aria” Non più libero accesso al sopravitto ma solo alimenti che non devono essere cotti. E così via.