CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA
Mozione dell’On. Vietti sulla
Situazione Carceri Italiane
Atto Camera - Mozione 1-00288
Presentata da Michele Giuseppe Vietti mercoledì 23 settembre 2009, seduta n. 219
·
La Camera,
premesso che: secondo quanto emerge dal sesto rapporto sulle carceri, presentato
il 30 giugno 2009 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti
negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota superiore
a 63.000, ben 20 mila in più rispetto alla capienza regolamentare e oltre anche
la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per
la stessa amministrazione penitenziaria;
·
il 52,2 per cento delle
persone oggi detenute nel nostro Paese - sottolinea il rapporto - è sottoposto a
custodia cautelare: si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che
fotografa «un'anomalia tutta italiana»;
·
una situazione questa che
definire «allarmante» è quasi riduttivo: sono 11 infatti le regioni italiane
«fuori legge» per sovraffollamento;
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nel febbraio 2009, il
Ministro Alfano aveva trionfalmente annunciato il varo di un piano carceri e la
nomina di un commissario con poteri speciali che avrebbe dovuto risolvere
l'emergenza del sovraffollamento;
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ad oggi, nessun effetto del
piano carceri si è prodotto o armeno è stato portato a conoscenza del
Parlamento;
·
se il trend dovesse
continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila
detenuti, fino ad arrivare nel giugno
·
nello specifico, l'organico
degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un
numero di
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con questi numeri, ovviamente
pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti
principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli
uffici;
·
in una circolare del 6 luglio
2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone
detenute», il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (Dap) ha
fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più
colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di
tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
·
di carcere si può anche
morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a
suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti
orizzonti» del carcere di Padova;
·
come se non bastasse, da
circa un anno i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le
384 persone che lavorano su tutte le 205 carceri italiane sono in grado di
offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura
dei fascicoli e le riunioni;
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infine, e questo costituisce
il dato più inquietante, nei sedici asili nido funzionanti negli istituti
penitenziari stanno crescendo 70 bambini sotto i tre anni di età, figli di
detenute, mentre circa una trentina di donne sta trascorrendo i tmesi di
gravidanza in cella: una situazione che, come ha dimostrato uno studio condotto
nel 2008 nel nido del carcere di Rebibbia, può avere gravi conseguenze sul
nascituro;
·
ciò esprime la contraddizione
di una politica forte con i deboli e debole con i forti che introduce nuovi
reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi
detenuti, specie immigrati;
·
quanto denunciato
costituisce, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una palese
violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo
32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse
della collettività», e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato»;
·
in una sentenza del 16 luglio
2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta
l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di
tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni
di sovraffollamento sopra descritte;
·
infatti, secondo gli standard
di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, ogni detenuto ha diritto a
impegna il Governo:
a) ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento,
attraverso la riduzione dei tempi di custodia cautelare, la rivalutazione delle
misure alternative al carcere, la riduzione delle pene per chi commette fatti di
lieve entità, nonché l'attuazione immediata del piano carceri, presentato il 27
febbraio 2009 dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con
l'indicazione delle reali coperture finanziarie;
b)
a garantire le risorse necessarie per una dotazione di polizia
giudiziaria adeguata a gestire una situazione a dir poco «esplosiva»;
c) ad assumere un congruo numero di psicologi,
indispensabili per la vita dei reclusi;
d) ad adottare le iniziative necessarie per istituire un
organo di monitoraggio indipendente che controlli i luoghi di detenzione, in
linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu
contro la tortura, firmato anche se non ancora ratificato dall'Italia, che ne
prevede l'istituzione in tutti gli Stati aderenti entro il termine di un anno
dalla ratifica;
CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA
Mozione del Pd sulla Situazione Carceri Italiane
Atto
Camera
Depositata venerdì 08 gennaio 2009
La Camera,
·
premesso che: i detenuti
ospitati nelle strutture carcerarie italiane sono circa 66.000, una cifra che è
destinata ad aumentare nei prossimi mesi;
·
si tratta di un “primato” mai
raggiunto nella storia repubblicana che pone problemi molto rilevanti. I 206
istituti di pena possono, infatti, “tollerare” 64.237 detenuti nonostante, da
Regolamento, non potrebbero ospitarne più di 43.087, come del resto confermano
le dichiarazioni del direttore del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria (Dap), Franco Ionta, che, in una recente audizione in commissione
Giustizia, ha parlato di “situazione in grado di compromettere la sicurezza del
Paese”,
·
siamo, dunque, ampiamente
oltre la soglia massima di tolleranza, in una situazione di emergenza che
investe l’intero territorio nazionale come ha evidenziato il Presidente della
Repubblica nel suo discorso di fine anno, ricordando “i detenuti in carceri
terribilmente sovraffollate, nelle quali non si vive decentemente, si è esposti
ad abusi e rischi e di certo non si rieduca”,
·
di fronte a una tanto grave
situazione, anche nella recente audizione davanti alla Commissione giustizia, il
dott. Ionta non ha saputo rispondere esaurientemente su tempi effettivi e fonti
di finanziamento, limitandosi a ripetere (come del resto aveva già detto il
ministro sin dal mese di agosto) che il Piano Carceri “costerà” circa 1 miliardo
e 600 milioni di euro, dei quali sarebbero disponibili solo 250 milioni, ai
quali la legge finanziaria
·
diverse associazioni hanno
lanciato l’allarme sulle condizioni delle carceri: dall’Unione delle camere
penali, all’Associazione dei dirigenti dell’amministrazione carceraria, dal
SAPPE (sindacato della polizia penitenziaria), da CGIL, CISL e UIL al Garante
dei detenuti della Regione Lazio, tutti concordi nell’affermare che le
condizioni attuali di vita carceraria sono spesso lontane dai normali livelli di
civiltà e di rispetto della dignità del detenuto;
·
il drammatico
sovraffollamento degli istituti di pena è all’ordine del giorno in tutto il
Paese, con punte molto preoccupanti in alcune realtà regionali (Campania, Emilia
Romagna, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto);
·
è evidente che il
sovraffollamento sarà destinato ad aumentare sempre più se le carceri
continueranno ad essere considerate il luogo in cui riversare tutti gli esclusi
sociali e i soggetti deboli della società, in un regime che per nulla garantisce
il rispetto del dettato costituzionale;
·
ulteriori dati preoccupanti
derivano dall’analisi dello status della popolazione detenuta. Il 50% del totale
dei detenuti sono imputati in attesa di giudizio, costretti per periodi di tempo
troppo lunghi a convivere fianco a fianco con i già condannati. Assolutamente
insufficiente appare il ricorso alle misure alternative alla detenzione. Va
ancora rilevato, più in generale, che accanto ad un sovraffollamento che è
definibile come quantitativo, esiste anche un affollamento di carattere
qualitativo. Esso si può ricondurre alle diverse tipologie di popolazione
detenuta, ciascuna di essa portatrice di diverse istanze ed esigenze. La forzata
convivenza in pochi metri quadri, per mancanza di idonee strutture, di detenuti
giovani e adulti, imputati e condannati, di diverse razze e religioni, soggetti
sani e con problemi psichiatrici e/o di tossicodipendenza (quando non
addirittura di sieropositività; i dati più recenti dimostrano, infatti, che solo
un terzo dei nuovi giunti in carcere si sottopone a screening volontario per
l’accertamento del virus HIV), crea notevoli problemi di promiscuità e di
tensione anche in situazioni dove l’affollamento non è particolarmente
rilevante;
·
relativamente al programma
per le carceri, riguardante sia nuovi interventi edilizi che la ristrutturazione
di quelli esistenti, si deve prendere atto dei ritardi di tale programma e del
progressivo degrado di molti degli istituti penitenziari. Oltre alla assoluta
inosservanza degli standard europei sulla dimensione e gli spazi delle celle,
sono da rilevare carenze gravi nell’igiene, nell’illuminazione, nel decoro e nel
clima delle celle (riscaldamento e refrigerazione); nella presenza difettosa dei
presidi sanitari (infermerie, centri clinici, numero di medici), il che aggrava
a sua volte le patologie più frequenti. Nonché carenze negli spazi destinati
alla socialità e all’attività di studio e di lavoro dei detenuti, cui si deve
aggiungere l’effetto deleterio dei recenti ulteriori tagli anche sulle mercedi e
il lavoro dei custoditi. E la patente violazione, in particolare, del principio
della territorializzazione della pena, così come garantito dalla inapplicata
legge n. 354 del 1975 e successive modifiche, laddove all’articolo 4, stabilisce
che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare
i soggetti in istituto prossimi alla residenza delle famiglie»;
·
preoccupano poi le frequenti
segnalazioni di maltrattamenti e violenze, i casi di morte in carcere (da ultimi
i casi di Stefano Cucchi e Uzoma Umeka) e quelli di suicidio. D’altronde, il
citato aumento esponenziale delle aggressioni ad agenti di polizia
penitenziaria, la paventata rivolta carceraria dell’estate 2009, le reiterate
proteste delle associazioni sindacali del personale carcerario, sono tutti
segnali di un malessere ormai ad un punto di non ritorno;
·
d’altra parte l’aumento della
popolazione carceraria risulta essere inversamente proporzionale alla presenza
del personale di polizia penitenziaria. Nel 2001 erano presenti 41.608 agenti
penitenziari a fronte di 53.165 detenuti, nel 2009 gli agenti sono 39.000 e i
detenuti 64.859. La pianta organica della polizia penitenziaria è fissata per
legge in 45.121 unità. Ci troviamo, pertanto, con circa 6.000 unità in meno, per
di più rispetto ad un organico ormai certamente di per sé inadeguato. A ciò si
devono sommare le carenze di personale amministrativo e l’assoluta inadeguatezza
delle presenze degli assistenti sociali, degli psicologi e degli educatori.
Senza parlare degli effetti negativi di una transizione senza fine dalla sanità
penitenziaria alle Asl, il che si riverbera in una drastica riduzione dei
servizi di cura e recupero per i detenuti;
impegna il Governo:
a) ad affrontare concretamente, mediante una mirata e
lungimirante programmazione, la grave emergenza del sovraffollamento degli
istituti di pena, ponendo particolare attenzione alle condizioni di vita dei
detenuti, allo stato dell’edilizia penitenziaria, agli spazi detentivi e a
quelli comuni, in relazione anche al profilo specifico dei detenuti medesimi
(tossicodipendenti e malattie psichiatriche), e la cui pericolosità sociale è
ridotta ab origine; dovendosi ritenere superata l’attuale unicità del modello
strutturale e organizzativo del carcere;
b) a disporre in tempi brevi
un monitoraggio delle strutture penitenziarie esistenti al fine di individuare
quelle che in una prima fase sperimentale possano prestarsi all’attivazione e
espansione delle esperienze di trattamento avanzato quali quelle realizzate
nell’istituto penitenziario di Milano Bollate, anche con il supporto di sistemi
di controllo a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico), opportunamente
tarati per i soggetti, condannati o in misura cautelare, anche nuovi giunti, ai
quali non siano attribuiti fatti-reato caratterizzati da abituale violenza;
c) ad ampliare la tipologia
delle misure alternative in favore di quelle specificamente supportate da
progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale quali
l’istituto della messa alla prova, positivamente sperimentato nel campo del
trattamento dei minori, ovvero di patti per il reinserimento e la sicurezza
sociale fondati su attività di giustizia riparativa a favore delle vittime dei
reati, programmi di istruzione, di attività sociali e culturali, di formazione
professionale e di inserimento lavorativo;
d) a sostenere il sistema
delle misure alternative alla pena detentiva mediante un sistema di
cofinanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti e
degli internati, garantito da una parte dai fondi della Cassa delle ammende e
dall’altro dalla reti integrate degli interventi e dei servizi sociali
territoriali previste dalla legge 328 del 2000, anche mediante l’istituzione di
centri di accoglienza per le pene alternative per i condannati che non
dispongano di supporto sociofamiliare;
e) ad evitare il susseguirsi
di interventi normativi settoriali in campo penale, volti al mero inasprimento
delle pene, all’irrigidimento degli strumenti processuali che non realizzano
un’efficace e coordinata azione di contrasto alla criminalità, ma acuiscono le
problematiche connesse al sovraffollamento carcerario;
f) a sostenere, in
Parlamento, una riforma di sistema che preveda la riduzione dell’area
dell’illecito penale laddove riferito a comportamenti di scarso disvalore
sociale con un ampliamento ed una differenziazione delle tipologie
sanzionatorie, con l’affiancamento alla pena detentiva di altre pene
interdittive, ma non privative delle libertà personali, irrogabili dal giudice
penale di cognizione allo scopo di ridurre il ricorso alla pena detentiva,
laddove non necessaria e nel contempo rendere più efficace il sistema
sanzionatorio nel suo insieme, soprattutto con riferimento ai reati non gravi;
g) ad intensificare l’azione
diplomatica per concludere accordi finalizzati a far scontare ai detenuti
stranieri, per quanto possibile, la detenzione nei Paesi d’origine, nella
garanzia del rispetto dei diritti fondamentali della persona;
h) a vigilare
sull’applicazione della normativa in materia di edilizia carceraria al fine di
superare l’attuale modello di istituto penitenziario per affrontare le nuove
esigenze e i nuovi bisogni dei detenuti, anche nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione in corso, cui dare priorità; a garantire, nell’ambito dei
progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle
procedure e l’economicità delle opere fissando regole rigorose per la
valutazione del patrimonio dello Stato in relazione al cosiddetto project
financing, evitando il ricorso a procedure straordinarie anche se
legislativamente previste;
i) ad accertare la corretta e
compiuta attuazione dei regolamenti penitenziari, in particolare per la parte
concernente le garanzie dei diritti delle persone detenute nonché a garantire la
piena applicazione dell’articolo 4 della legge n. 354 del 1975 concernente il
principio della territorializzazione della pena;
l) a verificare l’adeguatezza
in proporzione alla popolazione carceraria delle piante organiche riferite non
solo al personale di Polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori,
degli assistenti sociali e degli psicologi; avviando un nuovo piano programmato
di assunzioni che vada oltre al turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla
legge finanziaria 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali
necessarie all’attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche
distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di
istituto e sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato,
costante ed effettivo aggiornamento professionale;
m) a risolvere le attuali
disfunzioni della sanità penitenziaria acuitesi in concomitanza della delicata
fase di trasferimento delle funzioni al Sistema sanitario nazionale, assicurando
sia adeguate risorse finanziarie alle Regioni sia prevedendo l’adozione, da
parte delle Regioni stesse, di modelli organizzativi adeguati alla specificità
del contesto carcerario che sconta, oltre la particolarità delle patologie,
specifiche ed inderogabili esigenze di sicurezza; ad affrontare una buona volta
le cause dell’elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di
autolesionismo e di violenza in genere; ad affrontare con nuovi strumenti
normativi il problema dei detenuti tossicodipendenti, in particolare valutando
la possibilità che l’esecuzione della pena avvenga in istituti a custodia
attenuata, idonei all’effettivo svolgimento di programmi terapeutici e
socio-riabilitativi;
n) ad assicurare, con
adeguati provvedimenti organizzativi e di finanziamento, l’attuazione del
diritto allo studio e al lavoro in carcere;
o) a garantire l’effettiva
destinazione alla realizzazione dei programmi di riabilitazione e reinserimento
sociale dei condannati, dei fondi a ciò vincolati della Cassa delle Ammende;
p) a favorire l’approvazione
di una legge per l’istituzione a livello nazionale del Garante dei diritti dei
detenuti ossia di un soggetto che possa lavorare in coordinamento con i garanti
regionali e comunali e con la magistratura di sorveglianza, in modo da integrare
quegli spazi di intervento rispetto alle diffuse situazioni di difficoltà del
nostro sistema carcerario, che non possono essere risolte in via giudiziaria;
q) all’applicazione concreta
della legge 22 giugno 2000, n. 193, la cosiddetta Legge Smuraglia, al fine di
incentivare la trasformazione degli Istituti penitenziari da meri luoghi di
permanenza di persone in condizioni di prevalente e permanente inerzia di per sé
distruttiva, in soggetti economici capaci di svolgere parte attiva e competitiva
sul mercato anche al fine di autoalimentare le risorse economico-finanziarie
necessarie per operare riducendo così gli oneri a carico dello Stato e quindi
della collettività;
r) ad eliminare gli ostacoli
che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa
tra zero a tre anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal
carcere; nonché ad istituire le case famiglia protette, al di fuori delle
strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando
sia indirettamente coinvolto un bambino.
FIRMATARI:
Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Giachetti, Lenzi, Quartiani, Rosato, Ferranti, Orlando Andrea, Melis, Samperi, Tidei, Touadi, Bernardini, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Farina Gianni, Rossomando, Tenaglia, Vaccaro, Bellanova, Boccuzzi, Bossa, Binetti, Braga, Brandolini, Capodicasa, Causi, Cenni, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Di Serio D’antona, Esposito, Ferrari, Fontanelli, Garavini, Ghizzoni, Gnecchi, Lovelli, Lucà, Margiotta, Mattesini, Mazzarella, Murer, Narducci, Rigoni, Rugghia, Schirru, Vannucci, Vassallo, Zucchi
CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA
Atto Camera - Mozione 1-00301
Mozione Idv - presentata l'11/01/2010
premesso che,
la situazione delle carceri italiane era
ed è, purtroppo, in una fase emergenziale. Un surplus di 23mila detenuti, circa
66mila presenze a fronte dei 43mila possibili; una deficienza organica del Corpo
di polizia penitenziaria di circa 5.500mila unità. La gran parte delle strutture
penitenziarie sono fatiscenti, obsolete e non adatte;
la popolazione delle carceri continua a
crescere, con tutte le relative valenze connesse al pericolo e al trattamento e
gli agenti penitenziari sono costretti a lavorare in condizioni sempre peggiori,
così come gli educatori, psicologi, medici. Sono in costante aumento gli
attacchi al personale che ormai è demotivato, stanco e malpagato;
su tutto il territorio nazionale si
registrano manifestazioni e proteste, giustificate dalle condizioni di
insicurezza in cui sono costretti a lavorare. Mediamente un agente deve
sorvegliare 100 detenuti di giorno, circa 250 nei turni notturni; per garantire
le traduzioni il personale è costretto a viaggiare anche per 20 ore consecutive
su mezzi non idonei;
sebbene il Presidente del Consiglio abbia
reso noto il famoso Piano Carceri, della cui copertura finanziaria non vi è
certezza, i primi risultati, qualora vi fossero, non arriveranno prima di due
anni;
solo pochi mesi fa
bisogna dare luce ad una realtà
penitenziaria taciuta, ignorata o dimenticata, emarginata e abbandonata per
mettere in evidenza l’emergenza del sistema carcere con il rischio sommosse e il
rischio morte presenti ogni giorno. Un sistema che alimenta gli effetti
criminogeni delle pene. Un sistema in cui
l’Art.27 della nostra Costituzione che prevede che “ l’imputato non è
considerato colpevole sino alla condanna definitiva” e che “le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato” e l’Art. II-64 della Costituzione europea che
stabilisce che “nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti
inumani o degradanti” non trovano
applicazione.
l’Unione europea
si fonda sul rispetto dei diritti dell’uomo, delle istituzioni democratiche e
dello Stato di diritto.
dal giugno
i diritti delle persone
sottoposte a procedimento giudiziario, a misure penali o detenute vanno
tutelati, senza eccezioni e senza timori. La dignità umana non può essere
calpestata in alcuna circostanza. L'esperienza europea degli ultimi anni ci
suggerisce l'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che
abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione. Tali
organismi svolgono una funzione di riconciliazione sociale, di mediazione e di
soluzione in chiave preventiva dei conflitti. Si tratterebbe di una sorta di
difensore istituzionale dei diritti in carcere. Per i quali va data altresì
piena attuazione sia alla sentenza della Corte Costituzionale del febbraio del
1999 che prevede la tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, sia al
nuovo regolamento di esecuzione che nelle sue norme vuole migliorare la qualità
della vita in carcere;
lotta al razzismo, libera circolazione delle coppie senza
discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e difesa delle donne, dei
minori e degli immigrati. E' quanto chiede il Parlamento per lo spazio europeo
di giustizia, auspicando più diritti per i detenuti e fondi UE per la
costruzione di nuove carceri. Occorre combattere la criminalità informatica,
garantire una maggiore solidarietà tra i paesi UE per l'accoglienza dei
rifugiati e tutelare i cittadini da terrorismo e criminalità. Il Parlamento
Europeo , in tal senso , qualche giorno fa ha adottato una Risoluzione con la
quale indica la sua posizione riguardo al cosiddetto Programma di Stoccolma che
stabilisce le priorità europee nel campo della giustizia e degli affari interni
per i prossimi cinque anni. Il Parlamento chiede norme minime relative alle
condizioni delle carceri e dei detenuti e una serie di diritti comuni per i
detenuti nell'UE, "incluse norme adeguate in materia di risarcimento dei danni
per le persone ingiustamente arrestate o condannate". Auspica inoltre la messa a
disposizione da parte dell'Unione europea di sufficienti risorse finanziarie per
la costruzione "di nuove strutture detentive negli Stati membri che accusano un
sovraffollamento delle carceri e per l'attuazione di programmi di reinsediamento
sociale". Sollecita anche la conclusione di accordi fra l'Unione europea e i
paesi terzi sul rimpatrio dei loro cittadini che hanno subito condanne e la
piena applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze
penali ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Sostiene poi la
necessità di uno strumento giuridico globale sull'ammissibilità della prova nei
procedimenti penali;
l’attuale Legge Penitenziaria
stabilisce “Le misure alternative alla detenzione”, esse danno la possibilità di
scontare le pene non in carcere e vengono concesse solo a determinate
condizioni.
Esse si applicano esclusivamente
ai detenuti definitivi.
le misure
alternative sono numerose e con caratteristiche peculiari, ciascuna tendente
comunque alla risocializzazione del condannato.
Esse sono
a) Affidamento in prova
al servizio sociale (pena residua 3 anni), art. 47 LP; b) Detenzione domiciliare
(pena residua 4 anni o nei casi di condizioni di salute incompatibili con il
regime detentivo pena residua anche superiore ai 4 anni), art. 47 ter LP; c)
Semilibertà (metà pena o 2/3 se reati gravi (reati dell'art 4 bis) o 6 mesi solo
dalla libertà), artt. 46, 50 LP; d) Liberazione condizionale (pena residua 5
anni); art 176 cp; e) Sospensione della pena per gravi motivi di salute
(incompatibilità con il regime detentivo - qualunque sia la durata della pena )
art. 147 cp.
queste misure, però, non possono essere la soluzione
concreta e definitiva all’emergenza carceri e al sovraffollamento. Al di là di
ciò, aspettando il piano carceri, è necessario avviare una riflessione e pensare
ai processi brevi e alla certezza della pena dando strumenti e risorse. In
sostanza, il carcere- servizio pubblico- deve essere un luogo che produce
sicurezza collettiva, nel rispetto della dignità dei detenuti;
lo scorso mese di Agosto si è svolta
l’iniziativa nazionale “Ferragosto in carcere
tra suicidi, morti, vite salvate, tentate
evasioni, evasioni compiute e spazi che mancano nelle nostre prigioni è sempre
più evidente l’emergenza soluzioni. A fronte di questa spaventosa e preoccupante
situazione tutto il personale penitenziario, tra l’altro, è chiamato ad operare
senza alcuna linea guida, senza mezzi idonei e con scarsissime risorse;
nella Gazzetta Ufficiale n. 30
del 16 aprile 2004 veniva bandito un concorso pubblico per esami a 397 posti nel
profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con
PDG 21 novembre 2003. Dopo ben quattro anni di procedura concorsuale, il 15
dicembre 2008 nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 23,
viene pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso;
ad oggi il Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziaria ha assunto solo i
primi 97 vincitori, a cui, si spera a breve, seguirà l'assunzione dei restanti
300,dopo aver proceduto alle istanze di interpello annuale nazionale di mobilità
interna del personale;
queste nuove forze potranno, sicuramente, rappresentare un valido supporto, ma
si rivelano palesemente e gravemente insufficienti. Infatti, per questa figura
professionale sono state già apportate drastiche riduzioni, tanto da portare la
pianta organica del
è lampante,pertanto,la
mancanza di ben 102 educatori rispetto alla pianta organica del 2009 (mancanza
ancor maggiore se riferita alla pianta organica del 2008 ed pari a circa 400
unita' di educatori) - e quindi negli istituti di pena - a cui andranno ad
aggiungersi tutti quegli educatori che verranno collocati in pensione, avendone
ormai maturato i requisiti;
la sostanziosa assenza dei
citati operatori aggrava ed aggraverà ancor più il clima e la vita detentiva dei
ristretti e dei medesimi operatori ancora in servizio, oltre ad accrescere
l´inadempienza al dettato legislativo vigente, dal momento che la maggior parte
dei detenuti non riescono ad avere per anni colloqui con gli educatori, non
riuscendo, pertanto, a conseguire alcun giovamento dall´ingresso in carcere;
disposizione quest´ultima, che viene chiaramente disattesa nelle realtà
carcerarie italiane, com´è noto dal caso Castrogno, uno dei tanti emersi negli
ultimi tempi, ma anche dall´aumento dei suicidi, degli atteggiamenti
autolesionistici, della richiesta di psicofarmaci e non ultimo dell´aggressività
dei detenuti nei confronti del personale penitenziario ad ulteriore
dimostrazione dell´emergenza in cui i circuiti detentivi versano a causa della
mancanza di operatori a fronte di uno spropositato aumento del numero di
detenuti ospitati in strutture inidonee ed evidentemente non a norma dal punto
di vista strutturale e delle risorse umane;
bisogna, inoltre, anche
specificare che nonostante l'assunzione dei restanti 300 vincitori del concorso
per il profilo da Educatore, il Dap avrà un avanzo di fondi a disposizione per
assumere subito all´incirca 70 unità lavorative, grazie al DPCM approvato dal
Consiglio dei Ministri del 31 luglio u.s. che ha deliberato l´autorizzazione
all´assunzione di un contingente di 1.370 unità di personale a tempo
indeterminato per l´anno 2009 per le Amministrazioni dello Stato;
in particolare, per il Ministero della Giustizia le nuove assunzioni autorizzate
sono 223 unità, di cui 110 per l´Amministrazione Penitenziaria, che dovrebbero
essere ripartite tra vincitori ed idonei di tutti i concorsi aventi graduatorie
ancora valide presso quest´ultima amministrazione. Stando, tuttavia, alle
allarmanti condizioni delle carceri italiane buona parte di questi fondi che
avanzeranno dovranno essere destinati primariamente e celermente, senza indugio
alcuno, all´assunzione degli idonei al concorso per Educatori per incamminarsi
verso quella condizione di rieducazione che il carcere deve dare a chi ne entra
a far parte, per non smarrire quella presa di coscienza e civiltà che la nostra
carta costituzionale gli affida.
è necessario, pertanto, attivare dei seri e proficui percorsi di rieducazione
dei detenuti la cui realizzazione è promossa e attivata dagli educatore
penitenziari, veri coordinatori e catalizzatori degli strumenti utili per la
composizione di tali iter risocializzativi - come la norma del 1975 dispone -
affinché la dimensione del vissuto carcerario sia foriera di profonda
autoriflessione delle proprie apicalità e crei momenti di autoprogettazione, di
formazione e costruzione di un sé nuovo, positivo, propositivo, generatore di
valori riconosciuti e condivisi dal comune senso civico,
Occorrono soluzioni e un modello di
recupero e di rieducazione prima di pensare a nuove strutture, al fine di un
immediato e concreto supporto al mondo penitenziario;
impegna il Governo
a convocare i sindacati di polizia
penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario al fine di
un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche delle carceri in Italia
e degli operatori;
a procedere all´assunzione
immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da
attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal
concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano
partecipare ai previsti corsi di formazione che il DAP deve attivare per questi
operatori prima dell´ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare
sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;
a prorogare di almeno un
quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso sopra citato
stando agli odierni orientamenti dettati
dal Ministro Brunetta e dal progetto di legge 2462 presentato il 21 maggio 2009,
nonché alle disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche
in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all´avvicendarsi
dei fisiologici tourn-over pensionistici, al fine di evitare l´indizione di
nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri
pubblici. In effetti, questa medesima procedura di scorrimento della graduatoria
con assunzione di tutti i suoi idonei trova già un precedente nel panorama
legislativo-procedurale italiano, poiché effettuata per le graduatorie dei
concorsi banditi dall´Agenzia delle Entrate per 1500 posti di funzionari per
(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale serie speciale concorsi n. 84 del 21
ottobre 2005);
a stabilire una norma che preveda lo stanziamento di fondi necessari per
completare l'organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente
vigente presso il DAP. Lo sforzo economico che si chiede al Governo è
annualmente molto esiguo , ma necessaria che per far funzionare meglio ed in
modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non
può più attendere;
a procedere all’alienazione di immobili ad uso
penitenziario siti nei centri storici e costruzione di nuovi e moderni istituti
penitenziari in altro sito;
a procedere alla dismissione di immobili ad uso
penitenziario e rassegnazione del ricavato al Ministero della Giustizia per il
potenziamento dell’edilizia penitenziaria esistente;
al rifinanziamento dell’art. 6 della Legge 259/2002 in
sede di predisposizione della Finanziaria 2010, prevedendo limiti di impegno per
un arco di tempo compatibile con l’utilizzo della locazione finanziaria;
in relazione all’esperienza europea degli
ultimi anni, all'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare
che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione al
fine di svolgere una funzione di riconciliazione sociale, di mediazione e di
soluzione in chiave preventiva dei conflitti;
secondo quanto stabilito dal Parlamento
europeo, ad utilizzare le risorse finanziarie per
la costruzione "di nuove strutture detentive negli Stati membri che accusano un
sovraffollamento delle carceri e per l'attuazione di programmi di reinsediamento
sociale;
ad istituire nel più breve
tempo possibile, data l’allarmante situazione,
in relazione al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 Aprile 2008
recante “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale
delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e
delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria”, a
dare conto della sua applicazione, dei risultati ed illustrare e definire, nel
passaggio delle competenze, funzioni e risorse.
(1-00301) “Di Stanislao, Donadi, Paladini”.
(11 Gennaio 2010)