di Fiorentina Barbieri e Simona Filippi*
A quasi due anni dalla nascita del Difensore civico di Antigone, che settimanalmente ci fa intrattenere una fitta rete di corrispondenza con i detenuti, l’Amministrazione penitenziaria, i tribunali di sorveglianza, e ogni altra persona o istituzione interessata ai singoli casi che ci vengono proposti, la scorsa settimana, nel carcere romano di Rebibbia Nuovo complesso, è iniziato un andirivieni umano: piccoli gruppi di avvocati, esperti e volontari che incrociano detenuti e operatori in un’attività che abbiamo chiamato “Sportello per i diritti”.
Certo, non siamo i primi e non saremo gli ultimi a misurarci con questa
esperienza che è già di gruppi, volontari e istituzioni locali, ma
riteniamo che sia di particolare valore farla partire in questo
contesto, in un tempo in cui, soprattutto a causa del sovraffollamento,
i diritti dei detenuti sono quasi mai garantiti, un tempo in cui quella
particolare debolezza dei detenuti di fronte all’Amministrazione si fa
più acuta e inabilitante. In questo tempo, vanno rafforzati tutti gli
strumenti di promozione e di tutela dei diritti: da quelli
giurisdizionali a quelli dell’associazionismo e del volontariato, e tra
essi, quell’opera di vertenza e mediazione che vorrebbe caratterizzare
il Difensore civico da noi promosso.
L’idea del progetto è rivolta direttamente alle persone detenute non
soltanto in quanto fruitori del servizio, ma anche – per alcuni - come
partner della sua esecuzione: in accordo con la Direzione
dell’Istituto, infatti, sono entrati a far parte del gruppo di lavoro
alcuni detenuti, tra scrivani, bibliotecari e iscritti alla facoltà di
giurisprudenza, insomma: i più esposti alle domande dei loro compagni.
Dopo alcuni incontri chiarificatori, lo scorso venerdì ci siamo
incontrati tutti nella biblioteca del carcere per un breve briefing
prima di entrare nei reparti. Gli “operatori interni” ci sommergono di
riflessioni precise e dettagliate “sul sistema”: cosa non funziona del
passaggio al servizio sanitario nazionale, i casi di detenuti anziani,
le inottemperanze del magistrato di sorveglianza. Noi prendiamo appunti
e tentiamo di dare risposte o quantomeno ci addentriamo nel cercare
soluzioni.
Poi, nei reparti, i detenuti che si presentano ci raccontano di quello
che vedono e di quello che soffrono: sono interessati a capire chi
siamo e soprattutto cosa possiamo fare per loro, per se stessi e per
quello che ha il corpo ricoperto da un eczema che non gli permette più
di dormire.
Tutto ciò mentre il Senato, a più di dieci anni dalla presentazione
del primo disegno di legge per il Difensore civico dei detenuti,
derubrica l’istituzione del Garante nazionale dei detenuti: tanto ci
sono quelli regionali … sic!
*Articolo pubblicato su
Terra il 18 marzo 2010