Il «volontario» che lascia la casa penale la sera, quando le celle si chiudono, sente più forte il peso di quelle porte che si sbarrano, sente più acuta, lacerante, la frattura tra «dentro» e «fuori»: e si interroga e non trova risposta. Ecco, ora la casa si chiude nel suo guscio; si accendono le televisioni in bianco e nero nelle piccole stanze. Molti faticano a dormire, molti sono torturati dall’insonnia. Fuori il «volontario» torna a casa, con un vago, assillante, forse assurdo «rimorso». «Rimorso» di non riuscire a dire altro che «Coraggio, Mimmo, Vincenzo, Andrea, Manfredo…coraggio, amici».
da L’Unità, 13 ottobre 1987