Aldo e Lucio furono arrestati il 21 dicembre 1939: [..] da quel giorno la vita di noi sorelle o compagne diventò qualcosa dalla misura strana e convulsa. […] Ci muovevamo un po' fantomaticamente su e giù per la città quasi assediata dal ghiaccio. […]Ci iniziammo alla pratica del "pacco" natalizio che era lecito, e credo sia ancora lecito, inviare ai detenuti. La consegna dei pacchi faceva convergere a Vicolo della Penitenza, alle spalle di Regina Coeli, una folla multiforme, inquieta, spesso grama, che noi non avevamo mai visto […]. Ricordo una bimba, una di quelle bambine che più tardi avremmo visto uscire da film disperati del neorealismo, una bimba da "anno zero" vestita con una vesticciola azzurra corta, un paio di scarpe quasi militari, calzettoni corti e gambe magrissime saltellanti ininterrottamente. Che ci faceva quella bimba? Non molti giorni dopo l'avrei rivista davanti a una caserma con il pentolino per prendere la minestra e gli avanzi del rancio. […].
In quel sito molta gente trovava le sue vecchie conoscenze, conversava, raccontava fatti propri [..]. Si raccontavano due donne dei precedenti della situazione drammatica nella quale erano stati incastrati i loro parenti, per un procurato aborto. Per la prima volta sentii raccontare con vivacità la storia della donna immersa in un lago di sangue, per un intervento sbagliato […]. C’era anche una bella ragazza, Inesella. Parlava di sé gaiamente, raccontava di essersi sposata in carcere, di avere “salito lo scalone”. [..]
Passammo alcune ore in quella fila, fino a che riuscii io, come riuscì Ugo a pochi passi da me nella fila, a consegnare i nostri pacchi […] ci salutammo quasi di sfuggita e corremmo a prendere i nostri tram. Viscido il suolo, nero ormai di un buio fondo il Vicolo della Penitenza, nera la città. Dal vicolo scivolai, attraverso quelle scalette ghiacciate che mettevano paura solo a guardarle, sul Lungotevere, dal Lungotevere alla prossima vettura tranviaria. Fu un tragitto attraverso la città della vigilia di Natale, la città scintillante di luci, la città dei presepi […] La città delle bambole, dei pifferi, degli zampognari, quella città che mi sembrò allora di un’assurda irrealtà; una maschera, [..] sopra il cuore lacerato di una città vera che avevo appena scoperto.
[…]A tutti quelli che allora, più tardi ed oggi, per un motivo o per l’altro, per motivi ignobili o nobili, per illusioni, per follie, per disperazione, per calcolo, sono finiti o finiranno in quelle zone, per tutti coloro quel mio ricordo vuole essere un’unica, modesta, ingenua immagine di solidarietà.