«Il cpt? Una scelta d'emergenza»
Luca Odevaine, capo di gabinetto di Veltroni: a Roma emergenze casa e immigrazione, chi protesta indichi una soluzione. Prodi ci aiuti
Eleonora Martini
Roma
«Abbiamo fatto una scelta politica, in piena consapevolezza, non scarichiamo le responsabilità. Al comune è stata chiesta un'area con l'evidente finalità di rimpatriare immigrati clandestini». Il giorno dopo l'espulsione anche degli ultimi rom rumeni rinchiusi e lo smantellamento del «Cpt clandestino», come lo ha definito il movimento antagonista romano, il vice capo di gabinetto del sindaco di Roma, Luca Odevaine, spiega i motivi che hanno portato l'amministrazione Veltroni a concedere l'uso della struttura per operazioni di polizia - identificazione, schedatura e espulsione di immigrati - che secondo la legge si dovrebbero svolgere solo nei Cpt. «Un surrogato dei Cpt? Se vogliamo, può essere una definizione, ma l'obiettivo della questura era di sgomberare le rive del fiume. A volte cavillare sulle norme significa paralizzare qualunque attività, e se proprio vogliamo farlo, allora dovremmo dire che il comune di Roma si comporta in modo illegale anche quando accoglie nelle proprie strutture tutti, senza chiedere documenti, e quindi anche gli immigrati clandestini», risponde. E aggiunge: «Nessuno ci dice però quale avrebbe dovuto essere l'alternativa. Ogni giorno affrontiamo due emergenze strettamente legate: casa e immigrazione. Lanciamo un grido d'allarme al governo perché la linea di demarcazione a Roma sta per essere superata e si rischia di creare uno scontro pericoloso».
Esisteva una vera condizione di emergenza?
Sì, tutti, operatori sociali compresi, avevano sollecitato un intervento. Bisognava smantellare le baracche sorte sulle due rive del Tevere perché c'erano seri problemi: sanitari e d'incolumità delle persone. In previsione delle piogge c'è il rischio esondazione, come dimostra l'annegamento di una bimba di 3 anni nel 2005. E in più ci sono problemi con la cittadinanza per gli episodi di microcriminalità. Non era opportuno portare nel Cpt di Ponte Galeria donne e bambini, così abbiamo acconsentito anche se l'ufficio immigrazione della questura aveva previsto un controllo sui documenti.
E' vero che sono rimasti detenuti per tre giorni, si è ostacolato l'accesso a due deputati del Prc e non erano state informate le autorità municipali?
Non è così: le operazioni sono state compiute in due tranche, lunedì e mercoledì, e in entrambi i casi gli immigrati sono rimasti al massimo 24 ore, prima di partire. Non sappiamo se sono stati rimpatriati tutti o meno. Inoltre gli onorevoli De Cristofaro e Caruso sono entrati 20 minuti dopo avermi telefonato.
Gli antirazzisti romani vi rimproverano la mancanza di una vera politica di accoglienza.
Ci troviamo di fronte ad un'accelerazione enorme della presenza di stranieri, negli ultimi anni, che sta creando un problema serio in tutti i quartieri di Roma. Il comune non rinnega affatto il tentativo di accogliere tutti, ma i numeri stravolgono qualunque politica di accoglienza, che ora va coniugata con il rigore. Non è un cambio di rotta, ma stanno saltando tutti i parametri: su un nucleo originario di immigrazione regolare si stratifica la criminalità organizzata. Si crea anche un pericolo di intolleranza, e l'episodio del Trullo, sia pure diversamente, è un allarme. Il modello che noi seguiamo è quello di vicolo Savini, il più grande campo nomadi d'Europa, che abbiamo trasferito di concerto con le autorità locali, le associazioni e gli stessi immigrati, investendo ingentissime risorse.
Pensate che esista un particolare problema rom?
La particolarità non è tanto nei rom, ma nell'immigrazione rumena: più del 70% delle fasce socialmente disagiate è costituito da cittadini rumeni. Abbiamo tentato di aprire una trattativa con l'ambasciata di Bucarest, ma è un fenomeno incontrollabile e si scaricano sul comune una lunga catena di inadempienze. Gli sbarchi in Sicilia non sono nulla in confronto con ciò che arriva da terra: ogni giorno alla stazione di Roma arrivano decine di pullman dalla Romania. Servizi, casa, scuole e assistenza sociale ricadono tutti sugli enti locali che sono lasciati soli. E da gennaio, quando la Romania entrerà nella Ue, questa massiccia immigrazione rischia di frenare le politiche verso tutti gli altri immigrati.
Dallo sgombero dell'ex Ipab San Michele all'Angelo Mai: state optando per una politica securitaria a scapito di quella sociale?
Per risolvere il problema dei senza casa abbiamo speso 10 milioni di euro in un anno e altrettanti sono previsti per il prossimo. Il 70% sono immigrati, con il rischio di contrapposizione con tanti italiani che da anni aspettano una casa. Abbiamo sanato varie occupazioni dei centri sociali. All'Angelo Mai abbiamo assegnato, a differenza di tanti altri, uno stabile che sarà pronto tra 50 giorni. Faticosamente abbiamo tentato di costruire un dialogo con tutte le realtà sociali, con tutte le fasce più deboli abbiamo fatto una mediazione positiva e non abbiamo cambiato idea su questo. Ma è necessario un ragionamento collettivo su come intervenire e risolvere i problemi della più grande città d'Italia.