Qui Bamako
Il Forum dei reietti di Schengen
S. Li.
Bamako
«Ripartirò, anche a costo di morire». La voce di un giovane maliano è risuonata forte nella sessione plenaria del Forum dei migranti che si è chiuso domenica a Bamako, capitale del Mali. Organizzato da un gruppo di Ong maliane, l'incontro ha voluto celebrare in un modo un po' particolare l'anniversario dell'assalto a Ceuta e Melilla, le enclave spagnole in territorio marocchino. Nell'ottobre dell'anno scorso, migliaia di africani - stanchi della propria esistenza precaria - organizzarono un'offensiva coordinata contro i recinti che circondano le due città. Risultato: 14 morti e migliaia di persone arrestate e condotte in «centri di raccolta» in Marocco. Da lì, alcuni furono rimpatriati in voli charter; altri condotti in mezzo al deserto e abbandonati alla propria sorte, mentre l'Europa (in primis la Spagna di Zapatero) faceva finta di vedere. Oggi, a un anno di distanza gli espulsi di Ceuta e Melilla si fanno nuovamente sentire: molti dei maliani - che costituivano un grande numero dei respinti - si sono riuniti in organizzazioni; rivendicano il loro diritto all'emigrazione e protestano contro un'Europa che si chiude sempre più su se stessa. Hanno protestato in particolare, i partecipanti al Forum, contro l'idea francese (che potrebbe fare scuola) di una «immigrazione scelta», il cui effetto collaterale sarà privare l'Africa delle sue migliori forze vive. All'incontro hanno partecipato anche gli ultimi reietti di Francia, gli espulsi dello squat di Cachan, nella banlieue parigina (sui quali Sarkozy ha dovuto alla fine cedere anche se la sistemazione degli immigrati va per le lunghe).
Nelle discussioni un interrogativo è risuonato costante: dobbiamo ripartire o cercare di costruire qualcosa nel nostro paese? I partecipanti si sono divisi, mentre Mamadou Diakité dell'Ong Aide ha posto l'accento su uno dei grandi problemi raramente affrontati: «Oggi ci sono ancora migliaia di subsahariani bloccati tra il Niger, il Mali, l'Algeria, il Marocco, la Mauritania e il Senegal. Volevano partire per l'Europa ma rischiano di restare in eterno in quei paesi», ha sottolineato l'attivista.