Intervista: parla il presidente della Puglia
Vendola: una legge contro il sommerso
in difesa dei più deboli
Angela Mauro
Norme di contrasto al lavoro non regolare. La Regione Puglia sfodera una legge regionale per reagire ai fenomeni di lavoro nero e ‘caporalato del terzo millennio’ che l’hanno vista tristemente protagonista di recenti inchieste giornalistiche. «In Italia è un provvedimento di avanguardia», spiega il governatore della Puglia Nichi Vendola parlando del testo approvato mercoledì scorso dal Consiglio regionale. «Parliamo di un caporalato moderno, che mette in discussione la vita e la dignità dei migranti, i lavoratori più esposti», aggiunge il presidente che il 24 ottobre presenterà il pacchetto delle misure adottate dalla Puglia in fatto di lavoro nero alla Commissione europea per le libertà civili.
E’ il contributo della Puglia affinché la Finanziaria definisca un quadro più cogente di lotta al lavoro nero?
Abbiamo cercato di praticare piuttosto che il terreno delle declamazioni retoriche e degli intenti umanitari, quello della effettività dei diritti. Ci siamo dotati di quella che oggi è una legge d’avanguardia in Italia nella lotta al lavoro nero. Il nostro percorso è partito a luglio prima della inchiesta di Fabrizio Gatti sull’Espresso e si è completato con il varo della legge che ha visto compatta la maggioranza di centrosinistra, incassando l’astensione del centrodestra che ha riconosciuto il valore etico e civile di questo provvedimento pur contrastando alcune norme.
E’ una reazione importante ad una piaga storica che muta con il mutare del tempo. Il caporalato di oggi non è più quello di una volta e andrebbe indagato approfonditamente. Determina un controllo violento del territorio rurale e mette in discussione non solo la vita, ma la dignità dei lavoratori, in particolare dei lavoratori migranti che sono i più esposti. Non parliamo di un fenomeno arcaico, ma moderno: il lavoro nero è cresciuto in tutta Europa e con forme più aspre nel Mezzogiorno d’Italia. E’ uno dei prodotti più avvelenati della stagione neoliberista e dei processi di precarizzazione del mercato del lavoro. Noi abbiamo messo insieme le sequenze fotografiche dei fenomeni di neoschiavismo delle campagne di Capitanata (Foggia) con i diritti maltrattati dei lavoratori delle cooperative che lavorano nelle Asl con le cosiddette ‘esternalizzazioni’ perché anche qui ci sono supersfruttati malpagati. Insomma, ci siamo occupati delle attività produttive complessivamente e abbiamo costruito una griglia di premi e punizioni.
In che modo?
Premi per chi assume regolarmente e rispetta il contratto nazionale di lavoro, cioè garantisce i diritti, anche la residenza per i lavoratori migranti. Sanzioni per chi pratica forme di concorrenza sleale, per quelle aziende che guadagnano il proprio surplus con lo sfruttamento intensivo del lavoro neoservile. Abbiamo individuato cose concrete: un documento unico di regolarità contributiva esteso a tutti i settori, la comunicazione anticipata dell’assunzione presso il centro territoriale per l’impiego, l’avvio di indici di congruità, ovvero il rapporto tra tipo di produzione, quantità di prodotto e quantità reale di lavoro impiegato. In programma, l’istituzione di un osservatorio sul lavoro nero. Abbiamo deciso una serie di incentivi per le emersioni dal sommerso: la copertura finanziaria della legge per il 2006 e 2007 è di quasi 10 milioni di euro. E’ una legge mirata, per chi non ha voce e, qualora la trovasse, rischierebbe di essere espulso.
Il governo intanto sceglie un ddl, e non un decreto, per la lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti ‘clandestini’…
Da parte nostra, vogliamo dare un contributo alla ridefinizione sia delle politiche del lavoro che di quelle sull’immigrazione. I fenomeni di caporalato e lavoro nero si trovano all’incrocio tra una politica del lavoro che ha prodotto una sorta di ‘teologia della precarietà’ e una politica dell’immigrazione che ha presentato una vera e propria produzione sociale di clandestinità. La Bossi-Fini vede l’immigrazione come un problema di ordine pubblico: per ogni 5 euro spesi per le politiche sull’immigrazione, 4 vanno ad interventi repressivi, 1 solo euro all’inclusione sociale. Bisogna capovolgere questa filosofia, combattere la clandestinità e non i clandestini che sono le principali vittime della clandestinità. Invocare una generica repressione nelle campagne ha come unico effetto quello dei fogli di via e dei provvedimenti di espulsione: così i lavoratori immigrati e sfruttati non possono nemmeno testimoniare in aula contro lo schiavismo. In Puglia la Dda sta indagando su 4 morti sospette di polacchi che lavoravano come braccianti nelle campagne del foggiano. Abbiamo a che fare con ipotetici delitti materiali, violenze inaudite, intimidazioni pesanti fatte dai caporali in piccoli coni d’ombra. Oltre alla legge sul lavoro nero, in Puglia il 4 agosto scorso abbiamo varato il piano di immigrazione che prevede che alcune proprietà rurali della regione vengano trasformate in ‘albergo diffuso’, cioè residenze per lavoratori stagionali, luogo di inclusione culturale con corsi di lingua italiana. Su questo terreno, cerchiamo di coinvolgere pezzi del sistema di impresa.
Sabato la manifestazione nazionale a Foggia contro il caporalato.
Finalmente lavoro nero e caporalato vengono trattati come grandi questioni nazionali. La mancata stigmatizzazione sociale e culturale di questi fenomeni, la loro percezione come elementi del folclore locale hanno costruito un vero e proprio muro di omertà e hanno reso invisibili lavoratori che vivono in condizioni disumane. Oggi quel muro comincia a cadere ed il sindacato finalmente svolge per intero la propria parte di strumento di garanzia per i non garantiti. Da questo punto di vista, il profilo culturale e politico del centrosinistra è meno generico e superficiale: racconta l’impellenza di edificare una nuova cittadinanza per tutti, plurale e multiculturale.
Centrosinistra e finanziaria. Napolitano chiede leale collaborazione alle regioni…
Della Finanziaria apprezziamo un elemento di grande qualificazione e discontinuità, come il patto per la salute con le regioni, ed il fatto che la manovra non tocchi le pensioni. Non ci presentiamo con il cappello in mano a chiedere ammortizzatori, ma vogliamo essere punto dinamico dello sviluppo per esercitare la nostra quota di responsabilità nel sistema paese basandoci su un intreccio tra diritti sociali e diritti civili che vanno garantiti. Questo è il modello di Puglia che immaginiamo.