L’appello delle associazioni per i migranti «Amato, cambia la Bossi-Fini»
Gli sforzi del governo per cambiare rotta alla Bossi-Fini, la legge sull’immigrazione, non convincono del tutto le associazioni in difesa dei migranti.
L’emanazione del decreto-flussi bis è alle porte, eppure per lentezza burocratica e superlavoro gli stranieri potranno conoscere la propria posizione solo a partire da gennaio. Ieri il ministro per la Solidarietà Sociale Paolo Ferrero e il responsabile dell’Interno Giuliano Amato hanno apposto la firma ad un decreto legge che sveltirà il nulla osta ai migranti. Che, in osservanza alla Bossi-Fini, dovranno comunque tornare al proprio Paese di origine per ottenere un visto di entrata in Italia. Solo così potranno dirsi finalmente regolari. O almeno fino alla scadenza del permesso di soggiorno.
Ed è proprio questa la procedura più criticata dalle associazioni. Dai primi passi di Amato «emerge un indirizzo orientato alla riproposizione dell’impianto della legge Turco-Napolitano, con una parziale rivisitazione dei profili peggiori della legge Bossi-Fini» scrivono l’Arci, la Cgil, Magistratura democratica l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione al capo del Viminale, a Ferrero e ai capigruppo di Camera e Senato. Insomma, non tutto va come dovrebbe andare. Specialmente se si rilegge il programma dell’Unione. Le associazioni mettono sul tavolo alcune proposte: la regolarizzazione permanente “ad personam” per gli immigrati sulla base di requisiti prestabiliti; l’espulsione come misura da adottare solo in casi di particolari pericolosità dello straniero; gli incentivi per il rientro volontario dei clandestini; il superamento delle misure penali della Bossi-Fini. Punti che sarebbero attualmente disattesi dal Viminale, o almeno dalle anticipazioni sulla riforma della Bossi-Fini e dell’art. 18 del testo unico sull’immigrazione, quello che per il momento accorda un permesso speciale alle prostitute vittime della tratta che trovino il coraggio di denunciare gli aguzzini. In futuro anche le vittime del caporalato potrebbero avvalersi della misura, ma Ferrero insiste per concedere la regolarizzazione a chi denuncia il lavoro nero tout court.
Stando alle parole pronunciate da Amato nelle ultime settimane, scrivono le associazioni, «la condizione giuridica del migrante resterebbe così ancorata ad un diritto speciale: si tratta di una prospettiva ben lontana da quel profondo rinnovamento delle politiche sull'immigrazione necessario per giungere ad una legislazione sull'immigrazione giusta ed efficace».
Sbagliata, continuano, la disciplina degli ingressi instaurata dalla Bossi-Fini, basata sull’incontro a distanza tra il datore di lavoro italiano e lo straniero. Un principio disatteso frequentemente nella realtà: i migranti sono costretti a entrare illegalmente, e poi trovano un lavoro in nero sperando nella regolarizzazione. Ecco allora che una regolarizzazione “ad personam” sbroglierebbe la matassa della burocrazia. Ma di questo tipo di procedura, continua il documento, non c’è traccia nel documento di Amato.
Le associazioni criticano «l'espulsione per qualsiasi forma di irregolarità», la poca chiarezza sul tema dei Cpt. La disciplina penalistica del nuovo governo Prodi in tema di immigrazione, concludono, riprende sostanzialmente la Bossi-Fini.
Documento congiunto ARCI, ASGI, CGIL e MD inviato ai ministri e sottosegretari dell'Interno e della Solidarieta' sociale e ai capigruppo dei partiti dell'Unione di Camera e Senato.