La fuga di Esam e Anuar. In gommone dalla Libia: prima il Cpt
a Lampedusa, poi un ospizio, alla fine in treno verso il Nord
L'odissea dei bambini fantasma
Clandestini minorenni in balia del racket
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO
BERGAMO - Sono poco più che bambini, e sono soli. Hanno lasciato il loro paesino in Nord Africa per fuggire dalla miseria. I loro genitori si sono indebitati per farli arrivare in Europa. Si chiamano Esam ed Anuar, e in poco meno di un mese hanno fatto e visto cose che non avrebbero mai immaginato. Hanno attraversato il deserto, sono finiti in Libia dove sono stati sfruttati ed anche violentati. Hanno attraversato il canale di Sicilia con altri disperati a bordo di barche e gommoni. Sono stati ospitati nei Cpt e in un castello nel cuore della Sicilia. Poi sono fuggiti in treno verso il nord Italia e sono scomparsi. Spariti. Inghiottiti in un grande buco nero, come tanti loro coetanei finiti in mano a bande di connazionali che vivono da tempo a Roma, Torino, Milano, Brescia, Bergamo, che li fanno entrare nel giro dello spaccio della droga, delle rapine, della ricettazione.
In Italia ed in Europa sono migliaia, tecnicamente vengono definiti "minori non accompagnati", poco più che bambini, tra i 12 ed i 17 anni che giungono in Italia da clandestini, veri e propri fantasmi senza nome e senza volto. Di molti di loro non si sa proprio più nulla. Le loro madri che vivono in Tunisia, Marocco, Nigeria ed in altri Paesi, li cercano da anni e non sanno che fine hanno fatto. A Lampedusa ne sono arrivati 2000 negli ultimi tre anni, 800 solo nel 2006, piccoli "fantasmi" che girano l'Italia e l'Europa senza un'identità, quasi sempre vittime di organizzazioni criminali.
Gli ultimi sono giunti a Lampedusa il 29 ottobre scorso. Nel gruppo dei 20 "minori non accompagnati" c'erano anche Esam ed Anuar, un tunisino ed un marocchino, di 13 e 14 anni: due bambini magri e allampanati con i riccioli scuri che dimostrano più della loro età.
Non hanno documenti, solo alcuni biglietti con numeri di telefono di "amici" e parenti. Li abbiamo seguiti per 12 giorni dal loro arrivo a Linosa dove sono giunti con altri tre bambini fantasma. Il peschereccio li ha lasciati in mare a poche centinaia di metri dalla costa. È notte fonda quando Esam, Anuar e gli altri compagni con le ultime bracciate riescono ad approdare a Linosa.
Il mare fortunatamente è calmo, una tavola oscura che li lascia scivolare fino a riva. "Siamo marocchini, la barca con cui ci hanno portato fin qua è affondata" dicono ai carabinieri che li scovano all'alba.
Ripartono il giorno dopo e non credono ai loro occhi: per la prima volta salgono a bordo di un elicottero, è un mezzo della Guardia di Finanza che li porta a Lampedusa, tra le proteste dei turisti bloccati da giorni nell'isoletta perché il traghetto non arriva.
A Lampedusa rimangono 12 giorni e poi, scortati da polizia e carabinieri assieme ad altri 20 ragazzi che da tempo sono ospiti del Cpt, vengono imbarcati sul traghetto per Porto Empedocle. Un viaggio di otto ore con i minorenni guardati a vista da cinque carabinieri che li avevano "alloggiati" nel salone di poppa del traghetto "Palladio". Ai passeggeri che li guardavano chiedevano sigarette, schede telefoniche o un semplice scambio di parole.
É già buio quando il "Palladio" attracca a Porto Empedocle. I carabinieri affidano ai colleghi poliziotti i 20 minorenni, che vengono divisi su due furgoni del reparto mobile della Questura di Agrigento. Uno si dirige verso un istituto di Montevago, l'altro a Cammarata, un paese a cavallo tra le province di Palermo ed Agrigento. Ed è lì che Esam ed Anuar e gli altri compagni arrivano di notte. É li che i 10 minorenni trovano ospitalità in un ala del castello che da anni è stato trasformato in un convento di suore, l'Istituto dei figli di Maria Ausiliatrice, a cui sono stati "affidati" i "minori non accompagnati". Ma ci resteranno per poco: sono liberi di girare e di uscire perché nessuno li controlla e nessuno più li cerca.
E come gli altri migliaia di fantasmi, la mattina dopo cinque piccoli extracomunitari scappano. Due vengono rintracciati per caso nel centro del paese e riportati in convento (fuggiranno il giorno dopo), gli altri tre devono essere già lontani. Nell'atrio del convento le suore hanno allestito un piccolo parco giochi e due calcio balilla. Quando entriamo i minori rimasti giocano al biliardino mentre le suore dall'alto li osservano. "Noi facciamo il possibile per trattenerli - dice scoraggiata Madre Rosalia, la suora che gestisce il convento - ma dopo qualche giorno scappano tutti. Molti di loro finiscono in brutte mani, di gente che li sfrutta, che li fa prostituire e che li costringe a spacciare droga. Non so come mai appena arrivano qui alcune persone cominciano a telefonare chiedendo di loro. Parlano in arabo ed io non capisco cosa dicono, forse sono quelli che poi li portano via".
Anche Esam e Anuar il giorno dopo fuggono. Una fuga preparata mentre erano nel centro di accoglienza di Lampedusa con un egiziano che vive e "lavora" ad Agrigento, amico di un connazionale che due mesi fa è stato arrestato dai carabinieri perché in casa nascondeva tre "minori non accompagnati", tenuti in ostaggio in quanto la famiglia marocchina non aveva ancora pagato "il trasferimento" nel nord Italia. Esam e Anuar evidentemente conoscevano la "procedura" e quando il giorno della fuga in treno raggiungono Agrigento - con i pochi soldi che hanno - incontrano alla stazione ferroviaria l'"accompagnatore" che consegna loro due biglietti per raggiungere Roma e Milano.
La prima tappa è Palermo, dove Esam e Anuar arrivano alle 13,05. Ma il treno per Milano parte alle 18 ed i due ragazzi si trasformano in "turisti" girando nella zona vicino alla stazione ferroviaria dove interi quartieri sono occupati da extracomunitari. I fuggitivi alle 17,40 salgono sul treno per Roma, nello scompartimento di seconda classe ci sono altre tre persone, due donne ed un uomo. Esam e Anuar non aprono bocca per tutto il percorso.
Il viaggio si conclude alle 7,20 del giorno dopo alla stazione Termini di Roma: 18 ore durante le quali nessuno ha chiesto loro niente. Due bambini soli, stranieri su un treno e nessuno che rivolga loro la parola, nessuno che chieda chi siano e dove vadano, non un agente che pretenda un documento di identità. Esam e Anuar riescono a evitare anche il bigliettaio. A Roma scendono dalla carrozza numero sei ed incontrano un nord africano che li attende. Poche parole, poi Esam va via con quell'uomo e si perdono tra la folla della stazione. Anuar si dirige invece verso il binario dove c'è il treno che lo porterà a Milano, che partirà dieci minuti dopo. A Bologna salgono due poliziotti che cercano, evidentemente, qualcuno. Anuar non nasconde la paura ma è furbo e dal sedile vicino prende un quotidiano che un passeggero aveva abbandonato e fa finta di leggere. La fortuna lo assiste ed alle 12,15 arriva a Milano.
Durante il tragitto Roma-Milano Anuar si accorge che lo sto seguendo e qualche ora prima di giungere nel capoluogo lombardo lo convinco che non sono un poliziotto e può dirmi qualcosa senza pericolo. "Devo andare a Bergamo dove c'è mio zio, il fratello di mio padre che mi aspetta e che lavora come muratore da 10 anni. Lui è in regola, ha il permesso di soggiorno".
Ma appena giunti a Milano, anziché prendere il treno per Bergamo Anuar scompare. Lo zio che vive a Treviglio lo ha aspettato fino a tarda sera alla stazione tempestato dalle telefonate della madre che lo chiamava dalla Tunisia per sapere che fine avesse fatto suo figlio. "Qui c'è molta malavita - dice preoccupato lo zio di Anuar - e molti ragazzi che arrivano nel nord Italia finiscono male, allettati dal facile arricchimento con lo spaccio di droga, con la ricettazione e con i furti". Così, come tutti gli altri, anche Anuar quel giorno è diventato un fantasma.
(ha collaborato Nicola Barraco)