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Voto solo a metà per i migranti di Roma, LIberazione, 23/11/06

Il 10 dicembre si eleggono per la seconda volta i consiglieri aggiunti dell’amministrazione capitolina. Dubbi e perplessità di candidati ed elettori
 
Voto solo a metà per i migranti di Roma
 
Stefano Galieni
«Roma vuol sentire la tua voce. Vota Domenica 10 dicembre, gli stranieri diventano elettori». Sembra quasi che nella capitale si sia finalmente compresa l’importanza della partecipazione alla vita politica di uomini e donne migranti. Ma è vero? Si tratterà ancora una volta di una forma mutilata e formale di ingresso nella vita politica. L’elezione dei 4 consiglieri aggiunti al Comune - 5 se non è garantita la presenza di una donna - della Consulta Cittadina e di un consigliere aggiunto per ognuno dei 19 Municipi, avviene dopo anni di battaglie per il pieno diritto di voto. Le 2 delibere popolari firmate da quasi 9000 cittadini non sono state neanche discusse al Comune, le manifestazioni, che hanno visto il protagonismo di migranti e antirazzisti in gran parte d’Italia non sono state prese in considerazione, il programma dell’Unione, esplicito in materia, non è stato ancora applicato tanto che il Ministro dell’interno continua ad affermare che le modifiche da introdurre implicherebbero un cambiamento della Costituzione.

Nella speranza che queste sia l’ultima occasione di apartheid elettorale - al consiglio comunale i posti sono ripartiti in base ai continenti di provenienza, con una logica di mantenimento di identità comunitarie chiuse - le elezioni restano un momento di mobilitazione, per chi considera ancora utile parteciparvi, per chi le rifiuta e per chi pensa di poter imporre, dall’interno, una spinta verso il riconoscimento dei diritti pieni di voto e di cittadinanza.

Patricia Tabares, giovane colombiana, mediatrice culturale e consulente fiscale, ha scelto di candidarsi “criticamente” al Comune: «Il consigliere aggiunto è una “democrazia a metà” ma intendo provarci. Per me è un impegno serio per costruire collettivamente un percorso che porti al diritto di voto. Vorrei che nel mio programma si riconoscano non solo i latino americani». Patricia, si sofferma con curiosità sul meccanismo elettorale che prevede l’ingresso di almeno una donna: «Vale per i consiglieri aggiunti ma non per gli italiani. Perché non attuarlo anche in consiglio comunale così da avere più donne in Consiglio?». Hamadi Zribi, del Comitato politico federale di Roma del Prc, non si è candidato. Da anni è impegnato per superare questa partecipazione senza diritti: «Sono troppe le ragioni che mi fanno dire basta. Il consigliere aggiunto è un modo per dare una parvenza di democrazia e per impedire che chi è immigrato si senta alla pari degli altri». Ghirmai Tewelde nato in Eritrea, ma cittadino italiano è consigliere municipale a tutti gli effetti nel secondo Municipio: «L’esperienza del consigliere aggiunto è frustrante. Non è colpa di chi è eletto ma si è espressione di una comunità e non dell’inserimento nella società italiana. Non vota e il suo parere non conta». E se Oksana Zakkarenko, presidente dell’Associazione gioventù ucraina in Italia considera queste elezioni un: «Momento di rivincita offuscato dalla scarsità di informazioni a disposizione degli immigrati che hanno meno accesso ad internet o ai mezzi di comunicazione», ad alzare giustamente il tono della polemica provvede Siddique Nure Alam, più noto come Bachu che nel corso di una conferenza stampa ha chiesto ieri che le elezioni siano rimandate. La ragione è nel fatto che erroneamente il suo nome era stato incluso nella lista di coloro che avevano rinunciato alla candidatura. Bachu ha saputo formalmente che si è trattato di un “piccolo errore” peccato che chiamando il call center apposito per avere delucidazioni si sia sentito rispondere: «Voi immigrati non capite un c…».

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