Minori dietro le sbarre, Jrs: ''Inumano''
Il Servizio gesuita per i rifugiati evidenzia: ''Gli stati non sono autorizzati a servirsi della detenzione quale misura deterrente, soprattutto se ad essere detenuti sono i minori, esposti a un maggiore rischio di trauma a lungo termine''
ROMA - "La detenzione è intrinsecamente sbagliata, ma quella dei minori, intesa come alternativa al conflitto, alla persecuzione e alla povertà estrema, è inumana. Negli ultimi 20 anni, abbiamo sperimentato attraverso il nostro lavoro come la detenzione di queste categorie di minori aggravi il danno psicologico causato dall'esilio". Questo è quanto affermato da padre Lluís Magriñà SJ, Direttore del Servizio Gesuita per i Rifugiati (Jrs).
Il Servizio ricorda come il 20 novembre 1989, la comunità internazionale ha redatto la bozza della Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC) mirata a riconoscere la vulnerabilità dei minori, stabilendo come principio guida il miglior interesse dell'infanzia. Sedici anni dopo, lo stesso JRS ha fatto appello ai diversi stati perché siano rispettati, senza alcuna riserva, tutti i diritti stabiliti nella Convenzione.
”Sebbene sia riconosciuto agli stati il diritto di gestire il flusso migratorio attraverso i propri confini, tale diritto non è assoluto – si afferma -. La libertà dalla detenzione arbitraria è un diritto umano fondamentale. Gli stati non sono autorizzati a servirsi della detenzione quale misura deterrente, come spesso è il caso, soprattutto se ad essere detenuti sono i minori esposti, come sempre sono, a un maggiore rischio di trauma a lungo termine. Agli stati grava infatti il preciso dovere di avere cura dei minori all'interno della propria giurisdizione, e sono tenuti a cercare alternative alla detenzione – che si tratti di appositi centri di accoglienza o di famiglie affidatarie – prima che sia recato ulteriore danno alle giovani vite”.
Michael Gallagher SJ, Regional Advocacy Officer del Jrs Africa Meridionale, ha riferito che "nonostante sia stato firmato il CRC, senza tuttavia il sostegno dei paesi sviluppati, gli stati dell'Africa meridionale difettano delle risorse necessarie a fornire alternative alla detenzione dei giovani rifugiati, che rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile L'anno scorso, intercettato un gruppo di minori congolesi vittime dei trafficanti, le autorità dello Zambia non hanno avuto altri mezzi di tutela se non quello di porli in stato di detenzione insieme gli adulti".
David Holdcroft SJ, Direttore del JRS Australia, fa presente che "per 13 anni, migliaia di minori sono stati trattenuti nei centri australiani di raccolta migranti per periodi in media di 15 mesi. Esposti di continuo a episodi di violenza, hanno dato segno di crescente disagio mentale, al punto che si sono verificati casi di autolesionismo. Nel giugno 2005, il governo ha posto fine a questa politica, e allo stato attuale consente a 55 minori, che altrimenti sarebbero stati detenuti, di vivere in libertà con le proprie famiglie. Dove esiste la volontà, i governi possono trovare alternative umane alla detenzione".
"Nell'ottobre scorso, il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha condannato la detenzione, avvenuta nel 2002 e durata due mesi, di una bambina congolese di cinque anni, sola. Il Tribunale ha stabilito che un minore straniero non accompagnato non debba essere posto in stato di detenzione, tanto meno insieme ad adulti. È, questo, un grande passo avanti, e speriamo che metta in tutta Europa la parola fine alla detenzione di famiglie con minori" auspica Marc-André Peltzer, Country Director del JRS Belgio.
”In uno studio delle Nazioni Unite pubblicato nell'agosto di quest'anno . continua il Jrs - si è sollecitata l'elaborazione, assolutamente prioritaria, di alternative di impostazione comunitaria alla detenzione dei minori, salvo nei casi in cui il minore costituisca un reale pericolo per gli altri. I centri di detenzione non possono offrire ai minori un ambiente che favorisca un sano sviluppo. Il permanere dei minori in condizioni spesso degradanti o di pericolo – insieme ad adulti, separati dai propri genitori, senza accesso all'istruzione o a luoghi di svago – non è mai nel loro migliore interesse”.
Da ricordare che il Jrs lavora in più di 50 paesi, in cinque continenti nel mondo. Si avvale di uno staff di più di 1000 persone: laiche e laici, gesuiti e altre/i religiose/i, con il fine di rispondere ai bisogni educativi, sanitari e sociali di oltre 500.000 rifugiati e sfollati interni (IDP). Fornisce inoltre assistenza legale ed altri servizi ai rifugiati che si trovano in stato di detenzione, poichè immigrati, in Africa, Asia, Europa e nelle Americhe. Fornisce la propria assistenza indipendentemente da considerazioni razziali, etniche o religiose.
Il Jrs, inoltre, é un membro della Coalizione Internazionale per la Detenzione dei Rifugiati, Richiedenti Asilo e Immigrati. La coalizione riunisce oltre un centinaio di membri (organizzazioni non governative organizzazioni di ispirazione religiosa, accademici e singoli individui) di 36 paesi in Europa, Medio Oriente, Africa, Asia, Oceania, Caraibi, nord, centro e sud America. “In tutti questi paesi delle persone vengono detenute solamente sulla base del loro status di immigrato”, conclude.