Nizar ha 22 anni, è cittadino del Marocco, e vive in Italia, tra Roma e le Marche, da quando di anni ne aveva 14. Così fa un certo effetto scoprire che è come se fosse arrivato ieri. Il fatto che abbia frequentato in Italia le scuole superiori, il liceo scientifico per la precisione, è del tutto irrilevante.
Nizar, che è iscritto al secondo anno di ingegneria chimica alla Sapienza di Roma, per le questure e le Asl è uno "studente straniero", in nulla diverso da quelli che vengono in Italia per un master o una specializzazione e poi se ne vanno. Anzi, una differenza c'è, sostanziale: ed è che gli stranieri che vengono da noi per una specializzazione di solito sono di famiglie abbienti, o hanno beneficiato di qualche borsa di studio.
Nizar, invece, non è ricco. Infatti la condizione di "studente straniero" gli pesa anche dal punto di vista economico, oltre che morale. Per esempio, se vuole usufruire dei normali servizi offerti dalla sanità nazionale, deve pagare 150 euro l'anno alla Asl.
La condizione di Nizar è quella di tutti i figli di immigrati che, diventati maggiorenni, hanno deciso di proseguire gli studi. Il compimenti dei diciott'anni agisce come un fulmineo reset sul passato. Il ricongiungimento familiare, compiuto regolarmente anche molti anni prima, non conta più nulla. In un certo senso non conta più nemmeno il fatto che i genitori lavorino e che dunque paghino già il loro contributo al servizio sanitario nazionale. Lo studente straniero maggiorenne è come un orfano. E anche se ha maturato gli anni sufficienti per la carta di soggiorno, non può sperare di averla perché, in quanto studente, non produce reddito.