I residenti di via Triboniano: "Vogliamo quel recinto, stiamo
diventando razzisti". L'assessore Moioli: "Non sarà un altro caso Padova"
"Anche a Milano ci sarà
un muro contro i rom"
Dopo il rogo, progetto del Comune per isolare il campo nomadi
di LUIGI BOLOGNINI
MILANO - Una barriera che separi i rom e gli abitanti di via Triboniano, una delle zone di Milano in cui maggiore è il disagio per l'immigrazione. Una barriera che recinterà l'area a ridosso del laghetto artificiale di questa strada stretta tra la ferrovia e il cimitero nell'estremo Nord-Ovest della metropoli, come chiedono da tempo i residenti. C'è anche questo nel piano con cui il Comune, assieme alle forze dell'ordine, la Caritas e le associazioni che si occupano di immigrazione, vuole sistemare definitivamente l'area, il cui problema è tornato d'attualità dopo che un incendio, la notte di San Silvestro, ha distrutto una buona parte del campo nomadi.
Viene istintivo pensare al muro costruito tra le polemiche qualche mese fa a Padova, attorno a via Anelli, per isolare una zona di spaccio e violenza. Ma l'assessore ai Servizi sociali di Milano, Mariolina Moioli, non accetta il paragone, anzi lo respinge con forza: "Ma che muro, ma che Padova! Noi vogliamo integrare, non emarginare. Sa cosa prevede il piano deciso ieri? La sistemazione dei nomadi di via Triboniano in alloggi dotati di luce e servizi igienici, la nascita di alcuni presidi di operatori sociali e forze dell'ordine, la firma di un patto di socialità e legalità da parte dei rom, com'è successo a Opera qualche giorno fa. E tutto questo solo per le famiglie già censite, senza nuovi accessi. Dopo, solo dopo, vedremo se e come costruire una recinzione, che sarà grande tanto quanto sarà necessario, insomma a seconda della situazione sociale che ci sarà allora. Ma i problemi, con questo nostro piano di azione, saranno ridotti al minimo. E comunque noi miriamo alla socializzazione: ad esempio il laghetto lo voglio lasciare libero, che diventi un punto di incontro".
Peccato che i residenti non vogliano per nulla socializzare, anzi. "Da tempo chiediamo una separazione fisica tra noi e loro e finirà che non ce la daranno neppure stavolta - dice Antonietta Spinella, del comitato via Triboniano - Questo piano è un libro dei sogni, ma io a Babbo Natale ho smesso di credere da anni. Non vogliamo più avere niente a che fare con i rom. Mi spiace, ma abitando qui stiamo diventando razzisti".
A pronunciarsi a favore di una qualche separazione tra nomadi e abitanti di via Triboniano è, a sorpresa, anche un nome simbolo della battaglia a favore dell'integrazione e dell'accoglienza a Milano, don Virginio Colmegna: "È giusto anche tutelare chi vive in certe zone. Ma questo piano, quando sarà stato attuato, sarà un notevole aiuto per tutti". Ne è convinto anche il sindaco, Letizia Moratti: "Agiremo secondo due linee: legalità e sicurezza. Si tratta di un problema di solidarietà, di assistenza e di ordine pubblico".
E stavolta il mondo politico è quasi tutto d'accordo. "È un inizio di soluzione che affronti l'emergenza" dice Carlo Fidanza di An. Il centrosinistra che sta all'opposizione applaude, con qualche riserva: "Diciamo no ai ghetti, ma le regole vanno rispettate. Giusto puntare sui presìdi fissi", dice il diessino Marco Granelli. Solo la Lega, che è nella maggioranza che sostiene Letizia Moratti, attacca: "Se questi sono nomadi, perché dobbiamo renderli stanziali? Quelli sono soldi buttati, compresi quelli per la recinzione. In via Triboniano di nomadi devono essercene zero", dice il capogruppo Matteo Salvini annunciando battaglia in Giunta e Consiglio.