Immigrazione via mare
meno arrivi, più morti
Lo scorso anno, per la prima volta, secondo dati diffusi dal ministero dell'Interno, il numero degli immigrati giunti da noi via mare è diminuito. Nel 2005 erano stati 22.824, nel 2006 sono stati 22.016. Dunque 808 in meno, cifra che corrisponde a un calo del 4,5 per cento.
E' difficile individuare le cause di una variazione così modesta. In particolare capire se il minor numero di arrivi sia stato il risultato casuale di qualcuna delle complesse dinamiche che regolano i movimenti delle masse dal Sud al Nord del mondo o, invece, l'effetto delle politiche di contrasto. Il ministero è per questa seconda ipotesi. Ha, infatti, così commentato il dato: "La diminuzione, seppur lieve, segna un'importante inversione di tendenza (nel 2005 gli sbarchi erano quasi raddoppiati rispetto al 2004) e testimonia la proficua attività di collaborazione con i maggiori paesi del Nord Africa e, in particolare, i passi avanti fatti nel dialogo con la Libia, che ha contribuito alla diminuzione del fenomeno".
Senza dubbio l'atteggiamento della Libia - che da almeno quattro anni è la principale base di partenza dei migranti e anche la principale sede operativa del traffico di essere umani nel Mediterraneo - è decisivo nella regolazione dei flussi irregolari. Basti ricordare il miracolo che si produsse negli ultimi dieci giorni del giugno 2003, quando, subito dopo l'annuncio del primo accordo di collaborazione con l'Italia, gli sbarchi si bloccarono all'improvviso, salvo poi riprendere bruscamente nello stesso istante in cui Gheddafi cominciò a sollecitare un allentamento dell'embargo economico nei confronti del suo paese.
Esiste tuttavia un altro dato relativo al 2006 che va valutato assieme a quello della diminuzione degli arrivi. Ed è quello relativo al numero delle imbarcazioni giunte fino alle nostre coste nell'arco dell'anno scorso: è quasi raddoppiato. In parole povere: se prima arrivavano cento clandestini su una barca, adesso ne arrivano novantasei, ma a bordo di due barche. Ecco alcune cifre, sempre di fonte Viminale, che danno l'idea del fenomeno. Nel 2006, l'85 per cento delle barche giunte sulle nostre coste non ha trasportato più di cinquanta migranti. Dato confermato da quello sulle dimensioni delle imbarcazioni utilizzate (il 69 per cento non superava la lunghezza di otto metri) e sul tipo (il 39 per cento erano gommoni, l'8 per cento piccoli scafi in vetroresina).
Queste cifre dicono una cosa molto semplice e terribile: che il viaggio via mare si è svolto in condizioni di sicurezza ancora minore rispetto al passato. I trafficanti libici hanno ulteriormente perfezionato tecniche di trasporto che trasferiscono totalmente sui migranti il rischio e riducono al minimo quello economico e anche penale dell'organizzazione. Le piccole barche valgono poche migliaia di euro e la loro perdita - abbondantemente compensata da quanto i migranti pagano per il trasporto - fa ormai parte del costo d'impresa. Inoltre a guidarle è sempre più raramente uno scafista. Il timoniere è solitamente uno degli stessi migranti, sommariamente istruito al momento della partenza.
Un ultimo dato di cui tenere conto per valutare l'effettività della "inversione di tendenza": alla fine dell'agosto scorso, il commissario europeo alla Giustizia e alla Sicurezza, l'italiano Franco Frattini, dichiarò che dall'inizio del 2006, circa tremila migranti erano morti annegati nel tentativo di raggiungere le coste europee.
Ed ecco il dubbio atroce che quel 4,5 per cento in meno suscita: forse sono diminuiti solo gli arrivi. Non le partenze.
(glialtrinoi@repubblica. it)