"Una moschea
anche a Torino"
Una grande moschea nel cuore della città dove potersi riunire pubblicamente per la preghiera del venerdì. E' una delle richieste più sentite dalla comunità islamica di Torino, secondo una ricerca svolta dall'Università con il contributo della Regione Piemonte. Nel 2005, secondo l'ufficio statistica del Comune, vivevano nel capoluogo torinese 14mila marocchini, 2.393 egiziani e 2.093 nigeriani. Attualmente in città ci sono nove piccole moschee e numerose associazioni islamiche, ma manca ancora uno spazio comune
TORINO - Uscire dagli scantinati e dai magazzini e potersi ritrovare il venerdì tutti in una grande moschea nel cuore della città. Godere di spazi pubblici di aggregazione e del diritto al rispetto delle regole religiose, come il permesso di pregare durante le ore di lavoro. Sono i desideri della comunità islamica di Torino che emergono da una ricerca condotta dal dipartimento di Studi politici dell'università di Torino, realizzata con il contributo dell'assessorato regionale alla Cultura.
Lo studio, dal titolo "La comunità islamica torinese, tra domanda di rappresentanza e problemi di rappresentazione", si è sviluppato attraverso interviste a venti testimoni chiave della comunità islamica torinese. Una comunità vasta: nel 2005, secondo i dati forniti dall'Ufficio statistica del Comune, erano residenti nel capoluogo piemontese oltre 14mila marocchini, 2.393 egiziani e 2.093 nigeriani.
"E' una ricerca che non analizza in toto l'immigrazione islamica a Torino -spiega Marinella Belluati, coordinatrice dell'iniziativa- ma che si occupa del bisogno di rappresentanza dei musulmani. Nonostante in città ci siano nove piccole moschee e numerose associazioni islamiche, la difficoltà della comunità musulmana è quella di organizzarsi e di fare sistema”.
Una delle esigenze più forti di tutte le componenti islamiche del capoluogo è quella di avere un luogo di culto unitario. "Si soffre molto questa mancanza – afferma Belluati - . C'è il bisogno di sostituire le tante moschee ricavate in edifici di fortuna con una struttura che abbia tutte le caratteristiche di un luogo simbolico forte". La soluzione non appare però così immediata dal momento che, secondo gli intervistati, le comunità si scontrano da un lato con il fatto di non riuscire a mettere d'accordo i diversi rappresentanti, dall'altro con la difficoltà delle istituzioni locali.
Non meno importante, il tema del lavoro: molti gli islamici che lamentano uno scarso riguardo nei confronti delle loro tradizioni. Sono forti, infatti, le richieste in merito al riconoscimento ufficiale di alcune festività religiose islamiche, la possibilità di ottenere giorni festivi, ad esempio in occasione del Ramadan, e di poter conciliare i propri doveri religiosi con il tempo del lavoro, come nel caso della preghiera del venerdì.
Tra gli obiettivi della ricerca far emergere quali sono i luoghi che, sul territorio cittadino, sono fondamentali per la comunità islamica. Al primo posto si posizionano i luoghi di culto, seguiti da associazioni di immigrati e circoli culturali. Ma ci sono anche spazi più informali giudicati importanti come punti di riferimento sul territorio: sono attività legate al cosiddetto ethnic business, come le macellerie halal o i phone center. Infine i giardini pubblici, vissuti in particolare dalle donne, o le aree con una massiccio presenza di stranieri, tra cui piazza della Repubblica a Porta Palazzo e, in misura minore, alcune zone di San Salvario.
(Adkronos)