Uno sguardo ai dati sull’attività dell’Autorità Giudiziaria dopo l’approvazione della legge Fini-Giovanardi. I dati forniti dal Ministero dell’Interno circa l’applicazione della legge 49 (legge Fini-Giovanardi) indicano un rilevante aumento delle segnalazioni all’Autorità Giudiziaria e degli arresti per detenzione di cannabis nel periodo maggio-ottobre 2006 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La lettura comparata dei dati disponibili riferiti sia al periodo gennaio-ottobre 2005/2006 (andamento annuale) sia al periodo maggio-ottobre 2006 (nel quale è stata applicata la nuova normativa) evidenzia un incremento nel numero sia delle persone segnalate per possesso di cannabis e derivati sia di quelle arrestate.
In particolare nel periodo tra maggio - ottobre 2006 gli arresti per possesso di hashish, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente l’entrata in vigore della legge, sono aumentati del 10,1% , mentre quelli per possesso di marijuana addirittura del 63,9%, e quelli per possesso di piante intere di cannabis del 17,85%."
Questi dati sono diffusi dal Ministero della Salute insieme alla relazione a sostegno del decreto Turco che modifica la tabella quantitativa delle sostanze. Come era facile prevedere la situazione volge al peggio, interessando un numero sempre più vasto di consumatori, in particolare quelli più giovani. A fronte di quella lasciata intendere dalla legge, la vera emergenza sociale si sta rivelando, quindi, l’impatto della stessa sulla società, come antiproibizionisti, operatori del settore e commentatori più avveduti avevano denunciato.
A questo punto e in relazione ai propositi programmatici del governo Prodi, ci saremmo aspettati un’immediata abrogazione (promessa entro i primi 100 giorni dall’insediamento). Ma ad un anno dall’approvazione della legge siamo costretti a constatare non solo l’immobilità del nuovo governo ma anche la sostanziale continuità con quello precedente. Parti importanti della maggioranza danno la chiara impressione di condividere la logica ideologica e punitiva della Fini-Giovanardi al punto di cercare di far saltare anche quel timido abbozzo di riforma che era il decreto Turco sul raddoppio delle dose massima consentita di cannabis.
Come movimento antiproibizionista, abbiamo cercato in questi anni di estendere l’area di consenso contro il proibizionismo, anche attraverso la costituzione di cartelli di azione comune con soggetti istituzionali quali l’esperimento di ConFiniZero. Quell’esperienza ci sembra entrata in crisi almeno nella relazione con una parte dei nostri interlocutori ora al governo.
Diverso il discorso con quell’area più vasta che ha dimostrato la sua forza nella street di un anno fa e che vorremmo ancora con noi. Crediamo sia giunto il momento di ridare visibilità ed evidenza all’opposizione sociale diffusa, quell’opposizione reale fatta di milioni di persone, consumatori e non, che rivendicano il proprio diritto alla libertà di scelta contro l’ assurdità repressiva in atto.
Ogni giorno sono decine i più o meno giovani consumatori costretti ad avere a che fare con la repressione poliziesca; è urgente riaffermare la necessità di una politica ed una pratica antiproibizionista, e rilanciare una nuova stagione di lotte contro la legge Fini-Giovanardi e contro il governo Prodi che ne è, di fatto, l’esecutore.
Ci rendiamo conto di come l’abrogazione immediata di questa odiosa legge non sia l’unica rivendicazione disattesa da questi primi 6 mesi di governo di centro-sinistra, ma al pari di altri temi come i P.A.C.S, la chiusura dei CPT, un reddito garantito contro la precarietà, la mancanza di risposte da parte di questo governo denuncia un preoccupante arretramento politico e culturale sul piano dei diritti e delle libertà di scelta.
Vogliamo essere parte di un dissenso radicato in tutto il paese, sempre più evidente anche su altre questioni al centro di importanti mobilitazioni che ci vedranno impegnati per tutto il mese di marzo; riteniamo l’abrogazione della Bossi-Fini e la fine della precarietà momenti fondamentali di reintroduzione di elementi di giustizia nella società. Nella nostra battaglia antiproibizionista siamo però coscienti che l’uso di sostanze comporta spesso, anche se non necessariamente e non sempre, oltre ad un uso ludico anche aspetti problematici.
Per questo il nostro essere antiproibizionisti non può prescindere da un discorso di uso consapevole, di attenzione alle modalità del consumo, di informazione e prevenzione dei comportamenti a rischio nei luoghi del nostro agire sociale. Banchetti informativi, sportelli di assistenza legale e medica, pill testing, riduzione del danno sono diventate presenze e pratiche consuete negli spazi dell’aggregazione, nelle iniziative dei centri sociali e nelle feste illegali, grazie anche alla collaborazione costruita insieme a quella parte degli operatori sociali più sensibile a logiche antirepressive.
La cultura, la conoscenza, la corretta informazione ci sembrano come sempre la strada da percorrere; la repressione, il proibizionismo l’unico vero serial killer. Da anni ci battiamo contro le narcomafie e contro quel moltiplicatore dei loro affari che è il proibizionismo. Siamo sempre più convinti che le une perderebbero tutta la loro forza con la fine dell’altro. Ne siamo talmente convinti da ritenere che il non considerare questo nesso stringente sia una forma di connivenza della politica verso la criminalità. Tante sono le questioni su cui pensiamo si debba tornare a discutere: proponiamo un momento di confronto collettivo su questi temi, per un allargamento di questo movimento che si vuole di massa (M.D.M.A.) e verso la riapertura di una nuova fase del conflitto.
Università stupefacente
Da diversi anni pratichiamo all’interno delle nostre università la riappropriazione dei nostri diritti, che comincia anche e soprattutto sperimentando nuove forme di socialità; la socialità, e questo da sempre, porta con se stili e scelte di vita che devono essere liberi e autogestiti dal singolo.
Autoformazione, autogestione di seminari, riappropriazione di spazi e di tempi: è attraverso questi momenti sottratti alla frenesia dei ritmi di studio che cerchiamo di restituire agli studenti il diritto di abitare i propri luoghi, di viverli appieno. È tramite queste pratiche che tentiamo di scardinare il processo introdotto dalle ultime riforme (Berlinguer-Zecchino prima e Moratti poi) che segmenta i saperi assoggettandoli alle logiche del mercato, che precarizza la vita e attraverso il meccanismo dei crediti cerca di rendere quantificabile e produttivo il lavoro di studio e di ricerca.
Dalle rovine dell’università italiane c’è il bisogno di ripartire per sviluppare un nuovo modo di intendere la conoscenza ed il rapporto tra le discipline. La crisi dell’attuale modello universitario è anche nella separazione tra sapere legale e sapere illegale, tra ciò che può avere cittadinanza e quello che invece deve essere bandito, allontanato. La questione delle sostanze stupefacenti ci segnala con grande chiarezza come l’università impone limiti alla circolazione del sapere, chiudendo gli occhi di fronte ad un fenomeno che coinvolge in maniera sempre maggiore studenti e giovani.
Le accademie italiane prestano il fianco alle politiche proibizioniste di questo o quel governo di turno: dai laboratori chimici messi a disposizione delle forze dell’ordine per l’analisi delle sostanze sequestrate alla repressione all’interno degli spazi occupati nelle facoltà, dalla sperimentazione di nuovi dispositivi di controllo alla continua vigilanza esercitata dai commissariati delle università su chi, tra una lezione e l’altra, si ricava momenti di relax e socializzazione spesso accompagnati da una canna.
È proprio dalle accademie, in quanto luogo privilegiato di ricerca e sperimentazione, di produzione di conoscenza e di circolazione dei saperi, che si dovrebbe ripartire per sviluppare ragionamenti sul consumo di sostanze, soprattutto in relazione alla sua enorme e mutevole diffusione nella società globale e post-fordista.
Per questo, insieme a MDMA Roma, abbiamo deciso di organizzare per il 23 febbraio all’università una giornata di discussione sugli effetti del proibizionismo, e scegliamo di farlo proprio adesso perché la situazione nelle facoltà come nella metropoli si sta facendo sempre più pesante. Come dimostrato dai dati ministeriali la legge Fini sulle droghe continua a "fare effetto": migliaia di studenti, precari e consumatori vengono perseguitati penalmente per le loro scelte e questo appare ancora più preoccupante di fronte all’ottusità del governo Prodi che si ostina a praticare una politica proibizionista in piena continuità con il governo precedente.
Il giorno 24 febbraio, a seguito di questa giornata di approfondimento, abbiamo convocato un’assemblea pubblica e di movimento in cui le diverse realtà che praticano antiproibizionismo possano confrontarsi. Un momento da cui ripartire per opporci a questo governo con forza e determinazione, un momento per aprire una nuova fase di conflitto e per rilanciare la costruzione di una grande street antiproibizionista determinata e radicale.