Il dibattito sui CPT è giunto in Italia ad un punto avanzato, l’opposizione multiforme alla detenzione amministrativa ha sviluppato dal 1998 ad oggi un ricco patrimonio di battaglie e di analisi che ha costretto la politica istituzionale a prendere posizione sulla questione dei CPT, interrogandosi anche pubblicamente su come agire contro una simile forma di privazione del diritto. Decine di indagini e rapporti sono stati prodotti da fonti autorevoli, decine di amministratori locali hanno pronunciato discorsi contro i CPT, altrettanti rappresentanti dell’attuale coalizione di Governo si sono impegnati affinché la barbarie dei centri di detenzione per migranti terminasse.
La stessa Commissione ministeriale incaricata di ispezionare i CPT si è espressa negativamente su questo sistema, rivelando elementi e dati che mostrano quanto fosse sbagliata l’idea di istituirli. Proprio per questo Chiudere i CPT: se non ora quando? è diventato lo slogan dell’appuntamento del 3 marzo.
Il movimento per la chiusura dei centri di permanenza temporanea torna a darsi un appuntamento nazionale perché esige che le future scelte del Governo sui CPT siano conseguenti a quanto è stato detto e documentato - ma anche fatto - in questi dieci anni contro l’illegittimità della detenzione amministrativa e contro gli abusi che essa ha prodotto su persone in carne ed ossa.
L’orientamento che l’attuale Governo si appresta a prendere rispetto ai CPT ha invece il passo del gambero, come se i nuovi ministri volessero azzerare quanto è stato prodotto con l’istituzione dei CPT e immaginare da capo un sistema per sanzionare, con meno clamore possibile, i migranti che non hanno un permesso di soggiorno. Il sistema che si delinea sempre più chiaramente potrebbe essere meno violento, meno autoritario, meno appariscente, ma continuerà ad incarcerare le persone per una violazione amministrativa, a privare della libertà chi non ha commesso reati, ad espellerle perché sono illegali.
Le centinaia di persone che andranno a Bologna sabato 3 marzo non vogliono sentir parlare di “superamento” dei CPT, sanno che se la detenzione amministrativa resta una possibilità per alcune “categorie residuali” lo sarà per tutti, perché sanno che la condizione di ogni migrante è dinamica, da irregolare a regolare, da regolare a irregolare, da sfruttato a integrato e viceversa.
Le centinaia di persone che da tutta Italia andranno a Bologna - la lista delle adesioni è interminabile - manifesteranno contro le ipocrisie di un sistema economico e politico che, nonostante l’alternarsi delle maggioranze dei Governi, continua da un lato a considerare i migranti come manodopera a buon mercato e dall’altro insiste sul pericolo che essi rappresentano per la sicurezza e l’identità culturale dello Stato, individuando nei CPT lo strumento indispensabile per proteggersi da questa minaccia.