Pene alternative anche ai clandestini
Anche gli extracomunitari in carcere senza permesso di soggiorno hanno diritto a benefici come la semilibertà o l'affidamento ai servizi sociali. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza 78 del 2007. Il tribunale di sorveglianza di Cagliari aveva concesso ad un clandestino condannato per reati di droga l'affidamento ai servizi sociali, ma la Corte di cassazione aveva annullato il provvedimento. La sentenza depositata oggi ha dato ragione ai giudici di Cagliari che avevano fatto appello alla funzione rieducativa della pena
ROMA - Anche gli extracomunitari clandestini in carcere hanno diritto ai benefici penitenziari come, ad esempio, l'affidamento in prova ai servizi sociali o la semilibertà. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che, con una sentenza interpretativa di accoglimento, ha dichiarato l'illegittimità di alcune norme dell'ordinamento penitenziario del 1975. I giudici della Consulta - con la sentenza n.78 scritta da Maria Rita Saulle - hanno così accolto una questione di legittimità sollevata dal tribunale di sorveglianza di Cagliari.
Il tribunale di sorveglianza di Cagliari aveva concesso ad un clandestino condannato per reati in materia di stupefacenti la misura dell'affidamento ai servizi sociali, ma la Corte di cassazione aveva annullato il provvedimento sul presupposto che il detenuto era illegalmente presente nel nostro Paese e dunque - anche alla luce delle norme sull'immigrazione previste dalla 'Turco-Napolitano' e dalla 'Bossi-Fini' - non aveva diritto ai benefici penitenziari.
La Corte Costituzionale, con la sentenza depositata oggi in cancelleria, ha invece dato ragione ai giudici di sorveglianza di Cagliari che avevano lamentato un contrasto con il principio della funzione rieducativa della pena (art.27 della Costituzione). Non solo: secondo i giudici della Consulta si tratta di un'esclusione automatica che ha "un carattere assoluto" e che, quindi, accomuna "irragionevolmente situazioni soggettive assai eterogenee: quali, ad esempio, quella dello straniero entrato clandestinamente nel territorio dello Stato in violazione del divieto di reingresso e detenuto proprio per tale causa, e quella dello straniero che abbia semplicemente omesso il rinnovo del permesso di soggiorno e che sia detenuto per un reato non riguardante la disciplina dell'immigrazione".
Dopo aver bocciato la "radicale discriminazione" che si verifica vietando in toto i benefici penitenziari ai detenuti extracomunitari senza permesso di soggiorno, la Corte precisa che è sempre possibile una modifica della legge che "tenga conto della particolare situazione dello straniero clandestino o irregolare". Nel senso che - spiega la Corte - per il legislatore è possibile diversificare "le condizioni di accesso, le modalità esecutive e le categorie di istituti trattamentali fruibili dal condannato o, addirittura, crearne di specifici, senza però spingersi fino al punto di sancire un divieto assoluto e generalizzato di accesso alle misure alternative".
Un simile divieto, infatti, "contrasta con gli stessi principi ispiratori dell'ordinamento penitenziario che, sulla scorta della funzione rieducativa della pena (articoli 2,3 e 27 della Costituzione), non opera alcuna discriminazione in merito al trattamento sulla base della liceità della presenza del soggetto nel territorio nazionale".