La parte generale è finita. Ma adesso serve un impegno del Parlamento per evitare che anche questo progetto resti nei cassetti del ministero della Giustizia.
Giuliano Pisapia, presidente della commissione per la riforma del Codice penale, intervenendo al II Congresso giuridico per l’aggiornamento forense organizzato dal Cnf, ha fatto il punto della situazione all’insegna di un inevitabile realismo, ma anche con la fiducia che il Governo faccia compiere alle politiche della giustizia l’atteso salto di qualità. "Sarebbe già un segnale importante - ha detto Pisapia - se il progetto potesse approdare alla discussione parlamentare e non facesse la fine degli elaborati stesi dalle n commissioni che ci hanno preceduto".
Pisapia ha chiarito che sono state tracciate delle direttive precise per la delega che saranno consegnate entro Pasqua al ministro Mastella. Ma ha anche preannunciato alcuni dei passaggi chiave. A essere affermato è innanzitutto il principio di offensività per cui è prevista la non punibilità in tutti quei casi in cui non c’è stata lesione ai beni giuridici oggetto della tutela della norma penale. "Oggi - ha precisato Pisapia - non è così.
Anzi, con la versione del decreto legge sulla violenza negli stadi approvata dal Senato sono state varate disposizioni discutibili, come la previsione del carcere per chi introduce anche semplici striscioni senza che contengano incitamenti alla violenza". Il principio della non sanzionabilità in caso di tenuità del fatto è poi un punto su cui si sta orientando anche la commissione per la riforma della procedura penale e che, anzi, potrebbe confluire nel disegno di legge con le misure urgenti per abbreviare la durata dei processi penali in via di presentazione al Consiglio dei ministri.
Nel nuovo Codice così, tenuità del fatto e occasionalità della condotta rappresenteranno i due elementi alla base della non perseguibilità. Il secondo punto chiave è costituito dall’apparato sanzio-natorio con il maggiore ricorso a sanzioni interdittive, pecuniarie e riparatone in grado di lasciare il carcere come eventualità da riservare ai casi più gravi.
"Una scelta - ha chiarito Pisapia - in qualche modo logica visti i dati sulla recidiva per cui il 70% delle persone che sono state in carcere torna poi a delinquere, mentre questo avviene per solo il 12% di chi ha avuto sanzioni alternative alla detenzione". Al giudice sarà poi lasciata una minore discrezionalità nella definizione della pena: si ridurrà la forbice tra massimo e minimo e verrà circoscritto l’effetto di attenuanti e aggravanti.
E ancora, nel nuovo Codice troverà posto una più attenta precisazione della responsabilità penale per esempio nei casi di concorso di persone: andrà valutato, meglio di quanto sia stato fatto sinora, l’apporto causale del singolo al delitto. Inoltre, la "preterintenzione" sarà cancellata come pure tutti gli altri casi che prefigurano una sorta di responsabilità oggettiva.
La prima giornata del Congresso, che prosegue oggi e domani con percorsi di formazione tematici (diritto penale, civile, amministrativo e tributario tra le materie privilegiate), è servita anche per precisare lo stato di recepimento delle novità del decreto Bersani.
Così, se un più volte ironico Piero Schlesinger ha concluso per la nullità del patto di quota lite quando l’alea-torietà del compenso è eccessiva ("o successo nella causa o niente), un a volte critico Pierluigi Tirale ha spiegato le novità introdotte nel Codice deontologico sui fronti cruciali dei minimi tariffari, della pubblicità e del patto di quota lite.
Tirale ha anche illustrato il regolamento adottato dal Consiglio nazionale forense sulla formazione obbligatoria (in caso contrario scatterà un illecito disciplinare): ogni professionista sarà tenuto a conseguire nell’ambito di un triennio almeno 90 crediti formativi, almeno 20 dei quali in ogni singolo anno solare. Piena libertà di scelta su eventi e attività da seguire, ma almeno 5 crediti annuali dovranno derivare da iniziative relative a ordinamento professionale e deontologia.