Milano chiude i phone center Scatta la legge regionale razzista e Palazzo Marino scatena i vigili contro i phone center gestiti da stranieri. A pochi giorni dalla marcia per la sicurezza di lady Moratti è l'occasione giusta per dimostrare che Milano sa fare da sé Giorgio Salvetti Milano Sicurezza? Tanto per cambiare prendiamo di mira gli stranieri. Ieri, in Lombardia, è scattata la legge stupidamente razzista studiata per chiudere i phone center. I vigili, a Milano e nei dintorni, stanno effettuando controlli a tappeto. Sono già arrivate le prime chiusure. A quattro giorni dalla manifestazione del sindaco Moratti per la legalità e contro il governo di Roma, è quello che ci vuole per scaldare la piazza e dimostrare che il comune di Milano, mentre Roma dorme, non sta con le mani in mano.
Qui si lavora. L'impresa è sacra, la bottega è tutto, ma solo se ha la faccia bianca. E allora, aspettando centinaia di poliziotti già ottenuti dal governo di centrosinistra, Milano non perde tempo e mobilita il suo piccolo esercito di ghisa tanto invocato in questi giorni, anche a sinistra. Tutte le dieci pattuglie della polizia locale, sezione annonaria (circa 20 vigili solitamente impiegati nei controlli degli esercizi commerciali, soprattutto se cinesi o ambulanti) sono stati sguinzagliati a caccia di phone center fuori norma. «Chi non è in regola sarà sanzionato, non sono previsti tempi d'adeguamento», ha parlato chiaro Riccardo Perini, comandate dell'annonaria. La Lega rivendica la paternità della legge regionale e soffia sul fuoco. «La Moratti mandi un segnale forte in vista della manifestazione sulla sicurezza - chiede il capogruppo padano in consiglio comunale, Matteo Salvini - li controlli tutti». Ma non ce n'è bisogno. «I controlli diventeranno sempre più serrati - aizza Tiziana Maiolo, assessore alle attività produttive - perché la legge è di un anno fa e hanno avuto dodici mesi per mettersi in regola, in Italia, tutti sono uguali davanti alla legge».
La legge, «uguale per tutti», stabilisce che i gestori dei phone center, in nome della sicurezza anti-terrorismo, hanno l'obbligo di chiedere i documenti a tutti i clienti e di registrarne i dati, devono allargare le cabine telefoniche a non meno di un metro quadrato, disporre di un sala d'aspetto come i medici e di due bagni interni. Cosa che non è richiesta neppure ai bar. Adeguarsi a queste norme per moltissimi significa chiudere. Ma anche i pochi che vorrebbero mettersi in regola spesso non possono farlo perché l'85% dei comuni lombardi, Milano compresa, non hanno predisposto i regolamenti per la locazione dei phone center. Il messaggio è semplice, «regolarizzare» queste imprese non interessa a nessuno, ciò che conta è poterle prendere di mira quando fa comodo.
Nella regione con più stranieri d'Italia (un lombardo su quattro non è italiano) le imprese «etniche» (così le definisce la Camera di commercio) sono le uniche che continuano ad aprire e a smuovere una economia troppo spesso conservatrice e stanca. Ieri l'Ismu ha presentato il rapporto annuale sull'immigrazione lombarda, una delle novità più signficative è costituita dall'aumento degli stranieri che si sono messi in proprio (64 mila), il 15,3% ha aperto un phone center, perchè questo è il primo gradino verso un'integrazione non per forza legata al lavoro dipendente. Colpire i phone center significa quindi colpire i lavoratori stranieri che ce la stanno facendo. E la legge è solo l'ultimo odioso atto di un'abitudine razzista consolidata: i controlli a tappeto non sono certo una novità. «Già da anni arrivano i poliziotti - racconta un gestore cingalese - quattro volanti, entrano, bloccano tutti, restano per ore con tutto il quartiere che ti guarda e ti giudica pensando che sei un criminale, magari un terrorista». Ora i vigili possonno anche intimare la chiusura dell'attività. E' quello che sarebbe successo ieri in viale Zara e piazzale Lotto e nel comune di Pioltello. L'unica speranza è fare ricorso al Tar, a Brescia ha già funzionato, e ora le nuove norme dovranno essere giudicate dalla Corte costituzionale. Alcuni comuni lombardi anche ieri hanno deciso saggiamente di sospendere tutto.
Intanto cresce l'appoggio al comitato che si batte contro questa assurdità. Domani, alle 14,30, scenderanno di nuovo in corteo, dal Pirellone a palazzo Marino. Ci saranno anche molti sindaci lombardi. Mancano solo i Ds (ma qualcuno, come sempre, viene a titolo personale) ma ha aderito anche la Cgil. Di questi tempi, a Milano, vuole dire aver sfondato al centro.