Riceviamo e pubblichiamo l’articolo a cura della Dott.ssa Flavia Di Pilla di Siena
Alla C.A. Redazione Progetto Melting Pot
In seguito ai cambiamenti introdotti dalla nuova procedura per la richiesta dei permessi di soggiorno in Italia (circolare del Ministero dell’Interno del 7 dicembre 2006) ad oggi, ci stiamo confrontando con una serie di difficoltà inerenti la procedura di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza diretta.
Tale cambiamento ha lasciato senza una soluzione iniziale la questione di coloro che venivano a risiedere in Italia per farsi riconoscere la cittadinanza iuris sanguinis (per discendenza diretta). In tal senso si è provato a fare richiesta del permesso turistico, ma ad oggi, nessuno è mai stato convocato per via dei lunghi tempi di attesa richiesti dalla nuova procedura. Inoltre, con decreto legge del 15 febbraio 2007, n. 10, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU n. 38 del 15-2-2007), il Ministero ha abolito completamente il permesso di soggiorno per motivi di turismo, sostituendolo ad una semplice dichiarazione alla frontiera.
Si rende necessario fare una precisazione: a differenza della cittadinanza per riacquisto o per naturalizzazione, la cittadinanza juris sanguinis segue delle regole particolari. Questo perché di fatto, i cittadini in possesso della documentazione che attesti la discendenza italiana e la mancata interruzione del passaggio della stessa sono sempre stati cittadini italiani. Tali cittadini hanno però da adempiere a delle formalità presso il Comune di residenza per vedersi riconosciuto il diritto di cittadinanza. Inoltre a differenza degli altri modi di acquisto della cittadinanza, quella per discendenza è un diritto che non può essere negato a meno che ci sia stata una interruzione per rinuncia o per naturalizzazione dell’ascendente. Per l’appunto, al fine di facilitare il riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti è stata emanata una circolare che regolamenta tale riconoscimento (circolare del Ministero dell’Interno K28 del 2002), imponendo ai Comuni l’iscrizione all’anagrafe degli interessati semprechè siano in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tali persone entrano in Italia come cittadini stranieri, la maggior parte con documentazione di cittadinanza portata personalmente. E’ il fenomeno dei nuovi arrivi, dovuti non solo alla situazione argentina e brasiliana, ma anche ai tempi lunghi dei Consolati, con lunghe attese (si parla di una fila di 50000 persone interessate solo nel Consolato italiano di Sao Paulo).
E qui ci sono due ordini di problemi: il primo, avere un permesso di soggiorno valido per l’iscrizione anagrafica perché solo se si è residenti in Italia i Comuni sono competenti per ricevere tale documentazione di cittadinanza (la normativa stabilisce che l’istanza di riconoscimento deve essere presentata presso il Consolato italiano del luogo di residenza, ovvero, nel caso di residenza in Italia, presso il competente comune italiano). Il secondo, avere la documentazione in regola. Il problema si pone piuttosto quando occorre presentare la documentazione di stato civile straniera (nascita e matrimonio dell’ascendente fino al richiedente), che deve essere legalizzata dalle autorità locali e munita di legalizzazione da parte dei Consolati italiani all’estero; occorre inoltre dimostrare la non naturalizzazione straniera dell’ascendente italiano partito dall’Italia e la non rinuncia alla cittadinanza, tratta dai registri consolari e attestata dal Consolato italiano.
Infine, non bisogna confondere il riconoscimento della cittadinanza iuris sanguinis con il riacquisto della cittadinanza (valido solo per l’ex italiano, che avendo perduto la cittadinanza italiana intende riacquistarla dopo un anno di residenza legale in Italia). Tale persona deve seguire lo stesso percorso di richiesta di permesso di soggiorno e di iscrizione anagrafica. Dopo un anno di residenza in Italia riacquisterà automaticamente la cittadinanza italiana.
Per la precisione, ed a dimostrazione del vuoto normativo nel quale ci troviamo, nei moduli delle poste, sotto la dicitura “RILASCIO DI PDS PER RIACQUISTO CITTADINANZA ITALIANA” vengono citate due leggi (91/92 e art. 11 DPR 394/99 e successive modifiche) che riguardano tutti i casi di acquisto della cittadinanza, e che richiedono come documentazione essenziale per il rilascio del PDS "la copia della documentazione attestante l’avvio del procedimento di riconoscimento o di acquisto di cittadinanza" e riguardano gli stranieri già in possesso di un PDS per altri motivi.
Infatti, la legge che regolamenta il riconoscimento della cittadinanza italiana juris sanguinis risale al 1912 (artt. 1 e 7 della Legge 13 giugno 1912, n. 555. Il testo fondamentale è la legge 5 febbraio 1992, n.91 . Il quadro normativo sulla cittadinanza è completato dai due regolamenti di esecuzione della legge, che stabiliscono le norme attuative dei suoi principi generali: i Decreti del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n.572 e 18 aprile 1994, n. 362), ed ha come requisito essenziale per la domanda l’essere iscritti all’anagrafe del Comune di residenza (vedi circolare K28 in allegato + nota). Come noto, l’anagrafe può iscrivere soltanto gli stranieri in possesso di un regolare permesso di soggiorno (circolare MIDCSD n.28 del 2002 e circolare K28 del 1991).
E qui subentra il paradosso: se è vero come è vero che il permesso contemplato dalla circolare richiede come documento da allegarsi il certificato di avvio della domanda di cittadinanza, gli interessati nella cittadinanza juris sanguinis non possono fare tale richiesta di PDS poiché devono essere iscritti all’anagrafe con regolare PDS prima di inoltrare domanda al Comune. Pertanto, ad oggi siamo di fronte ad un “vuoto normativo”. Tale vuoto normativo potrebbe essere colmato dai Comuni i quali (in assenza di un permesso di soggiorno per turismo), potrebbero iscrivere all’anagrafe detti cittadini (con riserva, nella popolazione temporanea), avviando il procedimento di riconoscimento della cittadinanza e nel contempo, dando l’opportunità agli interessati di fare domanda di PDS in attesa di cittadinanza. Ma non essendo supportati nè da una legge nè da una circolare Ministeriale in tal senso, non possono iscrivere questi cittadini all’anagrafe, impedendo di fatto l’acquisto del diritto in oggetto.
Nell’interesse di coloro che ad oggi sono vittime di questo paradosso, mi chiedevo se il Vostro progetto possa avere interesse di pubblicare queste osservazioni al fine di sensibilizzare le istituzioni a tal proposito.
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