«Il governo è al lavoro per modificare il reato di tortura adeguandolo ai requisiti previsti dalla convenzione di New York». Sono queste le parole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante il question time alla Camera. Il ministro, nell’annunciare l’ennesimo disegno di legge governativo sui temi della sicurezza, ha affermato che sarebbe un problema solo tecnico e che intende adeguare la normativa italiana a quella Onu, allo scopo di meglio specificare le condotte incriminate e limitare le responsabilità di chi commette atti violenti ai soli casi nei quali vi sarebbe una intenzionalità specifica.
NO, MINISTRO NORDIO, la questione non ha nulla di tecnico. Non è qualcosa che ha a che fare con le disquisizioni salottiere di legulei raffinati. La questione è solo ed esclusivamente politica, al limite culturale o umanitaria. Mettere mano oggi al delitto di tortura, la cui approvazione risale non alla notte dei tempi ma al 2017, significa dare un messaggio di impunità a tutti coloro che si nutrono di violenza. Significa dare ragione a chi pensa che le forze dell’ordine necessitino delle mani libere. Significa rispondere alle richieste dei sindacati autonomi di Polizia che hanno sempre criticato la legge in vigore contro la tortura. Significa non tenere conto che la parola tortura ha finalmente fatto ingresso nelle Corti, dalla porta principale. Significa purtroppo non rispettare le vittime di tortura che attendono giustizia da anni. Significa mettere a rischio processi come quello per i pestaggi e le mattanze di Santa Maria Capua Vetere o di Reggio Emilia, dove le immagini hanno mostrato il volto brutale della violenza.
“Oltre il limite”. E' questo il titolo del Report 2023 di Antigone Marche che è stato presentato oggi a Jesi durante un Convegno sulla condizione delle carceri marchigiane. Il documento descrive la situazione preoccupante per i sei istituti della regione, partendo dai dati, dalle storie e dallo sguardo dei volontari che hanno portato avanti le varie attività nel corso dell'anno passato con l'Osservatorio sulle condizioni di detenzione, i tre Sportelli tutela diritti e le tante iniziative di sensibilizzazione e informazione sul territorio.
Inoltre, il centro del report è dedicato a un focus specifico sulle carenze sul piano sanitario, con un'analisi della situazione delle persone detenute affette da dipendenze patologiche e delle tipologie di trattamento elargito e ospita anche un approfondimento sull'emergenza sanitaria dei migranti nei Cpr.
Un comunicato che abbiamo inviato insieme a Magistratura Democratica e Unione Camere Penali Italiane
Ormai non è in gioco solo la dignità dei detenuti, si tratta di preservare la loro stessa vita.
Dal 1° gennaio di quest'anno sono già 19 i suicidi in carcere e 24 le persone le persone decedute in stato di detenzione. Questi suicidi, maggiori di oltre 10 volte rispetto al tasso medio di suicidi nella società dei “liberi”, nascono spesso da uno stato di disperazione indotto dalle miserevoli condizioni di vita cui sono soggetti i detenuti. E spesso si tratta di soggetti giovani, che devono scontare condanne non lunghe o addirittura prossimi alla scarcerazione.
60.637 sono le persone oggi ristrette in carcere a fronte di 51.347 posti ufficiali, dei quali però alcune migliaia sono indisponibili. Il tasso di affollamento medio (calcolato sui posti ufficiali e non su quelli realmente disponibili) è del 118,1% ma come sempre negli ultimi tempi le regioni più in difficoltà sono la Puglia (143,1%) e la Lombardia (147,3%). Gli istituti più affollati sono Brescia "Canton Monbello" (218,1%), Grosseto (200%), LodiI (200%), Foggia (189%), Taranto (182,2%) e Brindisi (181,51%).
Si viene ammassati in luoghi angusti e fatiscenti e siamo giunti oramai oltre i confini della civiltà e del rispetto dei diritti minimi e della stessa dignità della persona.
Molte di queste persone sono detenuti in attesa di giudizio che scontano carenze del sistema carcerario prima dell’accertamento definitivo della loro responsabilità.
"Il modello della giustizia minorile in Italia, fin dal 1988, data in cui entrò in vigore un procedimento penale specifico per i minorenni, è sempre stato un vanto per il paese. Mettendo al centro il recupero dei ragazzi, in un'età cruciale per il loro sviluppo, nella quale educare è preferibile al punire, ha garantito tassi di detenzione sempre molto bassi, una preferenza per misure alternative alla detenzione in carcere, come ad esempio l'affidamento alle comunità e ottenuto un'adesione al percorso risocializzante ampio da parte dei giovani. Dal decreto Caivano in poi, invece, il rischio che questi 35 anni di lavoro vengano cancellati e i ragazzi persi per strada è una prospettiva drammatica e attuale". Così Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, intervenendo alla presentazione di "Prospettive minori", VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile.
All’inizio del 2024 sono circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane. Sono oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra. Gli ingressi in IPM sono in netto aumento. Se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni. La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Frutto questo del decreto Caivano che ha esteso l'applicazione della custodia cautelare in carcere, stravolgendo l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988. Altra novità, in linea con quanto previsto dal Decreto, laddove prevede di disporre la custodia cautelare anche per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti è la notevole crescita degli ingressi in IPM per reati legati alle droghe, con un aumento del 37,4% in un solo anno.
Aumenti dei numeri, quindi, che non trovano riscontro nell'aumento dei reati, con il dato più recente che, tra alti e bassi, è in linea con quello registrato 10 anni fa.
Il prossimo 20 febbraio, alle ore 10.00, presso il Roma Scout Center (Largo dello Scautismo, 1), Antigone presenta "Prospettive minori", 7° Rapporto sulla giustizia minorile in Italia.
La giustizia penale minorile negli ultimi mesi è stata messa in discussione da provvedimenti come il cosiddetto dl Caivano. E' un sistema che negli ultimi trentacinque anni ha dimostrato di funzionare, mettendo al centro i ragazzi e le ragazze, cercando di ricostruire per loro un futuro che sia lontano dal reato commesso. Oggi, purtroppo, nel futuro di questi ragazzi si delineano delle prospettive minori. E sono prospettive minori quelle a disposizione degli stessi operatori della giustizia e delle carceri minorili, che fanno un lavoro straordinario a cui però le nuove norme hanno sottratto strumenti e possibilità.
Di questo si occupa il rapporto periodico dell'associazione, riportando dati, numeri, storie, interviste, approfondimenti, che raccontano la necessità di difendere l'attuale sistema italiano e continuare a garantirne l'apertura, come accaduto negli ultimi 30 anni.
Il rapporto sarà illustrato da Susanna Marietti, Coordinatrice nazionale Antigone e responsabile osservatorio minori; Patrizio Gonnella, Presidente Antigone; Alessio Scandurra, Coordinatore osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione. Interverranno: Antonio Sangermano, Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità; Samuele Ciambriello, Portavoce della Conferenza dei garanti territoriali; Claudio Cottatellucci, Direttore della rivista MinoriGiustizia; Don Domenico Cambareri, Cappellano dell'Istituto Penale per Minorenni di Bologna.
Per accedere non è necessario l'accredito ma, per questioni organizzative, è richiesta conferma della presenza.